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Il disastro Coronavirus poteva essere evitato. Governi, élite e Oms sapevano

La pandemia? Era già tutto previsto e il Coronavirus si poteva contrastare in modo diverso.

Michael Osterholm, epidemiologo americano, direttore del Centro per la ricerca sulle malattie infettive all'Università del Minnesota, oltre che consulente dell’Oms, della Food and Drug Administration e del Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti aveva spiegato ampiamente come prepararsi con un piano. Non uno sconosciuto. E non lo ha fatto un anno prima dell’arrivo del Coronavirus, ma ben 15 anni prima, nel 2005. 7 anni prima anche del famoso libro Spillover del divulgatore scientifico David Quammen, pubblicato nel 2012.

Ci sarebbe stato tutto il tempo per prepararsi, perché i piani di reazione dipendono essenzialmente dai governi che come abbiamo visto non hanno predisposto quasi alcunché.  

 

"Le malattie infettive sono i killer numero uno dell'umanità”, spiegava Osterholm nell’articolo "Prepararsi alla prossima pandemia" pubblicato sull'autorevole rivista statunitense Foreign Affairs nel luglio-agosto 2005 e tradotto in varie lingue e pubblicato anche sul sito dell’Iss.

Le pandemie sono solo questione di tempo. E la prevenzione è tutto. Come fa chi convive con terremoti sistematici, con piani, kit d'emergenza, sistemi di gestione complessi validi per tutta la popolazione, meccanismi di allerta tecnologici e simulazioni della catastrofe.

Negli ultimi 300 anni sono accadute 10 pandemie influenzali umane, le più recenti nel 1957-1958 e nel 1968-1969 con decine di migliaia di americani morti. Ben poca cosa se paragonate ai circa 100 milioni di deceduti in tutto il mondo (secondo le stime più ampie) con la cosiddetta Spagnola.

 

Per anticipare le pandemie ed evitare i disastri umani, sociali ed economici che abbiamo visto, lo scienziato descrive in modo dettagliato il lavoro profondo che debbono fare le istituzioni, visto che uno degli strumenti per combattere l'epidemia è il distanziamento sociale così come il blocco delle attività. Tutti gli studi spiegavano già al tempo come l'impatto causato dalla pandemia sarebbe stato devastante per milioni di persone, incrinando i rapporti sociali nel pianeta, l'economia e procurando danni ancora peggiori sul lungo periodo. "L'arrivo di una pandemia influenzale cambierebbe il mondo nel giro della notte", scriveva Osterholm. Aggiungendo che era molto probabile che farmaci antivirali e i possibili vaccini non sarebbero stati in grado di creare una barriera al diffondersi del virus con effetti devastanti sugli uomini a livello regionale, nazionale e globale, tali da far subire un tracollo a tutto il mondo.

 

E lo scienziato americano mette in campo anche degli scenari possibili, dando spazio alla concretezza del cosa fare, vista la certezza di queste calamità. Per questo bisogna essere sempre "pronti al peggio", scrive Osterholm, mostrando vari scenari “se l'epidemia scoppiasse questa notte”, “da oggi a un anno”, “fra 10 anni”.

Un'epidemia potente come la Spagnola a inizio del secolo scorso oggi potrebbe procurare milioni di morti con una facilità estrema, vista l'enorme presenza di popolazione umana sulla terra, e data anche l'estrema facilità con la quale i virus circolano nella globalizzazione. Ma tutto dipende "dal patrimonio genetico virale" e "dalla presenza o meno di alcuni fattori di virulenza". Per questo motivo la pandemia del 1918 ha ucciso più persone di quelle del 1957 e del 1968 messe assieme. Oggi la trasmissione dei virus dagli animali selvatici sono un fattore di rischio reale che può far emergere un attacco virale violento e imprevisto. 

 

"Lo scenario più simile a quello descritto finora", spiega lo scienziato, "è rappresentato dall'epidemia di Sars del 2003. Per cinque mesi 8000 persone sono state infettate da un nuovo Coronavirus umano. Circa il 10% di queste sono morte. Sembra che il virus abbia contagiato l'uomo nel momento di passaggio da animali infetti venduti e macellati in condizioni di igiene insufficienti in Cina, nella provincia di Guangdong".Un virus che ha dato il polso di come la malattia si sarebbe potuta diffondere in 5 Paesi distinti in 24 ore, e in 30 Paesi nei 6 continenti in qualche mese. La Sars ha avuto un effetto devastante sulle popolazioni colpite ed ha diffuso il panico con ripercussioni sull'economia, sul turismo e sui trasporti. Poteva essere un test per spiegare quali danni avrebbe provocato il Coronavirus. "Le industrie di beni non indispensabili come quelle di indumenti, elettronica, automobili potrebbero subire un tracollo per l'assenza di domande e chiuderebbero. Le attività che implicano uno stretto rapporto umano come le scuole, i teatri e i ristoranti sarebbero chiusi”. E una risposta in termini di vaccini influenzali sarebbe prevedibile solo per la parte più sviluppata del mondo costringendo le aree più povere alla morte. Ma le parole de Osterholm non sono servite.

 

"Il disastro può essere evitato?", si chiedeva. "La risposta è si", spiega Osterholm. L'impatto della pandemia può essere considerevolmente diminuito con campagne di informazione nel settore medico e non, nell’industria, nella scuola, nei media. I governi dovrebbero avere un loro piano d'emergenza e ogni Paese un sistema per contrastare la vulnerabilità dell'economia mondiale con scorte di prodotti di consumo e di medicinali. Un'informazione in grado di  predisporre piani di simulazione dovrebbe essere diffusa in tutti i ranghi della popolazione, dai bambini agli anziani, in modo da far capire a tutti che cosa fare in caso si scateni una pandemia. "Dobbiamo agire", scrive lo scienziato, "con decisione e cognizione di causa".

 

"Un giorno, dopo che la prossima pandemia sarà avvenuta e passata, una commissione come quella dell'11 settembre sarà interpellata per valutare quanto i governi, le imprese, i dirigenti della salute pubblica abbiano preparato il mondo per la catastrofe, una volta avuto chiaro il pericolo. Quale sarà il verdetto?"

 

Forse il verdetto è da ricercare nelle scadenti capacità dei governi, delle élite e dell’Oms. Nonostante avessero gli strumenti non hanno riconosciuto in tempo il pericolo e non hanno predisposto alcun piano pandemico. Ma il problema è più profondo dell’additare un possibile colpevole. Viviamo in società intrise di informazioni e tecnologie, con il miraggio di allungare la nostra vita, ma quando dobbiamo utilizzarle per salvarci, anche se le abbiamo sotto gli occhi non le vediamo.

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