Chiusa l'inchiesta Oil for Food, nei guai l'amico storico di Formigoni, Marco Mazzarino De Petro. L'accusa? Un giro internazionale di mazzette. I documenti di Affari

Le grandi compagnie petrolifere tremano. I politici, piccoli e grandi, pure. Del resto, la vicenda Oil for food è una di quelle mine vaganti pronte a scoppiare. Un terzo di scandalo internazionale, un terzo di corruzione nostrana con volti più che noti, un terzo di strumento di propaganda politica. Il cocktail è fatto. E servirlo riaccende sempre veleni. Oil for food è il nome di un programma dell'Onu il cui scopo era di recare aiuti umanitari al popolo iracheno colpito dall'embargo dopo la prima Guerra del Golfo. Peccato che - secondo gli investigatori - per ogni barile di petrolio sarebbero arrivate anche sostanziose mazzette a funzionari vari del regime di Saddam.

DUELLO SUL SOLE
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Dopo la pubblicazione di un pezzo su Oil for Food sul Sole-24Ore, Formigoni ha preso carta e penna e ha deciso di rispondere.

"Roberto Formigoni non è indagato e non è mai stato indagato nella vicenda Oil for food (...) Eppure da oltre due anni (e sempre alla vigilia delle elezioni), Il Sole-24 Ore pubblica vistosi quanto fantasiosi servizi, sempre corredati da ampi servizi fotografici, che denigrano la verità, me stesso e anche persone e istituzioni a me vicine. Anche ieri rieccheggiando e ampliando teoremi infondati e indimostrabili la cosa si è ripetuta e questo non fa onore a un giornale tanto autorevole", scrive Formigoni.

A questa lettera risponde il direttore Ferruccio de Bortoli: "Caro presidente, l'inchiesta sullo scandalo Oil for food, per il quale ha indagato una commissione dell'Onu, presieduta dall'ex presidente della Federal Reserve Paul Volcker, e stanno indagando le procure di molti Paesi compresa la magistratura italiana, è stata seguita da Claudio Gatti con articoli documentati e mai smentiti. Nemmeno con la sua ultima lettera, che dei fatti non si occupa, purtroppo, ma abbonda in giudizi ingenerosi. (...) Lei non è indagato, lo abbiamo scritto, ma da uomo politico, cui abbiamo riconosciuto sempre larghi meriti, forse qualche spiegazione in più sarebbe quantomeno opportuna".

Adesso, con la fine dell'inchiesta potrebbero esserci dei bei colpi di scena. E se si andrà a dibattimento pubblico, ancor di più. Affari racconta una storia controversa, partendo proprio dall'avviso di chiusura delle indagini, firmato dal sostituto procuratore Alfredo Robledo. Una storia che - lo diciamo per inciso - tocca anche uno degli amici del governatore Formigoni, Mazarino De Petro.Da notare è anche che - secondo indiscrezioni dell'ultim'ora - indagati sarebbero altri due pezzi grossi di Comunione e Liberazione, il movimento cattolico-politico del quale fa parte il Governatore. Si tratta, stando a quanto riferisce Repubblica, dell'ex responsabile della campagna elettorale del governatore, Alberto Perego, e di un esponente di primo piano di Comunione e liberazione, Alberto Villa. Il pm Robledo li avrebbe iscritti nel registro degli indatati per falsa testimonianza.

L'ULTIMO ATTO - Gli indagati sono Natalio Catanese, classe 1932, e il figlio Andrea, 34 anni. Entrambi sono procuratori della CoGeP (Costieri Genovesi Petroliferi), una società di Milano che gestiva appunto l'importazione del petrolio. Sempre della CoGeP è anche Paolo Locarno, responsabile commerciale, e soprattutto quel Marco Giulio Mazarino De Petro tanto legato al presidente della Regione Roberto Formigoni. Altri indagati Alberto Olivi, amministratore unico della Nrg Oils e Giancarlo Elmi, responsabile del marketing della Alenia Marconi Systems.

