Fitto, il testo integrale del contro-Def dei 'Ricostruttori'
DA RENZI UN DEF DI GALLEGGIAMENTO TRA GLI “ZERO VIRGOLA”.
DA NOI RICOSTRUTTORI UN “CONTRO-DEF” CORAGGIOSO PER UNO SHOCK POSITIVO ALL’ECONOMIA ITALIANA
SEZIONE 1: ANALISI
1. Premessa: incredibile che quasi tutti cadano nel diversivo, nell’“arma di distrazione di massa” del “bonus” o del fantomatico “tesoretto”
Appare incredibile come, con rare eccezioni, la politica italiana, le tv e la stampa nazionali, siano ancora una volta cadute nell’abbaglio determinato dall’“arma di distrazione di massa” scelta da Renzi: un fantomatico “bonus”, un fantomatico “tesoretto”, sul quale ora ci si accapiglierà, catalizzando l’agenda politica e mediatica, e riuscendo così a mettere in secondo piano un Def debole, rinunciatario, di galleggiamento. Non c'è alcun “tesoretto”, c'è solo un aumento della spesa in deficit, cioè senza coperture. Il Governo ha semplicemente deciso di fissare il deficit programmatico al 2,6% rispetto al tendenziale nel 2015 (a legislazione invariata) del 2,5%. Uno 0,1 ricavato, dunque, ritoccando con un tratto di penna quelle che al momento non sono che due stime, due previsioni, al solo scopo di poter spendere oggi, guarda caso in prossimità del voto per le regionali, soldi che ancora non ci sono. Questo vuol dire creare dal nulla una mancia elettorale. Soldi che verranno buttati in ulteriore spesa pubblica, per “aiutare” i poveri a restare poveri, anziché abbassare le tasse per consentire all'economia di creare benessere.
2. Renzi rischia di commettere gli stessi errori dei governi del passato. E il quadro è aggravato dalle scelte fiscali compiute dal 2011 in poi
La nostra valutazione è che il Governo in carica stia fallendo gli stessi appuntamenti già mancati prima dai governi del passato, e cioè il necessario attacco (pervicacemente rifiutato dalla politica italiana) alle tre montagne delle tasse, della spesa e del debito. E’ lì, in quella pressione fiscale elevatissima (con un total tax rate che mette fuori competizione le imprese italiane), in quel livello di spesa pubblica (con annessa “intermediazione” politica), e in quel fardello del debito pubblico (con relativo doppio stillicidio di interessi da pagare e costanti rischi di instabilità), il triplo cancro che ci affligge. E’ su quel terreno che si sono arenate le ambizioni delle passate esperienze governative: ed è ancora qui - secondo noi - che sta segnando il passo un Esecutivo, quello guidato da Renzi, finora capace di vincere tutte le partite nel Palazzo (in genere, per manifesta incapacità delle “opposizioni”), ma per ora sconfitto nella partita della realtà, nonostante il training autogeno alimentato da telegiornali e carta stampata. Il problema è che, negli ultimi anni, il quadro è molto peggiorato per le scelte fiscali compiute (in particolare rispetto alla fiscalità immobiliare) dal 2011 in poi, e in queste condizioni l’Italia rischia di mancare ancora l’obiettivo di una crescita sostenuta.
