Serve un pensatoio riformista
di Roberto Caputo
vicecapogruppo Pd in Provincia di Milano
Negli anni settanta esistevano importanti e vivaci strutture culturali e politiche come il club Turati, il De Amicis, il Perini, la Casa della Cultura. Rappresentavano momenti importanti di dibattito nella città ed erano veri e propri spazi propositori di nuove idee per cambiare la nostra metropoli. Faccio un esempio solo, ma importante: la pedonalizzazione di Corso Vittorio Emanuele nata proprio dalla discussione avvenuta in questi circoli. E poi vi erano anche i partiti, molto forti e molto presenti sul territorio. Oggi non c’è più nulla di tutto questo. Vi è un preoccupante deserto, anzi, lo definirei come una sorta di diaspora intellettuale che non riesce a trovare il bandolo della matassa. E’ certamente vero che vi sono stati tentativi come quelli fatti dalle liste civiche, ma tutti nati sulla sollecitazione elettorale, come nel caso del sindaco di Milano e del presidente della Regione Lombardia. Vi è un vuoto preoccupante. Penso allora che servirebbe mettere in campo un pensatoio riformista, o meglio una ‘cosa’ dei cittadini che, al di fuori e aldilà delle individuali appartenenze alle attuali formazioni politiche, si metta a lavorare per proporre idee e soluzioni soprattutto in questa fase che ci porterà verso Expo. Non mancano in questa città le forze per dar vita a una nuova operazione culturale, si tratta di avere un po’ di coraggio. Parlo di pensatoio riformista per precisare, o meglio, delimitare i contorni di quello che ho in mente. Infatti, non mi attirano i salotti, ma il recupero di una tradizione meneghina che rischia di andare dispersa. Nei prossimi mesi, mi dedicherò a questo impegno. Questa mia breve riflessione rappresenta già un piccolo appello ai cittadini riformisti che ci vogliono stare.