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Politica
Autostrade, "no alla revoca 'tout court'. Costerebbe una valanga di miliardi"

Il dossier Autostrade va chiuso. Ma la fantasia al potere non porta lontano, “serve pragmatismo e buon senso”. Lo dice ad Affaritaliani.it il deputato Davide Gariglio, capogruppo del Pd in commissione Trasporti, all’indomani dell’affidamento della gestione del Ponte Morandi ad Autostrade per l’Italia da parte del titolare del dicastero di Porta Pia Paola De Micheli, ma soprattutto della sentenza della Consulta che ha stabilito la legittimità dell’esclusione di Aspi dai lavori di ricostruzione del viadotto.

Gariglio, partiamo proprio dalla lettera del Mit. Secondo lei c’è stata una scarsa condivisione da parte del ministro De Micheli rispetto a questa scelta di assegnare al concessionario la gestione del Ponte?
Anche a me, in effetti, non risulta ci sia stata alcuna comunicazione, per lo meno ai gruppi parlamentari. Siamo stati tutti presi alla sprovvista e questa non è una buona cosa. Dopodiché mi chiedo: quale altra soluzione c’era in questo momento?

Sta dicendo che boccia il metodo, ma non il merito?
Sì. Qualora se ne fosse parlato prima sarebbe stato meglio, ma, ripeto, avrei difficoltà a individuare altre strade da percorrere.

Alla luce della sentenza, quale potrebbe essere, adesso, secondo lei, la soluzione?
Io credo che serva realismo e buon senso. La soluzione va ricercata a partire dalle condizioni di fatto.

Si spieghi.
C’è una situazione concessoria che è stata costruita in un  modo estremamente profittevole per il concessionario e, con la legge che ha coperto questa concessione, il concedente si è trovato in una condizione di vantaggi limitati. Al quadro giuridicamente complesso, poi, bisogna aggiungere le inadempienze del concessionario e cioè di  Autostrade per l’Italia. Ma non bisogna neppure tralasciare che siamo di fronte a una società con quotazioni in Borsa e con una serie di azionisti pronti a intervenire, a prescindere dagli aspetti etici della questione del crollo.

E quindi come se ne esce?
Le dico il mio parere personale. Credo che la soluzione migliore sia quella di trovare il modo di chiudere questo dossier senza ulteriori contenziosi. Ritengo, infatti, che la revoca tout court delle concessioni in capo ad Autostrade sia difficilmente perseguibile, costerebbe una valanga di miliardi. Meglio, dunque, una revoca solo dei tratti interessati.

Ma se pensiamo alle vittime, ad esempio, crede che basti?
Lo Stato deve dare un segnale. E’ legittimo che rivendichi il potere di erogare una sanzione per quello che è successo. Non fare nulla, è evidente, non gioverebbe né allo Stato, né ai cittadini e neppure alla stessa società, per la quale, tra l’altro, subentra anche un aspetto reputazionale che è molto importante. Ecco perché serve una soluzione equilibrata anche nei confronti della società stessa che ha tutto l’interesse a vedere risolta la questione. Una cosa però adesso appare chiara.

Quale?
Di sicuro tale vicenda insegna che nessun rapporto concessorio in futuro andrà più regolato in questo modo. Una concessione non è un affitto, è l’utilizzo di un bene pubblico affidato a un soggetto terzo, ma non solo perché quest’ultimo ne ricavi un canone, bensì perché si impegni a gestirlo, perseguendo il bene pubblico.

La convenzione con Aspi ha ancora 18 anni di vita davanti a sé, con oltre 20 miliardi di profitti da rendere eventualmente ai Benetton. Pare di capire che lei sia dell’idea che la sentenza della Consulta non possa, però, costituire un deterrente da futuri contenziosi giudiziari. E’ così?
La via giudiziaria e la prospettiva di un conflitto che possa trascinarsi nel tempo non sono la strada che perseguirei.

Il segretario del suo partito ha fatto ripetuti appelli al governo affinché si chiudessero i troppi dossier aperti, incluso questo. La sensazione, tuttavia, è che, rispetto al M5s, nel Pd in tutti questi mesi non sia mai emersa una posizione netta, ma solo timidi balbettii. Non le pare?
La premessa è che Zingaretti ha ragione. Fa bene a pungolare il governo perché trovi soluzioni. Per rispondere alla sua domanda, poi, voglio essere chiaro.

Prego.
Quando assumi posizioni da ultras queste sono sempre chiare e riconoscibili. Io però non credo che chi debba governare temi articolati, con variabili così complesse, possa farlo con posizioni tanto nette e drastiche, quasi apodittiche. Quando si governa, rispetto ai proclami, devono avere la precedenza le soluzioni.

A proposito di soluzioni. Il viceministro alle Infrastrutture Giancarlo Cancelleri propone un commissariamento di Aspi da parte del governo e la gestione di Anas per i controlli di sicurezza. Che gliene pare?
Il commissariamento di una società mi pare un’ipotesi fantasiosa. Sarebbe un esproprio degli amministratori, degli investitori. Lo dico con l’umiltà di chi non ha studiato a fondo il dossier, ma un viceministro dovrebbe stare attento nell’esprimere le proprie opinione.

Quanto ad Anas, invece?
Anas ha già molto da fare, è bene che si concentri sulle mansioni di competenza. La sua è una macchina complessa da gestire. Significherebbe imbarcarsi in un’altra avventura difficile. D’altronde, abbiamo visto cosa è accaduto col crollo del ponte tra Aulla e La Spezia. Non si può pensare di risolvere un problema, creandone un altro.  

Oggi, intanto, Aspi è convocata al Mit. Che previsioni fa sull’intera vicenda: è ottimista?
Per natura cerco di essere sempre ottimista. Credo serva  pragmatismo e buonsenso. Lo scrittore israeliano Amos Oz diceva che il contrario del compromesso non è l’integrità ma il fanatismo. Ecco, io penso che situazioni di questo tipo debbano essere affrontate tenendo i piedi per terra, consapevoli del contesto in cui ci si muove.

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