Da P&G guerra alla scarsa trasparenza
Nel mirino le agenzie sulla adv digitale
Un contratto in cinque punti per chiedere la massima trasparenza alle agenzie sulla pubblicità online. E’ questa la novità per il 2017 con cui Procter & Gamble, la multinazionale dei beni di consumo, tra i massimi investitori pubblicitari al mondo, cercherà di dare un taglio alla scarsa trasparenza di agenzie, media company, sviluppatori, creativi e tutte quelle aziende che, a vario titolo, fanno parte della “scadente catena di fornitura” per chi vuole investire in advertising digitale.
“Non è più tempo di dare una mano al digitale”, ha dichiarato Marc Pritchard, Chief Brand Officer di Procter & Gamble, dal palco del meeting annuale dell’Interactive Advertising Bureau’s Annual Leadership Meeting di Hollywood. “Abbiamo concesso alle agenzie un sacco di preavviso”, ha aggiunto, “più di un anno” ed ora “è tempo di passare all’azione”.
P&G spende ogni anno 200 milioni di dollari in pubblicità, di cui 72 milioni solo in adv digitale, ha ricordato AdAge. “Ma ci siamo resi conto che le nostre agenzie utilizzavano i nostri soldi come un salvagente”, ha spiegato Pritchard, e “appoggiarsi ad agenzie che non generano profitto non è un buon affare”.
“Non vogliamo più perdere tempo” e “non vogliamo sentire scuse”, ha ribadito, precisando come anche i rating di Nielsen TV non siano perfetti. “Ma li abbiamo utilizzati dagli anni Cinquanta, accettando un margine di errore, e così si può ragionare in termini di business su tutte le piattaforme televisive”.
Il problema del digitale, ha spiegato Pritchard, è che gli standard come quelli del Media Rating Council, “non sono globalmente condivisi” e ciascuno dice: “la mia piattaforma richiede una metrica particolare per computare le visualizzazioni”. Con il risultato che “agli investitori tocca sprecare tempo e soldi per comprendere tutti i diversi approcci”. Senza contare che le medesime differenze ci sono tra Twitter, Facebook, Youtube e Instagram.
Da quest’anno, pertanto, ha concluso Pritchard, P&G, oltre a ricorrere agli standard di Mrc per cui un’impression è considerata visualizzabile se almeno il 50% dei pixel è comparso sullo schermo per almeno un secondo (due per i video), farà sottoscrivere accordi per la trasparenza a tutti i suoi fornitori.
“Non faranno così molti dei vostri competitor, che continueranno a spendere miliardi in pubblicità”, ha rinfacciato a Pritchard un importante executive di una grossa agenzia. Questa la sua replica: “mio papà mi ha insegnato che se anche tutti i miei amici decidessero di gettarsi dal ponte, io non devo fare altrimenti”.
Per questo motivo, a partire dal 2017, “chiederemo la massima trasparenza, includendo nei contratti clausole sull’utilizzo dei nostri soldi, che dovranno essere utilizzati unicamente per l’adv digitale, con tanto di obbligo a restituire quelli non spesi e di revisione dei bilanci”.