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Roma, 30 apr. (Adnkronos) - "Il 30 aprile 1982 la mafia uccideva Pio La Torre e Rosario Di Salvo, che non era il suo autista, ma un compagno di lotta e impegno politico. Bisogna ricordarli fuori dalla retorica, per questo bisogna parlare non solo della morte, ma soprattutto della vita, della storia di questo figlio di un bracciante di periferia che diventa leader sindacale e politico, uomo delle istituzioni, costruttore della democrazia italiana". Così il vicesegretario del Pd, Peppe Provenzano, su Fb. "La battaglia di Pio contro la mafia è stata una battaglia non solo per far affermare la legge, ma prima di tutto per il miglioramento delle condizioni di vita, per la giustizia sociale, per lo sviluppo, il benessere, l’avanzamento della democrazia. Era per un’idea di sviluppo, che guardava alla collocazione della Sicilia e dell’Italia nel Mediterraneo, che fu protagonista della campagna per la pace, sfociata nella grande manifestazione e di Comiso. Non fu un eroe solitario, c’era un popolo con lui. Che lo riconosceva come esempio di una politica intesa come la più alta forma di impegno umano"."Oggi sono quarant’anni dalla sua morte. Pochi giorni prima di quel 30 aprile aveva trascorso la Pasqua a Roma con Emanuele Macaluso. Dopo il pranzo coi prodotti siciliani che La Torre riportava dalla Sicilia, andarono a camminare lungo il Tevere. La Torre tracciava al compagno di una vita la trama delle relazioni e dei nuovi equilibri politico-mafiosi che si stavano intrecciando nell’Isola, e che avevano portato all’uccisione degli esponenti della Dc isolana, Michele Reina e Piersanti Mattarella. Fu allora che glielo disse chiaramente: 'Ora tocca a noi'. Lo sapeva da tempo e ormai lo sentiva. Toccava a lui"."Vincenzo Consolo, nel suo atto unico dedicato a Pio, 'Orgoglio di Sicilia', lo ricordava tra gli uomini d’onore, i veri uomini d’onore: 'Vigliacchi, vigliacchi!', riesce a dire Pio prima di morire. La notizia si diffonde: ‘Hanno ammazzato Pio e Rosario!’. Sul posto, oltre al giudice di turno, arrivano anche Rocco Chinnici e Giovanni Falcone. Onore, onore a loro”, conclude Provenzano.





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