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Il virologo da Nobel Tarro: “Milano può già riaprire. Il caldo batte il virus"

Intervista al virologo da Nobel Giulio Tarro: “Milano può già riaprire. Il caldo si porterà via il virus"

A tu per tu con il prof. Giulio Tarro, premiato in America nel 2018 come “miglior virologo dell’anno” e tra i virologi più importanti al mondo. Candidato al Nobel per la Medicina nel 2015, già allievo del padre del vaccino contro la poliomielite Albert Sabin, isolò per primo il vibrione del colera quando scoppiò l’epidemia a Napoli.

Professor Tarro, ogni giorno la popolazione è bersagliata di informazioni sul Covid 19, ognuno dice la sua, per non parlare delle fake news che circolano sui social. Facciamo un po’ chiarezza…

Vedo purtroppo oggi nel nostro Paese un’ansia generalizzata di un’intera nazione che si concentra su come tenersi alla larga dal virus. Nessuno pensa che ogni giorno siamo immersi in un ambiente saturo di innumerevoli virus, germi e altri agenti potenzialmente patogeni. E in questi giorni, nessuno ci dice che se non ci ammaliamo è grazie al nostro sistema immunitario il quale può essere compromesso, oltre che da una inadeguata alimentazione e da uno sbagliato stile di vita, dallo stress, che può nascere anche dallo stare in spasmodica attenzione di ogni “notizia” sul Coronavirus regalataci dai social, dal web e dalla TV. Alla mia età e dall’alto della mia esperienza mi tengo alla larga da questi canali. Nella mia carriera ho isolato il vibrione del colera a Napoli, ho combattuto l’epidemia dell’Aids e ho sconfitto il male oscuro di Napoli, il virus respiratorio ‘sinciziale’ che provocava un’elevata mortalità nei bimbi da zero a due anni affetti da bronchiolite. Questa esperienza sui virus mi porta a dire che il rischio rappresentato dal COVID-19 è sostanzialmente uguale a quello delle numerose epidemie influenzali che si registrano tutti gli anni senza per questo provocare scalpore.

Ci spieghi meglio…

Ogni anno muoiono in Italia circa diecimila persone, per lo più anziane o affette da qualche patologia, per il virus influenzale. Questo non fa notizia perché questi decessi sono diffusi su tutto il territorio nazionale. Immaginiamo ora che tutte le persone a rischio vengano ricoverate in un paio di posti, magari circondati da giornalisti alla ricerca di qualche scoop. La conseguente “epidemia di influenza che può causare la morte” spingerà innumerevoli persone - ogni anno sono colpiti da sindrome influenzale circa sei milioni di Italiani - a pretendere analisi ed una assistenza impossibile ad ottenere. Intanto dobbiamo staccare la spina ad una “informazione” ansiogena e ipocritamente intrisa di appelli a “non farsi prendere dal panico”. E questo, soprattutto, per permettere alle strutture sanitarie interventi mirati. Bisogna considerare che oltre il 99% delle persone che vengono contagiati dal Covid 19 guariscono ed i loro anticorpi neutralizzano il virus e possono pertanto essere utilizzati per i contagiati più gravi.

Come combatterlo quindi?

Prima di tutto è importante la prevenzione. È quindi opportuno un frequente ed approfondito lavaggio delle mani e del viso, coprirsi con il gomito da tosse e starnuti, anche con mascherine ad hoc, stare a casa se ammalati, richiedendo l’immediato intervento sanitario se intervengono difficoltà respiratorie. Fortunatamente il Covid 19 non ha la stessa mortalità della SARS del 2003 e neppure della MERS del 2012 che registrava una mortalità del 36%. Non abbiamo di fronte il virus Ebola, il nostro nemico è una malattia con una mortalità intorno all’1%, come dimostrato da diversi studi, tra cui quello del prof. Fauci. Più che del vaccino abbiamo bisogno di una terapia antivirale efficace. Né per SARS, né per la MERS sono stati preparati vaccini, si è fatto ricorso agli anticorpi monoclonali e agli anticorpi dei soggetti guariti. Una cura che penso arriverà probabilmente entro l’estate.

Ma quindi come mai tutti questi morti in Italia? Cosa è successo?

In Italia il virus circolava probabilmente già da moltissimo tempo. L’alta mortalità rispetto agli altri Paesi è dovuta non certo ad un virus più cattivo, ma alla sottostima del numero dei contagiati. I numeri che vengono dati dalla Protezione Civile alle 18 tutti i giorni non sono per nulla significativi, sono surreali. Si basano sui risultati di tamponi eseguiti in maniera scoordinata dalle Regioni e su soggetti considerati a rischio. C’è quindi una gigantesca sottostima degli infettati che rapportata con il numero di non meglio precisati “deceduti” e finisce per dare al Coronavirus in Italia un tasso di letalità 28 volte superiore a quello che si registra in Germania.

