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Roma, 27 nov. (Labitalia) - "La gestione emergenziale ha condizionato, negativamente, la gestione ordinaria della sanità, facendo leva su uno stato d’emergenza che la Costituzione italiana, per la verità, non prevede e non disciplina. L’uso eccessivo della decretazione amministrativa da parte della presidenza del Consiglio dei ministri, si è sostituita alla legiferazione delle Camere, in ragione della lentezza dei meccanismi parlamentari". Lo dice all'Adnkronos/Labitalia l'avvocato Gaetano Scuotto, docente e componente del Consiglio direttivo della Scuola di specializzazione delle professioni legali dell’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli, ed autore di numerose pubblicazioni in materia assicurativa."L’effetto, certamente protettivo - chiarisce - per i cittadini, deve essere scrutinato non sotto il profilo della restrizione della libertà, per quella c’è lo scudo dello stato di necessità, ma come presa d’atto che presto o tardi si trasformerà in trappola ferale, se le prestazioni sanitarie di carattere non emergenziale, o più semplicemente ordinarie, continueranno ad essere messe in secondo piano, o comunque garantite sempre meno". "Il Servizio sanitario nazionale - sottolinea - non può permettersi di proiettare, seppur umanamente comprensibile, tutte le energie solo sulla gestione emergenziale. La soluzione adottata è stata quella di spedire nei reparti gli specializzandi. Complessivamente, però, la scelta si presta a contraddizioni in termini"."L'equivoco - spiega Gaetano Scuotto - è nella forma contrattuale (sotto il profilo lavoristico) che si vuol forzatamente affidare ad un soggetto che entra in una struttura pur non avendo superato alcun concorso ad evidenza pubblica. Approfondendo la sottostante 'questione assicurativa' (ovvero chi e di cosa risponde in caso di inadempimento qualificato dello specializzando), non possiamo che applicare le regole generali che governano i rapporti tra strutturato ed azienda: principio di immedesimazione organica; articolo 65 contratto nazionale della Sanità (che però si riferisce ai dirigenti)"."La legge 24/17 (cosiddetta Gelli-Bianco) - ricorda - all'articolo 7 prevede che la struttura sanitaria o sociosanitaria pubblica o privata risponde sempre ai sensi degli articoli 1218 e 1228 del codice civile, anche segnatamente alle prestazioni sanitarie svolte in regime di libera professione intramuraria, per l’attività di sperimentazione e di ricerca clinica, per quelle in regime di convenzione con il Servizio sanitario nazionale nonché attraverso la telemedicina. La netta distinzione si percepisce al comma 3 laddove la norma ha previsto che 'l’esercente la professione sanitaria di cui ai commi 1 e 2 risponde del proprio operato ai sensi dell’articolo 2043 del codice civile, salvo che abbia agito nell’adempimento di obbligazione contrattuale assunta con il paziente'. Talune polizze di strutture, prevedono anche la estensione della copertura a soggetti che non sono parte organica e stabile dell'azienda".Lo specializzando "che sottoscrive il contratto non essendo più in formazione presso l’università, non può che assumere un ruolo di interno (così in senso ampio e generico) rispetto alla struttura, trovando così tutela assicurativa (in primo rischio) al pari dei dipendenti. A questo punto però, i premi assicurativi delle strutture, pubbliche e/o private, dovrebbero aumentare ed essere corrisposti, sotto forma di detassazione, proprio per il proclamato stato di emergenza". Gaetano Scuotto, avverte che "la detassazione, in proporzione e con le dovute differenze, potrebbe costituire la vera grande novità da inserire anche nella prossima manovra economica"."Cosa diversa - commenta - è la 'polizza per colpa grave' interamente a carico dello specializzando e la cui sottoscrizione impegnerebbe le compagnie a tenere indenne l’assicurato di quanto quest’ultimo sarà tenuto a pagare non al terzo danneggiato bensì: all’azienda sanitaria da cui dipende a seguito di azione di rivalsa e/o per danno erariale ed a seguito di sentenza della Corte dei Conti e/o altra autorità competente; alla compagnia assicurativa dell'azienda sanitaria in caso di azione di surrogazione esperita nei casi ed entro i limiti previsti dalla legge e/o dal contratto nazionale". "E' chiaro - afferma - che se una nuova forma professionale e lavorativa, lo specializzando non specializzato, sta nascendo, bisogna adeguare, per costoro, anche le garanzie assicurative".





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