“Altro che Giovanni Allevi, Ludovico Einaudi o Stefano Bollani. Tra i chitarristi c’è molto accademismo e poca innovazione”. L’intervista al chitarrista Roberto Fabbri
Nei negozi da pochi giorni con il nuovo cd “Beyond”, il compositore e chitarrista Roberto Fabbri, romano classe 1964, sarà in concerto al Blue Note di Milano martedì 6 aprile. E l’evento promette di essere molto accattivante. Le premesse, per lo meno, ci sono tutte. “Per avvicinare i giovani agli strumenti classici bisogna tenere conto degli impulsi sonori contemporanei. La mia musica attinge quindi al jazz, al rock e al pop”, spiega infatti Fabbri, che è anche autore di una trentina di libri didattici sul tema. E poi aggiunge: “Credo che la musica classica possa essere testimone del suo tempo, ma i musicisti non dovrebbero limitarsi a riproporre i programmi accademici, che indubbiamente fanno parte del nostro patrimonio culturale e bisogna diffondere, ma che non sono sufficienti per avvicinare i giovani agli strumenti classici. Diventa quindi importante secondo me riscoprire la figura del compositore-esecutore e promuovere la musica nei concerti”.
Chi sono secondo te i musicisti più innovativi e interessanti?
“Mi vengono in mente tre pianisti: Giovanni Allevi, Ludovico Einaudi e Stefano Bollani”.
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E nessun chitarrista?
“No, onestamente. Dobbiamo ancora migliorare molto: nel campo del pianoforte sono più avanti. C’è molto accademismo tra i chitarristi, bisognerebbe essere più personali e più innovativi. Non per niente il mio nuovo il cd si chiude con sei composizioni di Giovanni Allevi che ho trascritto per chitarra: Il Bacio, Aria, Panic, Come sei Veramente, Go With The Flow e Downtown”.
Come mai hai deciso di trascrivere per chitarra i brani di Allevi?
“Per dimostrare come nel passaggio da uno strumento all’altro la bellezza della musica può rimanere immutata”.
E veniamo quindi al tuo concerto al Bluen Note. Cosa dobbiamo aspettarci?
“Presenterò i 14 brani inediti contenuti nel nuovo cd Beyond, che sono pensati come cartoline musicali dei Paesi che ho visitato, conosciuto o scoperto grazie al mio suonare in giro per il mondo. Inoltre suonerò una “Fantasia” creata appositamente per l’occasione, che unisce in un unico pezzo le sei composizioni di Giovanni Allevi.”
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A quale dei tanti Paesi che hai visitato sei più legato?
“Alla Spagna e in particolare a Madrid. Devo infatti idealmente all’amico chitarrista Pablo de La Cruz l’avvio della mia carriera internazionale, iniziata proprio grazie al suo invito con il mio quartetto al Festival Andrès Segovia del 2001 a Madrid. Da allora si è instaurato un particolare legame con la Spagna fatto di musica e importanti amicizie. In onore del mio amore per questa città ho composto una trilogia, articolata nei brani Atocha (che è la stazione più antica della città), Preludio e Canzone. Detto questo sono molto legato anche al Sud America e a Belgrado, dove si tiene il più grande festival della chitarra del mondo”.
È così che nasce la tua trilogia balcanica?
“Sì, Notte a Belgrado, Hammam e Dance for Dale sono nate dopo aver partecipato al Guitar Art Festival di Belgrado, dove ho visto una grande attenzione alla valorizzazione della tradizione che mi ha particolarmente colpito”.



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