Mi è piaciuto molto lo studio pubblicato dal Corriere della Sera di Luca Foresti e Claudio Cancelli secondo i quali gli italiani contagiati dal virus a fine del mese di marzo sarebbero almeno 11 milioni e 200 mila. Gli studiosi si sono serviti dei dati raccolti sulla nave da crociera Diamond Princess - un esempio di comunità chiusa perfetto - e da quelli provenienti da screening in Corea del Sud. Già uno studio di ricercatori dell’Università di Oxford stimava tra il 60% e il 64% di popolazione italiana già contagiata dal Covid 19 a fine marzo, mentre quello dell’Imperial College ipotizzava almeno 6 milioni di contagiati in Italia. L’andamento delle passate epidemie influenzali e la particolare viralità del Coronavirus mi fanno ritenere attendibili questi studi.

A tutto questo si aggiunge lo sfascio del nostro Sistema Sanitario Nazionale: dal 1997 al 2015 sono stati ridotti del 51% i posti letto delle terapie intensive. A gennaio quando si è saputo dell’epidemia in Cina, l’Italia non ha fatto nulla. La Francia - che non aveva nel tempo ridotto le terapie intensive - a inizio anno si è preparata e le ha raddoppiate. Noi no siamo arrivati tardi. In Lombardia è scoppiata una “bomba atomica”, tutto in un lasso di tempo troppo breve a fronte della capacità del Sistema Sanitario. L’Italia ha chiuso i voli diretti con la Cina, senza controllare gli arrivi indiretti attraverso gli scali e quindi è stato possibile aggirare il divieto.

Qualcuno afferma che “il virus è intelligente, si indebolirà per sopravvivere”. Ci può spiegare meglio che cosa intente? Così almeno sembra avvenne con la Spagnola del 1918…

La Spagnola era un virus influenzale che arrivava in un periodo, quello della Prima Guerra Mondiale, di per sé già drammatico con persone denutrite, povere, in condizioni di igiene e salute molto precarie. La Spagnola colpì, nella seconda ondata, soprattutto i giovani e risparmiò in gran parte gli anziani. Questo perché gli anziani avevano già gli anticorpi di virus precedenti. Ci furono tanti morti perché a quel tempo non c’erano ancora gli antibiotici e i decessi furono dovuti a complicanze di malattie batteriche opportuniste.

Il Covid 19 più che indebolirsi sta semplicemente facendo il suo decorso. Un virus che è meno aggressivo sui giovani e sui bambini. I casi di polmoniti interstiziali e trombo-embolici polmonari sono soprattutto su soggetti anziani e con patologie pregresse.

Veniamo al caso Milano, è possibile riaprire le attività in città?

Io seguirei pedissequamente il modello cinese attraverso l’uso di mascherine, un’igiene personale accurata e soprattutto adottando misure restrittive solamente per gli anziani e persone con patologie serie. Le condizioni per riaprire ci sono già, ma a patto appunto che si tutelino i più deboli. Bisogna inevitabilmente cercare di avere un equilibrio tra salute ed economia, con le dovute accortezze già oggi si potrebbero allentare le norme restrittive.

Dopo la malattia si è immuni o no?

Da virologo e immunologo posso dirle che se una persona ha manifestato la malattia e ha sviluppato di conseguenza gli anticorpi, almeno nell’arco della stagione, non recidiva.

Ci sarà una seconda ondata? Il caldo mitigherà la pandemia?

Per la mia esperienza sul campo – ho isolato il vibrione del colera a Napoli, ho combattuto l’epidemia dell’Aids e ho sconfitto il male oscuro di Napoli, il virus respiratorio ‘sinciziale’ che provocava un’elevata mortalità nei bimbi da zero a due anni affetti da bronchiolite - rifacendomi anche a quello che mia ha insegnato il mio Maestro Albert Sabin, posso dirle che il Covid 19 potrebbe sparire completamente come la prima SARS, ricomparire come la MERS, ma in maniera localizzata o cosa più probabile diventare stagionale come l’aviaria. Per questo serve una cura più che un vaccino. Sono positivo per il prossimo futuro, il caldo si porterà via il virus. Basti pensare alle latitudini africane, qui il virus non prende piede. Ci sono solo piccole endemie qua e là.

Quindi sostanzialmente è per una questione geografica che la Lombardia e il Nord Italia siano state così martoriate?

Esattamente. Wuhan e la provincia dell’Hubei hanno diverse somiglianze con Milano e la Pianura Padana. Il Sud invece per un fattore geografico e climatico è stato meno colpito. In più aveva già affrontato in passato diverse epidemie, colera in primis.

L’aria condizionata canalizzata e i condotti di ventilazione possono essere un veicolo per il virus? Sono utili le mascherine?

Va sempre fatta molta attenzione dove vi è una distribuzione dell’aria. Vanno fatte le manutenzioni e sanificazioni periodiche. Penso al problema della Legionella.

Come si immagina le vacanze estive 2020. Tutti sotto l’ombrellone con le mascherine e distanziati?

Riusciremo a fare le nostre vacanze, scienza e caldo saranno alleati. Il virus non ha vita facile con il sole, l’acqua salata e la salsedine. Voglio dare un messaggio di speranza. Il virus presto sarà solo un brutto ricordo e avremo le mascherine finché le industrie dovranno venderle (sorride).

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