Chi sono costoro? Tracciamone un profilo di massima. Natalio Catanese (non il figlio Andrea) è un nome noto alle cronache giudiziarie. Il 28 maggio dell’82, il tribunale di Milano condannò per contrabbando internazionale, i tre fratelli Natalio, Vittorio e Saverio Catanese e un loro cugino, Bruno Catanese coinvolti nello “Scandalo dei petroli”. Natalio all’epoca era un broker. Le sue responsabilità erano più defilate perché non aveva cariche dirette nelle società di famiglia, mentre la condanna più pesante colpì Saverio Catanese, (sette anni e sei mesi e a 35 milioni di multa, gli altri membri della famiglia se l’erano cavata con condanne minori) socio di varie imprese petrolifere tra cui la Ifi, coinvolta nello scandalo. Questo, almeno, stando a quanto riferiscono i Ds Lombardi, autori di un'inchiesta in proposito. Anche Legambiente dice qualcosa sui "Catanese". In un rapporto del '94 compare ancora Vittorio Catanese, indagato per traffico illecito di rifiuti lombardi smaltiti abusivamente nel Centrosud dopo un passaggio alla famigerata discarica spezzina di Pitelli, non lontana da Chiavari.

Andiamo avanti. Marco Mazzarino De Petro proprio a Chiavari gettò le basi del suo potere. Fu sindaco nella cittadina ligure, poi si dimise nel 1987 in seguito a una faccenda di appalti pubblici. Ma la carriera non è finita, e De Petro entra in Comunione e Liberazione e poi in Movimento Popolare, dove sta iniziando ad emergere l'astro nascente di Formigoni. Proprio con l'amico Roberto inizia poi a collaborare. Poi approda alla CoGeP come responsabile dei rapporti con l'azienda di Stato irachena SOMO. Infine, diviene indagato nell'affaire Oil for Food. Come? Spieghiamolo partendo proprio dalle accuse.

(Segue - Le accuse del pm Robledo)

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LE ACCUSE - Il pm Alfredo Robledo scrive una serie di capi di imputazione durissimi. Capo A. "Ciascuno (degli indagati, ndr) - scrive il giudice - in concorso e previo accordo tra loro, versavano a pubblici ufficiali iracheni, tra i quali Saddam Zibn Hassan, direttore generale della società petrolifera di Stato irachena 'State Oil Marketing Organization', funzionario governativo, la somma complessiva di 60mila dollari americani, divisa in due bonifici di pari importo presso la Fransabank di Beirut, per ottenere in cambio, come in effetti avvenuto, l'indebito vantaggio relativo alla vendita dalla SOMO alla CoGeP di 584mila barili di petrolio greggio, per l'importo di 15 milioni di dollari".

Capo B. Tutti gli indagati "avendo Andrea Catanese e Paolo Lucarno sottoscritto il relativo impegno, in concorso e previo accordo tra loro e con le altre persone sopra indicate, al fine di ottenere in cambio l'indebito relativo alla vendita dalla SOMO alla CoGeP di due milioni di barili di petrolio greggio, per l'importo di 37 milioni di euro, promettevano di versare al pubblico ufficiale iracheno Saddam Zibn Hassan, la somma di 0,25 centesimi di dollaro per ogni barile di petrolio con destinazione finale Europa ed Estremo Oriente, nonchè di 0,30 centesimi di dollaro per ogni barile di petrolio con destinazione finale Stati Uniti".

Capo C. Ancora una volta i soliti indagati e Saddam Zibn Hassan. "Versavano anche a Ibrahim Shaiyeb la somma di 250mila euro su un conto acceso presso la Jordan National Bank di Ammam, per ottenere in cambio, come in effetti avvenuto, l'indebit vantaggio relativo a un contratto di fornitura di un milione di barili di petrolio greggio per un valore di 52 miliardi di vecchie lire, pari a 27 milioni di euro".

