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Roma, 20 gen. (Adnkronos) - Mentre i legali di Djokovic starebbero valutando la richiesta di un risarcimento di 5 milioni di dollari nei confronti dell’Australia e del circuito tennistico Open, gli sponsor hanno invece espresso - Lacoste in primis secondo quanto fatto filtrare ai media dalla stessa maison francese - l’intenzione di “rivedere” quanto prima il contratto milionario che li lega al tennista serbo. Ipotesi, quest’ultima, tutt’altro che improbabile secondo gli esperti di diritto sportivo internazionale “innanzitutto vi sarebbe un tema di mancata visibilità -spiega l’avvocato Leone Zilio esperto di sponsorizzazioni e diritto dello sport dello Studio internazionale Rödl & Partner, presente in 48 paesi nel mondo tra cui l’Italia- conseguenza della sua non partecipazione agli Open d’Australia, così come, sembra prefigurarsi pure al Roland Garros, due tornei importantissimi e che pesano tantissimo nella determinazione del valore della sponsorizzazione erogata al tennista testimonial”, spiega l’esperto legale. Se Lacoste è al momento il primo tra gli sponsor di Djokovic ad aver manifestato la volontà di ‘rivalutare’ la collaborazione con il tennista serbo, la banca austriaca RBI - Raiffeisen Bank International avrebbe invece confermato ai media di voler, al momento, mantenere in essere il contratto, così come il produttore di orologi di lusso Hublot, mentre Asics, Head, Lemero, NetJets, Peugeot e Ultimate Software Group, non si sono ancora espressi in merito. “Ma è una quiete prima della tempesta -riflette lo spin doctor della Purple & Noise PR Davide Ciliberti, primo attraverso Adnkronos ad aver elevato il tema sponsorizzazioni sui media-. Se Lacoste, o un altro qualsiasi degli sponsor, lo molla -continua l’esperto- si scatenerà immediatamente l’’effetto domino’, ovvero uno dopo l’altro gli altri marchi seguiranno l’esempio e rescinderanno i contratti, anche perché - continua Ciliberti- sarebbe difficile giustificare, anche a seguito della sentenza del Tribunale australiano che di fatto ha bollato il tennista come esempio sbagliato per i giovani, ai propri consumatori o all’opinione pubblica la scelta di mantenere quale loro modello uno sportivo che, a leggere le carte, si è mosso in maniera scomposta se non scorretta, e comunque è oggi icona della frangia no-vax, che in termini di marketing rappresenta solo qualche misero punto percentuale del mercato”.





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