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Politica

di Mariangela Maritato

Ci vuole intelligenza politica per capire che l’elezione di Stefano Rodotà sarebbe stata una grande occasione per la sinistra parlamentare italiana di rinascere dentro e fuori dal Parlamento.Il defunto Partito democratico non è riuscita a cogliere dietro il nome servito loro dai grillini, gli unici che malgrado Grillo e le rumorose e sterili polemiche hanno ricreato un dialogo diretto con la società, un’opportunità non solo in termini di consenso ma per dare basi democratiche e legittime al governo nascente e senso alle elezioni passate. Barricati in un rumoroso silenzio e in una retorica priva di sostanza, hanno celebrato la fine di quello che era il partito di maggioranza della sinistra non riuscendo a cogliere un principio democratico decantato dai maggiori filosofi politici contemporanei come John Rawls, ovvero il principio di differenza secondo il quale le “ineguaglianze in termini relativi tra i membri della società sono giustificate solo se per il benefici dei meno avvantaggiati”. Anche in termini di consenso, nessuno avrebbe avuto né troppo, né troppo poco.
Rifugiati nell’Aventino delle proprie convinzioni e della loro volontà di “potenza”, i dimissionari hanno tradito il mandato elettorale e il dialogo parlamentare con la sinistra di Sel e di Grillo che, loro malgrado, si sono ritrovati ad un “black and white party”. Al funerale del Pd al quale, questa volta, non basterà cambiare nome, e all’esultanza del centro-destra che, come ribadito dalle parole di ieri di Angelino Alfano, ha cavalcato l’onda proponendo e mettendo in agenda l’elezione diretta del Presidente della Repubblica Italiana.
Se questa figura di garanzia, a tratti monarchica nelle prospettive di una Repubblica presidenziale dovrebbe rappresentare, come da Costituzione, l’unità nazionale, fatto sta che la spaccatura con la società c’è stata sia in termini di consenso che di giustizia sociale percepita.
E’ vero, la Costituzione sancisce la nostra come una Repubblica democratica fondata sul lavoro, ma quando il lavoro manca alla luce degli ultimi dati Instat che registrano senza reddito quasi un milione di famiglie(dato raddoppiato in sei anni) il “reddito di cittadinanza
” proposto sia da Sel che dal partito di Grillo, punto primo dell’agenda Rodotà, sarebbe stata una prima soluzione per modernizzare l’Italia in termini sociali.
Lo sforzo che avrebbero dovuto fare, resistendo ad antipatie personali e a giochetti per stabilire leadership mai come adesso inutili ed inattuali, era quello di interpretare e riconoscere, alla luce dei fenomeni sociali il concetto di democrazia dei militanti senza venir meno alla delega loro affidata dagli elettori.
Non l’hanno fatto, restaurando uno status quo inusuale per il nostro Paese che si ritrova per la prima volta nella storia a rieleggere un presidente della Repubblica uscente quasi novantenne senza limiti di mandato, creando un sentimento diffuso di incertezza circa il futuro economico e sociale dell’Italia e una spaccatura incolmabile con gli elettori e la società. Esemplare il convergere di personaggi come Laura Puppato e Fabrizio Barca nel movimento e partito di Nichi Vendola che poteva essere un ago della bilancia e che adesso, raccogliendo i cocci, ha sulle proprie spalle il peso di rifondare una sinistra più autentica.
I "grandi elettori" del partito democratico hanno censurato la piazza ed una petizione nata sul web con lettera all’ex segretario, arrivata nel corso delle sei consultazioni a 58.926 sostenitori di sinistra. Una sinistra italiana, moderna e liberale, che il Partito democratico non rappresenta più. Una sinistra cioè che non crede nel mercato in sé, ma crede che debba esistere il mercato, e che questo mercato debba essere assolutamente regolamentato, con regole certe che impediscano le storture che hanno portato aduna crisi difficile da risolvere e a facili arricchimenti di pochi soggetti.  Eleggere Rodotà avrebbe significato ridare la politica in mano ai politici e non alle banche, né tanto meno all’esultante centro-destra. Rifuggire gli scandali, dal Monte di Paschi di Siena ad Unicredit, ha significato solo mettere la polvere sotto il tappeto del golpe bianco. Alle elezioni di giugno cerchiamo di non dimenticarlo.     

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