Coronavirus, un premier arrivato per caso: ora Conte è diventato un gigante
L’incredibile amore per l’uomo senza qualità
Secondo i sondaggi, in queste settimane tragiche e irreali, gli italiani hanno apprezzato e provato simpatia per Giuseppe Conte. Nonostante gli scricchiolii nella maggioranza e qualche errore di comunicazione televisiva, il consenso è cresciuto. Gli italiani lo hanno ascoltato e seguito, hanno accettato con disciplina il sacrificio della clausura, gli hanno dato fiducia. Fra cacofonie di esperti e polemiche fra poteri regionali e nazionali, Conte è apparso come un gigante calmo. Si è tolto il foulard dal taschino e ha assunto i toni adatti alle circostanze. I conti si faranno poi, o forse fra poco, quando ci sarà da gestire la ripartenza, rispondere in fretta ai bisogni di milioni di lavoratori e di imprese, dimostrare nei fatti quanto Conte continua a promettere: la montagna di denaro pubblico da spendere, l’aiuto dell’Europa, lo storico (ma per ora incerto) accordo a Bruxelles che piegherà l’egoismo tedesco e olandese. Ma intanto, l’Italia gli riconosce doti e meriti, anche se in politica e soprattutto nella politica italiana il vento potrebbe girare in fretta.
Al tempo della coalizione giallo blu, lo amavano soltanto una parte dei grillini. Poi, lo sconosciuto avvocato prestato alla politica, il premier che era vice dei suoi vice, il “gaga” fin troppo impeccabile come uscito da una boutique, è diventata premier mettendo in riga Salvini, l’ex alleato “pericoloso per le istituzioni, sprezzante delle regole, incline all’autoritarismo”. Lui, l’uomo senza qualità, aveva sfoderato la qualità che più piace agli italiani: il timido che mette in riga il prepotente, il Gattuso che batte Ronaldo, un antieroe che diventa Badoglio nelle stagioni oscure della politica, ogni volta che la gente sente puzza di prepotenza. Ma il coronavirus ha dato a Conte un altro ruolo, o meglio - prendendosi la scena - se l’è cucito addosso: quello dello statista, che si prende sulle spalle la responsabilità di decisioni drammatiche, che non parla per l’oggi, ma per la Storia, che come Churchill prende il timone nelle ore più buie.
Conte conferma così la regola che la funzione sviluppi l’organo, che trovarsi al posto giusto al momento giusto sia decisamente più importante di qualsiasi altra dote politica o caratteriale o professionale o culturale. Si può essere un cavallo e finire al Senato se l’imperatore lo vuole, dirigere una televisione se gli accordi politici portano a una scelta obbligata, guidare un esercito se sono morti gli altri generali, e fare il primo ministro se la più improbabile delle coalizioni non trova di meglio. Ma ci sono esempi più nobili. Alzi la mano chi avrebbe scommesso sulla gloriosa carriera di Angela Merkel, la grigia funzionaria cresciuta nell’Est comunista, da sedici anni sulla scena, o (a suo tempo) sulla fulminante conquista dell’Eliseo di François Hollande, il “budino” secondo la stampa francese.
“Un uomo non arriva mai così lontano quando non sa dove andare”, scriveva Robert Musil : il nostro “uomo senza qualità” sembra invece saperlo benissimo, ha trovato la sua strada in corso d’opera, proprio nel momento in cui sembrava destinato a rientrare nei ranghi. Ci ha provato gusto a diventare un uomo per tutte le stagioni, ma a volte sono le stagioni più drammatiche che hanno bisogno di uomini come lui.
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