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Il papa doveva morire: “Un piano più ampio di quello descritto dalle cronache”

Il 13 maggio 1981, in piazza San Pietro a Roma, alle ore 17.17 si consuma uno degli attentati più gravi e conosciuti della nostra storia recente: un sicario, forse incaricato da mandanti ancora oggi non identificati, spara a distanza ravvicinata a papa Giovanni Paolo II per ucciderlo.

A quarant'anni da quel tragico avvenimento, Antonio Preziosi ricostruisce quel giorno con dettagli poco conosciuti o addirittura inediti, analizza le ragioni e le conseguenze del gesto, evidenziando tutte le implicazioni di cronaca, storiche e spirituali dell'attentato. L'autore racconta alcune testimonianze dirette (come quelle di suor Letizia Giudici che "arrestò" il terrorista Ali Ag? ca o del professor Renato Buzzonetti, il medico del Papa) e tantissimi dettagli ricordati dal cardinale Stanislao Dziwisz - già segretario personale del Papa - e da tanti altri testimoni.

Il racconto coinvolge il lettore come in un "film" che ha una duplice regia: una umana (i mandanti ancora oscuri dell'attentato) e una soprannaturale (la mano che deviò il proiettile salvando la vita a quel Papa che quel giorno "doveva morire").

Editore: San Paolo Edizioni

Collana: Attualità e storia

In commercio dal: marzo 2021

Pagine: 240

EAN: 9788892224629

L’autore

Antonio Preziosi

IPA IPA916846 pr
 

Nato a Taranto nel 1967, laureato con lode in Giurisprudenza, è giornalista professionista dal 1995. Inizia a collaborare con la Rai nel 1991 come programmista-regista a Radio2. L'anno successivo vince il concorso pubblico per il primo master della Scuola di Giornalismo Radiotelevisivo di Perugia, e nel 1994 è, per un anno, alla direzione Commerciale Rai. Nel 1997 è chiamato a Roma alla redazione politico parlamentare del Giornale Radio, per il quale, quattro anni dopo, è inviato speciale con l'incarico di seguire l'attività della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Nel dicembre 2018 viene nominato Direttore della Testata Rai Parlamento radiofonica e televisiva.

Ha tenuto corsi di comunicazione politica, di giornalismo e di teoria e tecnica della comunicazione, in diverse università italiane. È autore di numerosi libri e pubblicazioni su media, comunicazione e attualità. Ha ricevuto diversi riconoscimenti per l'attività giornalistica, tra cui il Premio Amalfi di Giornalismo e il Premio "Mimmo Castellano" alla carriera. È Commendatore dell'Ordine al merito della Repubblica Italiana.

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Il papa doveva morire: la storia dell’attentato a Giovanni Paolo II

Prefazione

Di Mons. Rino Fisichella

“…nell’istante stesso in cui cadevo in piazza San Pietro, ho avuto il vivo presentimento che mi sarei salvato. Questa certezza non mi ha mai lasciato, nemmeno nei momenti peggiori, sia dopo la prima operazione, sia durante la malattia virale. Una mano ha sparato, un’altra ha guidato la pallottola…”

(Giovanni Paolo II ad André Frossard, 
Non abbiate paura, 1983)

 

È arduo dimenticare la data del 13 maggio 1981. Come un fulmine a ciel sereno la notizia dell’attentato a Giovanni Paolo II arrivò in un attimo in tutti gli angoli della terra. Pensare di uccidere un Papa non è un fatto irrilevante. Certo, la storia ha conosciuto molti papi martiri, ma nell’epoca moderna nessuno si è mai azzardato a ricalcare le orme di Nerone e Diocleziano, per citare i più famosi. Al massimo, ci si incontra con l’arroganza di Napoleone e di Hitler che, pur nella gravità dei fatti, non si sono spinti a uccidere il Papa. Come si sa, il primo portò in esilio prima Pio VI e non contento fece altrettanto con il suo successore Pio VII. Il secondo aveva intenzione di fare prigioniero Pio XII, il quale rispose che il Führer avrebbe portato in esilio Eugenio Pacelli non certamente il Papa.

L’elezione a successore di Pietro del polacco Karol Wojtyła aveva suscitato grande allarme nei diversificati centri del potere dittatoriale dell’allora URSS. Ricordo in proposito un particolare che mi venne raccontato dal Prof. S. Grygiel, grande amico di Giovanni Paolo II perché era stato suo studente all’Università di Lublino e che lo stesso Papa aveva voluto come docente all’Istituto Giovanni Paolo II per studi su matrimonio e famiglia, fondato proprio il giorno dell’attentato. Mi raccontò il professore che dopo alcuni mesi dall’elezione, in una conversazione con il Papa lo aveva informato di strani movimenti sospetti che si erano verificati. Il Papa disse semplicemente: «Sono già arrivati? Non hanno perso tempo». Chi fossero è facile immaginarlo. D’altronde, il cardinale arcivescovo di Cracovia era tenuto ben sotto controllo, come la maggioranza dei suoi sacerdoti e fedeli, dai servizi segreti del suo Paese.

Le pagine che abbiamo tra le mani sono il desiderio di non far dimenticare i drammatici momenti dell’attentato. Tanto si è scritto in proposito, e molto si dovrà ancora scrivere per giungere a delle conclusioni coerenti. Questo libro di Antonio Preziosi ha il merito di porre l’attentato come una chiave di lettura dell’intero pontificato, per evidenziare quanto Giovanni Paolo II abbia visto in quel fatto una “rinascita spirituale”. Preziosi si rivela un eccellente interprete: analizza i dati, li mette in relazione e cerca di trovare una via per uscire dal labirinto in cui è racchiusa la drammatica vicenda che ancora ai nostri giorni mostra aspetti inediti e spesso contraddittori. Ci si incontra con le versioni più strampalate, costruite di volta in volta da Ali Ağca, create intenzionalmente per portare fuori pista e per offrire ai suoi maniacali interventi un palcoscenico su cui recitare ancora come protagonista, senza rendersi conto che per lui il sipario è chiuso da tempo. Le parole di perdono pronunciate da san Giovanni Paolo II sono come una pietra tombale perché portano con sé l’obbligo a dimenticare l’odio che ha mosso la mano omicida.

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