
"La Chiesa non puo' e non deve prendere nelle sue mani la battaglia politica". Con le "parole normative" usate da Benedetto XVI nell'enciclica "Deus caritas est" il cardinale Angelo Bagnasco smentisce - nella prolusione letta oggi in apertura del Consiglio Episcopale Permanente - qualunque indicazione di voto attribuita alla Cei in vista delle prossime elezioni. E' questo, spiega il porporato a nome di 223 vescovi italiani dei quali e' il presidente e dunque portavoce, "il binario a cui strettamente ci atteniamo".
"Non e' vero che a noi interessa far politica, noi vogliamo dire Gesu'", sintetizza Bagnasco che realisticamente poi ammette: "anche stasera o domani, nell'opinione pubblica echeggeranno solo alcune delle nostre parole, e non precisamente queste, forse perche' ritenute ovvie, di maniera, persino scontate". "Ma se la Chiesa non e' chiamata a caricare immediatamente su di se' il compito politico, non puo' e non deve neanche restare ai margini nella lotta per la giustizia", chiarisce il cardinale sempre citando il Papa. "Per questo - spiega - a quanti sono in campo osa oggi richiedere parole chiare circa le proprie personali intenzioni, e alle formazioni politiche l'impegno su programmi espliciti, non infarciti di ambiguita' lessicali e tattiche". Il richiamo di Bagnasco e ai "valori non negoziabili". "Dobbiamo stare attenti - avverte - che una certa cultura nebulosa non ci annebbi la vista, inducendoci a non riconoscere piu', tra i principi che mandano avanti la societa', i fondamenti che non sono confessionali, come si insiste a dire, ma semplicemente di ordine razionale". Anzi, scandisce il porporato, "e' necessario che in un momento elettorale si certifichi dove essi trovano dimora".
"Si tratta della vita - elenca il presidente della Cei - dal suo concepimento alla morte naturale, dunque la rinuncia all'eutanasia comunque si presenti, la liberta' di coscienza e di educazione, la famiglia basata sul vincolo del matrimonio tra l'uomo e la donna, la giustizia uguale per tutti, la pace". "Sono - ribadisce - le determinazioni storico-pratiche o principi basilari, dunque non negoziabili, per i quali c'e' un fondamento, oltre che nella ragione, nella nostra stessa Costituzione, e ai quali tutti gli uomini di buona volonta' debbono attenersi". "Chiunque si rifa' al bene comune immediato - dunque - non puo' non considerarli per cio' che sono, ossia valori non derogabili sul piano della civilta' politica, pena un arretramento antropologico e sociale". Su questi temi, insiste Bagnasco, la Chiesa "insiste tanto perche' ha a cuore l'uomo" e si sente chiamata "a rappresentare la memoria dell'essere uomini di fronte a una civilta' dell'oblio, che ormai conosce soltanto se stessa e il proprio criterio di misura". Tutto cio' anche se "certamente non ha soluzioni pronte per le singole questioni". "Insieme alle altre forze sociali - promette Bagnasco tornando a riproporre in proposito il pensiero di Benedetto XVI - essa lottera' per le risposte che maggiormente corrispondano alla giusta misura dell'essere umano. Cio' che essa ha individuato come valori fondamentali, costitutivi e non negoziabili dell'esistenza umana, lo deve difendere con la massima chiarezza. Deve fare tutto il possibile per creare una convinzione che poi possa tradursi in azione politica". "Tornano qui provvidenziali - conclude il cardinale - le elaborazioni sulla societa' che a piu' riprese sono state condotte dalle nostre Settimane Sociali: guardare con sufficienza, o peggio ironizzare sull'afasia dei cattolici e dei pastori, e' quanto meno ingiusto come e' stato anche recentemente riconosciuto. La dottrina sociale cristiana ha una sua precipua originalita' rispetto al collettivismo sedicente progressista e al liberismo falsamente egualitario".
