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Musica
Omar Pedrini: "Ecco perchè il mio tour è sold-out"

di Nancy Squitieri

Un Omar Pedrini “stanco ma felice di aver riabbracciato il suo pubblico milanese”, si racconta ad Affaritaliani.it, dopo l’esibizione sul palco del 75Beat di Milano avvenuta lo scorso venerdì 13 marzo per l’ultima tappa del suo tour, in versione rigorosamente unplugged. Scelta stilistica dettata dalla necessità, in seguito ad un intervento cardiochirurgico affrontato lo scorso autunno, di ricominciare a cantare e suonare “con cautela, senza subire gli sforzi di un concerto rock”, ma trasformando un apparente punto di debolezza in opportunità. Quella di sviscerare la sua parte più intimistica e teatrale. Chi lo conosce, infatti, sa che Omar accanto ad un temperamento rock- selvaggio, fatto di impeto e energia, ama talvolta esibirsi da solo “chitarra e voce”, affiancando alla musica l’amore per il teatro, e portando talvolta in scena la lettura di frammenti di autori a lui cari. Rispetto a questo tour, lui stesso si diceva inizialmente “perplesso”, rispondendo ai medici e familiari di sentirsi come “un pilota di formula1 a cui si chiede di andar piano”. E invece l’idea di una versione live/acustica, si è rivelata la soluzione vincente, perché gli ha permesso di riabbracciare i suoi tantissimi fan, quelli che in questi mesi non lo hanno lasciato un attimo, seguendolo tra social network e teatri.

Oggi Omar è felice del sold-out del suo tour,“perché ogni tanto è bello farsi attendere ma è anche importante essere sempre presente proprio per tutti coloro che mi seguono ”. E nonostante la voce che oggi definisce massacrata da dieci giorni di concerti, e dall’intensità della dimensione teatrale del suo show, che pur richiedendo meno dispendio di energia in termini di “volumi sonori”, richiede comunque un complesso approccio fisico e mentale, e tanta disciplina.

Venerdì per l’occasione c’erano sul palco i suoi musicisti di sempre, anche loro in versione acustica, e, tra gli ospiti venuti a trovarlo, “per vivere il tour tutti insieme, con lo spirito di una festa”, il duo Santa Margaret, con il quale ha condiviso il brano “La follia”. Si sa, infatti, che Omar non solo ama improvvisare, ma se in prima fila vede qualche amico, lo invita sempre a salire sul palco per condividere la scena.

Da oggi inizia una breve pausa prima di tornare a lavoro per mixare, ottimizzare ed ultimare alcuni lavori da inserire nella versione deluxe di “Che ci vado a fare a Londra”, in attesa di partire davvero per Londra il 27 marzo per quello che definisce “il concerto che aspetto da una vita”, e che rappresenterà l’anteprima del tour elettrico italiano di Omar previsto nel 2015.

Ma uno come lui che la musica la fa da tanti anni, cosa pensa della musica oggi in Italia? “Che si è materializzato il pensiero “15 minutes of fame” di Andy Warhol, e tra un po’ non ci sarà pubblico pagante ai concerti perché tutti vorranno stare sul palco ad esibirsi. E’ un po’ come immaginare i ristoranti senza clienti perché tutti vogliono stare in cucina. Insomma, siamo il Paese degli artisti a tutti i costi, Warhol ci aveva azzeccato in pieno. La tv in particolare, credo che portando la musica in contenitori non adatti, non cerchi più artisti ma soltanto stupore. Non odio i talent, penso che sarebbero una cosa bella se fossero un qualcosa in più. Oggi però pare che il mondo della musica sia soltanto quello e basta. E i professionisti sono secondari. Posto fisso a Sanremo per i vincitori dei talent e i giovani pensano che sia l’unico modo per avere successo. Questo non mi piace. Ragazzi sbattuti in onda ma spesso non pronti, messi a maturare in tv, come se fossero in serra. Piuttosto gavetta, impegno, studio, e tempo”. Detto da uno che ha 18 album all’attivo e più di 300 brani scritti, direi che non fa una piega.

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