3. Oggi condizioni esterne irripetibili per tre fattori indipendenti da Renzi (uomo fortunato…). Ma l’occasione va sfruttata, altrimenti gravi rischi
Con la recente mossa del Quantitative Easing, Mario Draghi ha fatto il massimo rispetto all'attuale perimetro dei poteri della Bce. Di più non poteva fare. Ora le incognite sono tre, ma non dipendono più da lui. Primo: i canali di trasmissione all'economia reale (banche) di questa iper-liquidità saranno ostruiti o no? Secondo: i governi europei avranno l'intelligenza di sfruttare questa occasione per realizzare vere riforme economiche liberali, oppure si accontenteranno di questa bombola d'ossigeno a tempo offerta dalla Bce? Terzo: quando il QE sarà finito, nell'autunno del 2016, che giudizio daranno i mercati sulla sostenibilità del nostro debito pubblico? E allora torniamo al Governo in carica, che è stato fortunatissimo. Si è infatti ritrovato tre eventi esterni impensabili un anno fa: l'intervento della Banca centrale europea; il crollo del prezzo del petrolio; il nuovo rapporto dollaro/euro. La Banca d'Italia ha stimato l'effetto del solo QE sul nostro Pil in un punto percentuale nel biennio 2015-2016, il che significa che la politica economica del Governo Renzi andrà valutata al netto dello “stimolo” indotto dalle decisioni di Draghi. Dunque, non ci si può accontentare degli “zero virgola”, di minuscoli segnali di ripresa, perché vorrebbe dire non aggiungere nulla di più rispetto agli effetti delle politiche della Bce. Bisogna correre, anzi bisogna volare. E per volare le uniche proposte in campo sono quelle che noi abbiamo già avanzato rispetto all’ultima legge di stabilità, e che oggi arricchiamo e completiamo: un mega taglio di tasse (non un taglietto), accompagnato da una vera revisione della spesa pubblica. Perché Renzi le ha bocciate? Noi insisteremo. Se l'Italia non si incamminerà su questa strada, avrà perso un'occasione irripetibile. E' come quando una squadra può tirare un calcio di rigore ma lo sbaglia... Poi rischia di pagarlo caro. Anche perché le condizioni esogene potrebbero all’improvviso mutare.
4. Nel Def di Renzi approccio difensivista e “catenacciaro”. Due errori di fondo: limitarsi a dire “no a nuovi aumenti di tasse” (e mancherebbe solo che il Governo le volesse ancora aumentare!) e limitarsi a disinnescare le clausole di salvaguardia (e mancherebbe solo che il Governo le volesse far scattare!)
Nel Def di Renzi riscontriamo un approccio non di sana e comprensibile prudenza, ma di calcolo difensivista e “catenacciaro”. In particolare, ci sono due errori di fondo, che mostrano come, parole a parte, la sinistra fatichi a discostarsi dalla sua tradizionale mentalità in materia di tasse. Primo: non ha senso limitarsi a dire “no a nuovi aumenti di tasse” (mancherebbe solo che il Governo le volesse ancora aumentare!). Secondo: non è adeguato limitarsi a dire di voler disinnescare le clausole di salvaguardia (mancherebbe solo che il Governo le volesse far scattare!). Nel 2016, infatti, l'aliquota Iva del 10% passerebbe al 12, poi al 13% nel 2017, mentre quella del 22 salirebbe prima al 24, poi al 25 e al 25,5% nel 2018. Il che vorrebbe dire 12,8 miliardi di tasse in più nel 2016 e 19,2 nel 2017. Inutile sottolineare la gravità anche solo di un'ipotesi del genere!
Nel silenzio generale della politica e dei commentatori, nell'arco dell'ultimo anno la spending review che doveva servire a tagliare le tasse si è trasformata in una disperata corsa per evitare aumenti automatici di dimensioni apocalittiche. Il Governo Renzi dimostra così di aver perso la sua ambizione: bene che ci andrà, le tasse non aumenteranno. I tagli alla spesa di cui si parla da anni serviranno al massimo ad evitare che scatti la tagliola delle clausole di salvaguardia che stavolta Renzi non potrà dire di aver ereditato dai precedenti governi: si tratta infatti delle clausole che lui stesso ha inserito per poter spendere (male) risorse non ancora risparmiate!
Ma siccome la madre delle clausole di salvaguardia è sempre incinta, scopriamo che nelle pieghe del decreto legislativo sul riordino dei contratti ne è stata inserita un'altra, ancora più assurda, oltre ogni senso del ridicolo: un aumento dei contributi a carico dei datori di lavoro del settore privato e dei lavoratori autonomi nel caso in cui si rivelassero insufficienti le risorse stanziate dal Governo (1,886 miliardi) per la decontribuzione dei contratti a tempo indeterminato. Un esito paradossale: si pagherebbero più contributi per finanziare degli sgravi contributivi.