Capo D. Stesso discorso del capo C, ma questa volta la mazzetta è di 632mila dollari, per una fornitura di 36 milioni di euro di barili di greggio. Il punto E riguarda Alberto Olivi della Nrg Oils. La modalità è la stessa: 262mila euro di mazzetta, per una fornitura di un milione di barili. I successivi due capi di imputazioni sono alle aziende CoGeMi e Nrg Oils. L'ultimo riguarda invece Giancarlo Elmi "perchè nella qualità di responsabile del marketing e delle vendite della Divisione Atmas della Alenia Marconi Systems, con più azioni esecutive del medesimo disgno criminoso, in concorso con latre persone allo stato non dientificate, al fine di evadere le imposte sui redditi, avvalendosi di fatture per operazioni oggettivamente inesistenti consentiva alla Alenia Marconi di indicarle nelle dichiarazioni annuali".

(Segue - Il rapporto Onu)

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LA VICENDA E IL RAPPORTO ONU - Riassumiamo la vicenda. Oil for food nacque come progetto umanitario sotto l'egida dell'Onu. Il suo scopo era di recare aiuti umanitari al popolo iracheno colpito dall'embargo deciso dall'Onu dopo l'invasione del Kuwait da parte dell'Iraq nell'agosto 1990. L'Onu decise di consentire all'Iraq di vendere petrolio ricevendo in corrispettivo non denaro, ma cibo, medicinali e altri beni necessari alla popolazione civile. Le vendite da parte dell'Iraq venivano effettuate per mezzo della società di Stato State Oil Marketing Organization (Somo), con prezzi fissi e il divieto di ogni ulteriore transazione finanziaria con il regime.

Secondo la ricostruzione della procura di Milano, dopo l'invasione dell'Iraq da parte degli Stati Uniti nel marzo 2003, furono trovati documenti negli uffici della Somo, presso il ministero del Petrolio iracheno, dai quali emergevano gravi irregolarità nella gestione del programma, in particolare il pagamento di somme a funzionari del governo iracheno. Sul caso il segretario generale Onu istituì una Commissione indipendente d'inchiesta, che trasmise dei documenti anche all'Italia.

E proprio nell'ambito della commissione indipendente d'inchiesta spunta con forza il nome di Marco Mazarino De Petro. Insieme a quello di Roberto Formigoni, che però non risulta essere indagato. Il meccanismo, secondo quanto accertato dalla commissione, era un grosso gioco di tangenti e mazzette. La Somo infatti "spartiva" le quote di petrolio in base alla "vicinanza" dei politici stranieri. E Formigoni da tempo aveva un ottimo rapporto con Aziz. Tanto che - sempre la commissione - rende nota una lettera "di raccomandazione" tra il governatore lombardo e il governo iracheno. Una lettera che per Formigoni non ha mai costituito scandalo, "visto che di aziende ne ho raccomandate a migliaia in tutte le parti del mondo". Da rilevare, nel report delle Nazioni Unite, il fatto che "malgrado diversi tentativi la Commissione è stata incapace di ottenere la cooperazione di Formigoni o della Cogep. Formigoni ha negato però di aver ricevuto" alcunchè rispetto alle quote di petrolio. Insomma, il presidente è pulito. Ma.

L'unico "ma" è proprio della commissione Onu, non certo della procura di Milano. Ed è rappresentato da quella lettera scritta di pugno da Formigoni nella quale si spiega che "De Petro rappresenta molte importantissime industrie italiane che lavorano in molti settori, di cibo e medicine comprese, e vuole iniziare con la vostra nazione un rapporto commerciale immediatamente - scrive Formigoni - Sarebbe molto importante per noi tutti se poteste introdurre De Petro negli uffici governativi che gestiscono gli approvvigionamenti di cibo e medicine, ma anche di altri settori, come infrastrutture e tecnologie".

IL FUTURO INCERTO - Ora cosa succederà? Una sfilata sul banco degli imputati? Un nulla di fatto? Nulla può essere detto fino a quando non partirà il processo pubblico. Una cosa è certa. Se ne vedranno ancora delle belle. Soprattutto se qualcuno dovesse chiamare il governatore a testimoniare come persona informata sui fatti.


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