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Roma, 14 apr. (Adnkronos) - Sport e pandemia: un impatto grave e violento che ha scatenato una crisi senza precedenti. Restrizioni alla mobilità e lockdown prolungati hanno colpito in pieno il settore dello sport e quello del calcio in particolare. Lo sport di base è stato sicuramente il più colpito, ma anche il settore professionale ha subito contraccolpi drammatici. Lo evidenzia Logico, l'associazione che rappresenta gli operatori di gioco su canale online. Secondo dati della Figc (riportati tra l’altro in una lettera che la Federazione ha inviato al Governo), rileva Logico, la scorsa stagione si è chiusa con “minori ricavi, stimabili in oltre 200 milioni di euro, dei quali il 60% riconducibili alla mancata presenza del pubblico. Nella stagione in corso la stima dei minori ricavi è pari a circa 400 milioni di euro (65% legata al pubblico e il restante 35% alle mancate sponsorizzazioni). La perdita complessiva è quindi pari a 600 milioni di euro. Vale la pena ricordare, come si legge nel documento della Figc, che “l’industria del calcio sviluppa oltre 4.7 miliardi di euro all’anno, in termini di ricavi diretti (la Serie A ne produce il 65%). La Serie A produce contributi fiscali per oltre un miliardo di euro e rappresenta un volano di investimenti rilevanti”. La crisi non ha investito solo i campionati di Serie A, Liga, Bundesliga e Premier League, ma anche il settore delle scommesse sportive.Secondo una stima diffusa a novembre 2020 da Deloitte Sports Business Group (società di servizi professionali leader di mercato nello sport), dal confronto tra gli incassi del settore delle scommesse sportive di marzo 2019 con quelli di marzo 2020, risulta evidente una riduzione complessiva, con una spesa in calo del -33,6% che anche per l’Erario si è tradotto in una perdita di circa 30 milioni di euro.E sempre a proposito del betting, rileva Logico, c’è un’altra fonte di reddito che il mondo sportivo ha perso e non soltanto nel 2020. Si tratta delle sponsorizzazioni dal mondo scommesse, eliminate in seguito all’entrata in vigore dell’art. 9 del Decreto Dignità (legge 96 del 9 agosto 2018) che ha vietato “qualsiasi forma di pubblicità, anche indiretta, relativa a giochi o scommesse con vincite di denaro (nonché al gioco d’azzardo), comunque effettuata e su qualunque mezzo, incluse le manifestazioni sportive, culturali o artistiche, le trasmissioni televisive o radiofoniche, la stampa quotidiana e periodica, le pubblicazioni in genere, le affissioni e i canali informatici, digitali e telematici, compresi i social media”. Le perdite a causa del divieto di pubblicità per il settore giochi e scommesse, rileva logico, sono state quantificate: per il settore audiovisivo, secondo stime di Confindustria Radio Tv, la perdita in termini di ricavi pubblicitari si aggira sui 60 milioni di euro all’anno. La norma, tra l’altro, ha un impatto negativo sull’occupazione dell’intera filiera del comparto scommesse. Le sponsorizzazioni delle società di betting rappresentano una fonte di guadagno importante per i club delle massime divisioni calcistiche europee. Una nota di Agcom parla chiaramente di una perdita per il “sistema calcio” di 100 milioni di euro all’anno. Ai danni diretti ai club calcistici, si sommano quelli arrecati al mondo dei media che gravita attorno allo sport: altri 100 milioni di euro di mancati investimenti pubblicitari dei bookmakers su tv, giornali e siti web.Dati oggettivi che il presidente della Lega Serie A, Paolo Dal Pino, sottoscrive in pieno, quando dichiara – come ha fatto nel novembre scorso – che "Il calcio non è solo un'industria molto importante ma è anche nel DNA dell'Italia. Non abbiamo chiesto soldi allo Stato. Abbiamo chiesto la reintroduzione, per i prossimi 24 mesi, delle sponsorizzazioni la cui eliminazione ha sottratto alla casse della Serie A valori molto importanti, perché è un elemento di sponsorizzazione che in tutti gli altri paesi d'Europa esiste, e questo costa zero allo Stato italiano, è il riconoscimento di una voce potenziale di ricavo che in un momento come questo è fondamentale”, rileva Logico.Il lockdown e l’interruzione delle manifestazioni sportive, come se non bastasse, rileva Logico, hanno generato una tassa ulteriore sulle scommesse, presentata come strumento emergenziale per fronteggiare le difficoltà del mondo dello sport italiano in generale e del calcio in particolare causate dell’emergenza sanitaria. La tassa “Salvasport” è stata presentata come prelievo alle aziende del settore ma in realtà è una tassa sugli scommettitori che, secondo le norme attuative, implica anche l’onere di riscossione da parte degli operatori stessi.Per gli operatori un vero salasso, considerato che l’aliquota era già al 24% e in questo modo la pressione fiscale indiretta è quasi raddoppiata. “Anziché introdurre una nuova tassa sul consumo – commenta il presidente di Logico Moreno Marasco – il Governo avrebbe dovuto superare il divieto di pubblicità e sponsorizzazione per il comparto del gioco legale. Nessun nostro associato ha nostalgia del passato, ma ridare a club e operatori la possibilità di far ripartire le sponsorizzazioni avrebbe l’effetto di garantire entrate consistenti allo sport, e di rendere gli operatori del gioco legale visibili agli utenti riguadagnando così una fetta del mercato finita in mano a realtà illegali. Del resto, basta fare una ricerca sul web per rendersi conto che attualmente le piattaforme più visibili sono quelle illegali, perché immuni alle eventuali sanzioni in violazione del divieto".Tutto questo, conclude, "andrebbe fatto introducendo una modalità regolamentata di sponsorizzazione, che contempli anche una efficace comunicazione di gioco responsabile contro la ludopatia, fenomeno che il gioco legale è interessato ancora più dello Stato a contrastare”.





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