POLITICA NON SIA VIA INDECOROSA PER ARRICCHIMENTO - "La gente vuole che la politica cessi di essere una via indecorosa per l'arricchimento personale". Lo sottolinea nella sua prolusione il cardinale Angelo Bagnasco, per il quale "s'impone un potere disciplinare affidabile e una regolazione rigorosa affinche' il malcostume della corruzione sia sventato, tenendo conto pero' che a poco servono le necessarie leggi se le coscienze continuano a respirare una cultura che esalta il successo e la ricchezza facile, anziche' l'onore del dovere compiuto".
E se durante la crisi, fin qui "il Paese ha tenuto duro, avvertendo intuitivamente che stava facendo quello che bisognava fare", per il presidente della Cei "resta ora da saldare in modo anche visibile la disponibilita' della gente con il costume pubblico e politico". "Non c'e' - afferma - un rigore istituzionale degno di questo nome se non ci sono formazioni politiche che lo assumono su di se', lo interpretano con scrupolo, ciascuna con le proprie sensibilita', ma alla fine su di esso sostanzialmente convergono". In sostanza, per Bagnasco va chiesto "alla classe politica complessivamente intesa di sfidare i propri vizi storici, mettendo con cio' in riga anche i comportamenti popolari che resistono al cambiamento, come il costume dell'evasione fiscale o quello delle scorciatoie". "Finche' non si dimostrera' vincente la logica del merito, dell'obiettivita', del non-familismo, sara' difficile - osserva - confidare. Finche' la lotta all'evasione non produrra' risultati in cifre consistenti, e queste entrate non serviranno per abbattere la tassazione generale, e' difficile - conclude - dar credito alle promesse".
PROMESSE INCAUTE - "Il Paese sano e' stanco di populismi e reticenze di qualunque provenienza e comunque vestiti". Lo afferma nella sua prolusione al Consiglio Episcopale Permanente il cardinale Angelo Bagnasco. "Le riforme domani saranno realizzate - ammonisce - solo se oggi non si fanno promesse incaute e contraddittorie. Gli italiani, a quel che comprendiamo, non chiedono l'impossibile, esigono piuttosto che nessuno dei sacrifici compiuti vada deviato o perduto. E che a partire da questi sacrifici si allestisca l'intelaiatura di una ripresa concreta, diffusa, equa".
Per il presidente della Cei, "un simile obiettivo, insieme morale e politico, e' concretamente sperabile se non manca ora la capacita' di autocritica, l'abbandono di ogni automatico addebito ad altri, la determinazione di non raggirare domani gli impegni assunti con l'elettorato oggi". "Sotto il peso della congiuntura, il popolo italiano si e' mostrato ancora una volta solido: nella capacita' di dedizione e di sacrificio ha rivelato forza di tenuta e di speranza", rileva il porporato che attribuisce il merito di questa capacita' di resistenza alle famiglie. L'auspicio di Bagnasco e' che il prossimo Governo possa consentire al sistema Italia di "migliorare le prestazioni e innovare nel senso della sostenibilita', della ricerca, della sicurezza". "Bisogna affinare - spiega - le eccellenze, sveltire i processi, alleggerire la macchina burocratica, valorizzare continuamente la creativita' e l'inventiva. E bisogna abbandonare la logica dell'essere contro 'a prescindere', atteggiamento che appare come un'offesa all'intelligenza e alla serieta' delle questioni". "La logica del sospetto ideologico - denuncia il cardinale - genera divisioni artificiose, contraccolpi indesiderati, ritorsioni a loro volta superficiali e dolorose".
