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Roma, 29 ott. (Labitalia) - "Diciamo che i contributi sono pochissima cosa rispetto ai costi fissi che una azienda come la mia ha giornalmente. Inoltre, è bene evidenziare che noi ristoratori abbiamo oggi da saldare i costi del mese scorso e di quando siamo stati totalmente chiusi durante il lockdown primaverile. A noi interessa lavorare, noi vogliamo fare lavorare i nostri dipendenti e dare da mangiare ai nostri clienti. E poi pagare dipendenti e fornitori. Questo mi interessa e questo però non posso fare". Così lo chef Filippo La Mantia, intervenendo alla trasmissione 'Diciottominuti-uno sguardo sull'attualità', in onda sul sito e sulle pagine social dei consulenti del lavoro, commenta le misure approntate dal governo con il dl ristori per i settori interessati dalle restrizioni. Secondo La Mantia, "se fino alla settimana scorsa i nostri clienti sono riusciti a superare la 'paura', la barriera di uscire e andare a cena fuori, ora con il pranzo è ancora più difficile. Nel mio ristorante abbiamo una media di sole 20 persone a pranzo. Stiamo ampliando il delivery e l’asporto dove abbiamo certamente più richieste. Una iniziativa che avevamo intrapreso a marzo scorso con il lockdown", ha spiegato. Per lo chef, "la gente ora preferisce rimanere a casa usufruendo dei servizi di consegna a domicilio. Ma cosi sarà praticamente impossibile coprire i costi. Ieri alle 18 ho finito di lavorare e fuori al mio locale c’erano ragazzi in strada, senza mascherina, che giocavano. Non ci sono controlli. Quindi gli sforzi che noi ristoratori stiamo facendo ogni giorno, soprattutto in termini economici, sono vanificati da quello che c’è in giro", ha aggiunto.E per La Mantia "se continuerà così, sarò costretto ad un gesto eclatante: porterò le chiavi del mio ristorante al premier Conte. Saprà certamente cosa farne". "Premesso che la salute -ha spiegato La Mantia- è la prima cosa di cui tutti noi tutti dobbiamo disporre. Bene dunque utilizzare tutte le precauzioni: mascherine, sanificazione, accortezza nello svolgere il proprio lavoro. Ma oggi il lavoro del cuoco e del ristoratore, tra i più antichi mestieri che abbiamo, è stato depennato in maniera totale. Personalmente rimango incredulo di un procedimento di questo tipo. Quando si ferma un ristorante, si ferma anche tutta la catena degli approvvigionamenti", ha sottolineato.E La Mantia ha rivendicato la bontà delle misure di sicurezza anti-contagio adottate dai ristoranti. "I ristoranti -ha sottolineato- sono luoghi sicuri, dove il contagio non avviene, anche perché abbiamo attuato tutti i protocolli di sicurezza con un grande dispendio di risorse economiche. Sarebbe stato preferibile chiudere tutto 24 h su 24 h e non includere i ristoratori nel comparto della movida e disporre la chiusura alle 18. Il mio ristorante fino a sabato scorso era frequentato da clienti ma nel rispetto delle disposizioni del governo e con i distanziamenti previsti. Abbiamo fatto degli sforzi e ora siamo costretti a chiudere alle 18", ha rimarcato ancora lo chef.Chiusura anticipata ma non meno spese per i ristoratori. "Le spese rimangono. Pensi solamente alle spese di sanificazione del locale che noi facciamo due volte al giorno e che ci costano settanta mila euro l'anno. Avrei preferito -ha ribadito- la chiusura totale 24h su 24h e non includere il comparto della ristorazione in quella della movida disponendo la chiusura alle 18. Perché i ristoratori non fanno parte del comparto 'movida'. L’alternativa, dunque, era non aprire proprio. Almeno dentro di me avrei avuto meno rimorsi. Perché oggi, nonostante tutto, mi sento in dovere di rimanere aperto", ha concluso.





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