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Roma, 28 nov. (Adnkronos/Labitalia) - I fondi Pnrr destinati alla digitalizzazione dei Beni Culturali trovano un ecosistema cambiato e in parte rinnovato dalla pandemia, con alcune sfide sull’innovazione vinte e altre ancora da affrontare. Se parliamo di musei, in particolare, l’Osservatorio Innovazione Digitale nei Beni e Attività Culturali della School of Management del Politecnico di Milano ci restituisce una fotografia dettagliata sui lavori in corso in queste importanti istituzioni culturali che nell’ultimo anno, si sono orientate sempre più verso il digital: “I canali digitali -ha detto Michela Arnaboldi, responsabile scientifico dell’Osservatorio- sono passati da essere prevalentemente un mezzo di promozione e informazione a vero e proprio strumento di diffusione della conoscenza. Oggi, il 95% dei musei ha un sito web (una crescita importante, superiore al 10%, rispetto al 2020) e l’83% un account ufficiale sui social (una crescita, rispetto al 76% del 2020, guidata dal forte aumento della presenza su Instagram). Grazie al digitale si è aperta l’opportunità di ripensare il rapporto con l’utente come un’esperienza estesa, nel tempo e nello spazio, in quanto non confinata al luogo e al momento dell’esperienza in loco, ma potenzialmente continua e accessibile da qualsiasi luogo e in qualunque momento”.È cresciuto inoltre il numero di musei che hanno pubblicato la collezione digitalizzata sul proprio sito web (dal 40% del 2020 al 69% del 2021) e il 13% si è cimentato anche sull’offerta di podcast. Nonostante ciò, le istituzioni che si basano su un vero e proprio piano strategico che comprenda anche l’innovazione digitale rappresentano ancora una minoranza (il 24%, esattamente come un anno fa).A cambiare è stato anche il tipo di esperienza offerta: l’80% dei musei ha offerto almeno un contenuto digitale. È molto elevata la quota di istituzioni che propongono laboratori e attività didattiche online (il 48%), evidenziando la rilevanza del rapporto tra i luoghi della cultura e le scuole. Secondi per diffusione sono tour e visite guidate online (proposti dal 45% delle istituzioni), mentre il 13% si è cimentato anche sull’offerta di podcast. È aumentato anche considerevolmente il numero di musei che hanno pubblicato la collezione digitalizzata sul proprio sito web (dal 40% del 2020 al 70% del 2021); un dato non inaspettato, considerando che gli stessi contenuti vengono poi utilizzati per laboratori e attività didattiche, tour e visite guidate, corsi di alta formazione.Anche la biglietteria si evolve e cresce la percentuale di musei, monumenti e aree archeologiche che offrono la possibilità di acquistare il biglietto online, passando dal 23% al 39% dei musei che hanno un sistema di biglietteria (pari al 65% del totale). La sicurezza, nei suoi vari ambiti, è un altro aspetto al centro dell’attenzione in questo particolare periodo. In particolare, dall’indagine è emerso che negli ultimi 3 anni il 55% dei musei ha investito in sistemi per la salvaguardia della salute e il distanziamento fisico, e il 42% in impianti di videosorveglianza per il monitoraggio delle aree, che si stanno rivelando estremamente utili per garantire la visita degli spazi espositivi nel rispetto delle norme per la salute delle persone. Il digitale sembra essere lo strumento di eccellenza anche per offrire un’esperienza più interessante di fruizione dei contenuti: il 70% delle istituzioni culturali ha adottato almeno una nuova tecnologia. I più diffusi sono il QR Code e Beacon (il 33% delle istituzioni ne fa uso), seguiti dalle più tradizionali audioguide (32%, stabili rispetto al 2020) e dagli schermi touch screen (32%). Infine, un’istituzione culturale su quattro mette a disposizione dei propri utenti un’applicazione.Il 2020 ha visto una forte riduzione delle entrate da biglietteria (in media del 56%). Anche gli introiti da altri servizi commerciali sono diminuiti con una conseguente maggiore dipendenza da finanziamenti pubblici e privati, passati da costituire il 53% delle entrate nel 2019 al 59% nel 2020. I cambiamenti degli ultimi mesi hanno però aperto anche a ragionamenti sui nuovi modelli di business da adottare per far sì che il processo di innovazione sia sostenibile e assuma una connotazione strutturale e non solo estemporanea. Bisogna insomma passare da soluzioni trovate come risposta all’emergenza pandemia ad asset strutturali. Quanto ai contenuti digitali, i modelli di offerta sono stati diversi. La maggior parte delle istituzioni culturali ha scelto di fornirli, almeno in una prima fase, in modo gratuito. Questa scelta, dice l’Osservatorio, “può diventare una linea strategica quando si vuole usare il prodotto digitale per aumentare l’engagement, usare l’online come stimolo per la visita fisica o per ottenere informazioni sul pubblico da poter utilizzare per attività di marketing”.Il 22% dei musei, invece, ha sperimentato modelli a pagamento e in particolare la vendita del singolo contenuto digitale (13%, soprattutto per attività didattiche e tour virtuali) e/o di un pacchetto di servizi (9%, per corsi e podcast). Meno frequenti sono stati modelli che prevedono il ricorso a pubblicità o sponsorizzazioni, abbonamenti o membership, donazioni e contenuti 'freemium'. Quanto alla reazione del pubblico circa la proposta di contenuti digitali, i musei sono rimasti soddisfatti sia per i contenuti offerti gratuitamente (per cui l’86% di questi si ritiene soddisfatto della risposta del pubblico) sia per quelli offerti a pagamento (il 62% è soddisfatto della risposta).





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