Nella prolusione, Bagnasco si sofferma anche sui guai della sanita' italiana, e lo fa, confida esplicitamente, "da una parte per condannare gli imbrogli, i maneggi, le astuzie che si consumano in un settore ad altissima vocazione altruistica, dall'altra per prendere le distanze da logiche irrazionalmente pretenziose e talora esclusivamente campanilistiche". "Dobbiamo allargare lo sguardo", esorta il presidente dei vescovi chiedendo tuttavia che "la politica dei tagli sia compensata e guidata dal criterio che al centro vi sia sempre la persona del paziente: quale che sia la sua eta' e condizione, va prioritariamente salvaguardata. Per questo ci sono specialita', competenze e ricerche che vanno strategicamente preservate. Non ci devono essere privilegi, ma neppure visioni ristrette o punitive". Il cardinale si domanda anche se "il prossimo vaglio elettorale ci rendera' piu' o meno poveri", definendo un simile quesito "un modo non banale, per affrontare le scadenze all'orizzonte". "Va da se' che qui stiamo parlando di indigenza o di benessere secondo il prevalente profilo antropologico", chiarisce esprimendo infine solidarieta' alle popolazioni del Meridione, "non da oggi vessate dalla malavita, i cui tentacoli ormai si allargano all'intero Paese". "Dobbiamo - conclude - vigilare, resistere, incoraggiare, denunciare, bonificare e recuperare: tutto in una chiave di educazione e promozione umana che e' inseparabile dall'evangelizzazione".
VALORI ETICI, NON SOLO ECONOMIA - Non si deve dare "cittadinanza elettorale solo all'economia, in quanto fenomeno che obiettivamente brucia". A lanciare questo monito e' il cardinale Angelo Bagnasco, che nella prolusione letta oggi al Consiglio Episcopale Permanente chiede agli elettori di tenere ben presenti i valori etici irrinunciabili nell'esaminare i programmi dei partiti. In alcuni casi - lamenta - non ci sono posizioni chiare e in altri si e' tentato di "neutralizzare in partenza il dibattito, acquisendo all'interno delle varie formazioni orientamenti cosi' diversi da annullare potenzialmente le posizioni, o prevedere al massimo il ricorso pur apprezzabile all'obiezione di coscienza".
Per il presidente della Cei, si cerca cosi' di "illudere" gli elettori. In merito Bagnasco ricorda che "la biopolitica e' oramai una frontiera immancabile di qualsiasi programma". E gli esempi di "Francia, Spagna, Inghilterra, Stati Uniti ci dicono che non si puo' far finta di accantonare i problemi quando sono semplicemente nodali nelle societa' post-moderne". "Parlare di vita, salute, malattia, stati cosiddetti vegetativi, dolore, previsione infausta, medicina palliativa, invasivita' delle diagnosi, disabilita', rapporto medico-ammalato, ma anche di medicina e bilancio dello Stato, obiezione di coscienza, politica dei trapianti - infatti - significa affrontare temi cruciali che tali saranno sempre di piu'". In proposito, Bagnasco fa l'esempio, che definisce "scandaloso, per le evidenze che vorrebbe ignorare", dell'aborto, della maternita' surrogata, dell'eutanasia attiva o passiva.
"Andando sul concreto - si domanda il porporato - quanti aborti e quanti tentazioni eutanasiche si verificano a motivo del primato economicista?". "L'inviolabilita' della vita - ricorda - e' il principio, la famiglia ne e' il grembo sorgivo, la liberta' la condizione prima di sviluppo. Tutto il resto viene di conseguenza. Quando la Chiesa si interessa dell'inizio e della fine della vita, lo fa anche per salvaguardare il 'durante', perche' cio' che le sta a cuore e' tutto l'uomo, la cui dignita' non e' a corrente alternata". "Linee di compromesso, o peggio di baratto tra economia ed etica della vita, a scapito della seconda, sarebbero gravi. Senza il primato antropologico non solo la finanza e l'economia sarebbero oppressive perche' ridurrebbero la persona in termini di costi e ricavi, ma anche lo stato sociale nascerebbe su basi anguste e riduttive", rileva il porporato invitando a parlare anche di "bioeconomia".