La Croazia in Ue apre la guerra del vino: Prosecco contro Prosek
di Paolo Fiore - @paolofiore
Sarà una partita giocata su una scacchiera bianca e rossa. Con l'ingresso della Croazia nell'Unione europea, si farà più forte la lotta tra Prosecco e Prosek. Sono due vini, ma le somiglianze si fermano al nome. Il primo è famoso nel mondo, italiano, soprattutto Veneto. Il secondo è prodotto in Dalmazia, non ha la stessa fama nè lo stesso successo commerciale ed è un vino liquoroso, un passito da servire a fine pasto.
Sapori e odori non potrebbero essere più diversi, ma il nome è talmente simile da trarre in inganno. Ed è questo il timore dei produttori di Prosecco. Ingolositi dal successo commerciale del made in Italy, i produttori croati potrebbero approfittare dell'assonanza. Se così fosse verrebbe meno la protezione che le etichette Doc e Docg, con le quali l'Europa dovrebbe proteggere i prodotti di origine controllata (quale è il Prosecco ma non il Proshek).

"La questione è stata già discussa in sede comunitaria al momento della richiesta da parte della Croazia di entrare nella Comunità Europea - afferma ad Affaritaliani.it Giancarlo Vettorello, direttore del Consorzio per la tutela del Prosecco-. A quel tempo la Croazia aveva accettato la rinuncia al nome Prosek in quanto simile a tre denominazioni riconosciute a livello europeo: quella storica, Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore docg, prodotta nel piccolo territorio collinare in provincia di Treviso, l’Asolo Prosecco Superiore docg e il Prosecco doc. Oggi i produttori croati rivendicano il nome ma la questione è stata già affrontata e chiusa, la denominazione Prosecco con le sue articolazioni storiche é riservata all'Italia".
In sostanza, la Croazia non potrà usare il nome "Prosecco" ma, per ora, non intende rinunciare al Proshek. Per i consumatori meno esperti, resta il problema di quel nome troppo simile. Il timore che il Prosek possa erodere fette di mercato, per ora, è limitato: "Per quanto riguarda l'aspetto produttivo - dice Vettorello - il Prosek è un vino passito, che da quanto sappiamo ha una produzione di 10 mila bottiglie contro i 300 milioni delle tre denominazioni italiane". Una produzione che assicura un fatturato vicino al miliardo e che, nel primo trimestre 2013 ha trainato il settore grazie a un balzo del 29% delle esportazioni.
Secondo Vettorello, "non si tratta in questa fase di analizzare il problema economico, quanto invece di guardare alle norme europee che sono state poste in tanti anni a difesa delle denominazioni. La legislazione é stata pensata per assicurare una protezione efficace di questo importante patrimonio comune e questo implica un suo rigoroso rispetto. In base a questo principio le denominazioni sono uniche e non devono entrare in conflitto tra loro. Credo che il caso Tocai sia stato esemplare in questo senso".
La lotta per il nome ha infatti un precedente. A farne le spese è stato il Tocai, dal 2007 ribattezzato "Friulano". L'Unione europea vietò l'uso del nome perché troppo simile al Doc ungherese Tokay. Adesso il problema torna d'attualità. I produttori croati si difendono affermando che anche il Prosek è un prodotto della tradizione. Il Consorzio per la tutuela del Prosecco ribatte: "Si tratta di rispettare la normativa vigente in Europa e di dare attuazione agli impegni che a suo tempo la Croazia in fase di adesione si é assunta". E il governo come si sta muovendo? "Sappiamo che il ministero é impegnato perché questi impegni vengano rispettati e non si deroghi alla normativa".