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Roma, 14 nov. (Adnkronos) - Nei primi 6 mesi del 2021, l’Inps ha effettuato 459.490 visite di controllo domiciliari e in ben 46.824 casi, circa uno su 10, i lavoratori sono incappati nell’esito meno auspicabile: “assente non giustificato/sconosciuto”. E' quanto emerge da un dossier del Csel, Centro Studi Enti Locali, elaborato per l'Adnkronos sulla base di dati Inps e del Ministero dell’Economia delle Finanze. L’attività ispettiva Inps è volta a verificare l’effettivo stato di malattia del lavoratore dipendente e la visita, ricorda il centro studi, può essere richiesta dal datore di lavoro o disposta d’ufficio dall’Istituto di previdenza stesso. Nello specifico, sono risultati assenti ingiustificati oltre 21mila dipendenti del settore privato e più di 25mila del settore pubblico. Nel mirino dei “controllori” sono finiti soprattutto i lavoratori del Sud (43% del totale, contro il 37% del Nord e il 20% del Centro) e le donne, che hanno rappresentato il 59% del totale dei lavori soggetti a visite fiscali.La percentuale di lavoratori che hanno avuto almeno un giorno di malattia nel secondo trimestre 2021 è stata del 22% nel settore pubblico, contro il 16% nel settore privato. Nello stesso periodo dell’anno, il numero complessivo di certificati di malattia presentati è stato di 5.604.253 per un totale di 33.620.452 giornate e oltre 3 milioni di lavoratori coinvolti. Per i lavoratori pubblici l’occhio dell’Inps si è dimostrato più vigile rispetto al settore privato: il numero medio delle visite fiscali ogni 1.000 certificati è di 103,8 (1 su 10 circa), un tasso di verifiche più che quadruplo rispetto all’ambito privato in cui si è fermato a quota 23,2 su mille. Nel mirino dei “controllori” sono finiti soprattutto i lavoratori del Sud (43% del totale, contro il 37% del Nord e il 20% del Centro) e le donne, che hanno rappresentato il 59% del totale dei lavori soggetti a visite fiscali.Una delle differenze più marcate che emergono dal confronto dei dati relativi al secondo trimestre 2020 e 2021 è che si è assistito a un crollo delle richieste disposte su richiesta dei datori di lavoro (-74% nel pubblico e -86% nel pubblico). Viceversa, le verifiche disposte d’ufficio dall’Inps hanno avuto un incremento, marcato nel caso del pubblico (+49%, da 68.754 a 10.484) e vertiginoso nel caso del settore pubblico, dove i controlli sono passati da 19.947 a 91.641, segnando una variazione percentuale pari al 359%. Il tasso di idoneità nel privato è stato del 10,3% per le richieste d’ufficio e del 17,4% per le richieste datoriali. Nel pubblico, le percentuali sono rispettivamente del 16% e del 27,5%. Il tasso di riduzione della prognosi è invece stato del 3,2% per le richieste d’ufficio e dell’1,4% per le richieste datoriali nel privato e rispettivamente dell’1,7% e 1,6% nel pubblico. Infine, il numero medio di giorni di riduzione della prognosi per il settore privato e pubblico relativamente alle richieste datoriali è di 4,4. Per le richieste d’ufficio nel settore privato il dato è 5,4 e per quello pubblico 5,9. I vincoli imposti dalle fasce di reperibilità sono, già di per sé, più stringenti per i dipendenti pubblici, rispetto agli altri. Chi lavora nel privato è soggetto ai controlli per sole 4 ore al giorno, nelle fasce 10-12 e 17-19. Nel pubblico, i controlli possono invece scattare tra le 9 e le 13 e tra le 15 e le 18, per un totale di 7 ore. Il numero medio di certificati per lavoratore del comparto pubblico è stato di 0,3 e di 11,5 giornate medie di malattia. Nel settore privato, il numero di giornate medie di malattia è stato leggermente inferiore (10,2), mentre molto simile è la percentuale di certificati per lavoratore (0,4). Con riferimento al secondo trimestre 2021, nel pubblico, i giorni di malattia sono stati 7.517.001 con 736.351 lavoratori coinvolti che si sono assentati mediamente per 10,2 giorni. Il settore privato, invece, ha avuto 26.103.451 giorni di malattia per 2.272.703 beneficiari. Ogni lavoratore ha avuto in media 11,5 giorni di malattia. Rispetto allo stesso periodo del 2020, i giorni di malattia sono aumentati del 24,5% nel settore privato e del 30,8% nel settore pubblico. Analizzando le differenze tra le macroaree italiane, il Nord, rileva Csel, ha una media nel secondo trimestre 2021 di 10,6 giorni di malattia per ciascun beneficiario, il Centro di 11,1 e il Sud e le Isole di 12,3. Analizzando i giorni di malattia per beneficiario nel settore pubblico, non ci sono grandi differenze (10,1 al Nord, 10,2 al Centro, Sud e Isole). Nel settore privato, il Nord ha una media di 10,7 giorni di malattia per beneficiario, il Centro 11,3, il Sud e le Isole 13,6 giorni. Come emerge dai dati diffusi dall’Inps, rispetto al secondo trimestre del 2020, il 2021 ha visto un incremento totale del numero di certificati di malattia dei lavoratori del Sud (+108,4%), delle lavoratrici (+80,5%) e degli individui più giovani (+107,4%). Dall’analisi dei dati pre-pandemia del 2019 relativi alle assenze retribuite e non retribuite della Pubblica Amministrazione, indicati nel Conto annuale del Ministero dell’Economia e delle Finanze, emerge che in totale i giorni di assenza sono stati 125,74 milioni suddivisi in 59,37 milioni per gli uomini e 66,37 milioni per le donne. Per quanto concerne il reparto delle Funzioni locali, si può osservare che nel 2019, se i giorni di assenza non retribuita sono 560.175, i giorni di assenza per ferie sono 14.461.130. Le assenze per malattia retribuite sono 4.543.593, mentre le assenze per Congedi retribuiti per assistenza a persone con handicap grave sono 577.027. Sempre nell’ambito della cura degli altri, le assenze dovute alla Legge n. 104/92 che prevede l’assistenza dei lavoratori a persone disabili sono 1.509.773. Le assenze per sciopero sono 27.905 corrispondenti a 0,05 giorni per dipendente (il dato unitario più basso del comparto delle Funzioni locali).Per quanto riguarda le assenze per maternità, congedo parentale o malattia del figlio, i giorni relativi al 2019 per le Funzioni locali sono stati in totale 1.073.495. Di questi 104.557 sono giorni di assenza di uomini e 968.938 sono giorni di assenza di donne. Nonostante la recente estensione del congedo per paternità da 3 a 10 giorni, tale dato evidenzia il gap italiano con altri Paesi europei come la Spagna (fino a 112 giorni per entrambi i genitori), la Svezia (480 giorni da dividere tra i due genitori), e la Germania (fino a 1.095 giorni per i due genitori). Le disposizioni previste nel cosiddetto “Family Act” potrebbero portare il congedo di paternità in Italia fino a 90 giorni permettendo di rispettare in questo modo le linee guida europee e superare Belgio (15 giorni), Irlanda e Regno Unito (10 giorni), Svizzera (14 giorni) e Francia (25 giorni).





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