Fitto, il testo integrale del contro-Def dei 'Ricostruttori'
5. Abbiamo un triste presentimento: che i tagli alla spesa di Renzi saranno in gran parte tagli alle agevolazioni fiscali, cioè più tasse. Riordino di agevolazioni e sussidi alle imprese solo se collegato a corrispondenti tagli di tasse, come previsto dalla delega fiscale. Il Governo non può tagliuzzare qua e là, a casaccio, per tappare qualche buco. No al cherry-picking…
Nella delega fiscale avevamo ottenuto un principio sacrosanto: il doveroso riordino di agevolazioni fiscali (a favore dei cittadini) e sussidi (a favore delle imprese) doveva essere strettamente collegato a corrispondenti tagli di tasse.
Il Governo, invece, non può tagliuzzare qua e là, facendo cherry-picking, scegliendo una ciliegia nel cesto, solo per tappare qualche buco.
6. Situazione italiana rebus sic stantibus: in gara con Cipro per la maglia nera europea…
La previsione-outlook dell'Ue sulla crescita dei Paesi europei, diffusa poche settimane fa, mostra che quest'anno (2015) solo Cipro crescerà più lentamente di noi, mentre l'anno prossimo (2016) ci supererà anche Cipro e rischiamo di diventare maglia nera di chi cresce più piano in tutto il Continente. Questa è la situazione se non c’è un “colpo di reni”. E serve a poco parlare di “segnali positivi” quando tutti cresceranno a velocità molto più sostenuta rispetto alla nostra.
7. Gli errori di Renzi in Europa nell’ultima legge di stabilità: accettare la camicia di forza del 3% e dei vincoli europei
Nelle slide che hanno preceduto l’ultima legge di stabilità, Renzi ci aveva raccontato che la manovra era finanziata in deficit per 11 miliardi. Nelle tabelle il deficit si è ridotto a 10,4 miliardi. Dopo il compromesso con l'Ue non arriva a 6 miliardi. Grazie alla sua abilità comunicativa, il premier ha dato l'impressione di resistere alle pressioni rigoriste della Commissione europea (la lettera sbandierata ai quattro venti), ma il cosiddetto aggiustamento strutturale risulta ben più oneroso di quanto ci abbiano raccontato Renzi e Padoan. I 4,5 miliardi della lettera di risposta del ministro Padoan (che fanno scendere il ricorso al deficit dai 10,4 miliardi annunciati inizialmente a 5,9) sono aggiuntivi rispetto agli 1,6 miliardi previsti nel Def (0,1% del Pil): in totale 6,1 miliardi (lo 0,38% del Pil). Dunque, tra l'aggiustamento dello 0,5% del Pil chiesto dall'Europa e lo 0,1% proposto dal Governo, il “compromesso” è stato dello 0,38% (non lo 0,3 annunciato). E a venire sacrificati sull'altare dell'austerità sono stati, ovviamente, 3,3 miliardi che erano destinati al Fondo per la riduzione della pressione fiscale.
8. Un po’ di informazione su Renzi e le tasse. Cosa ha fatto di buono (poco) e cosa ha fatto di negativo, peggiorando la situazione
a) Ma quali 18 miliardi di tagli di tasse!!!
Altro che 18 miliardi di tasse in meno come ripetuto da Renzi in tutte le salse. Nell’ultima legge di stabilità, al netto delle maggiori entrate di natura fiscale (non è vero che non ci sono nuove tasse, come aveva assicurato il premier), si riducono a 9 miliardi scarsi. In pratica, Renzi è riuscito a stabilizzare il Bonus 80 euro (facendo ricorso a 6 miliardi di spesa in deficit), mentre le altre riduzioni di imposta sono compensate da maggiore prelievo fiscale.
b) Bonus Irpef: non un vero taglio di tasse
Il Bonus 80 euro era e resta spesa pubblica, non un vero e proprio taglio di imposte. Come si sa, infatti, a parità di reddito pensionati e autonomi sono esclusi dal bonus. Per questo si chiama bonus, perché non è un intervento che modifica il sistema di detrazioni e deduzioni. E' un “regalo”, un sussidio, per di più gravemente distorsivo rispetto alla progressività delle imposte. Per come è concepito, cioè non come normale detrazione, rischia tra l'altro di non produrre gli effetti desiderati sui consumi e, quindi, di stimolo alla crescita:
1) I beneficiari potrebbero decidere di non spendere gli 80 euro;
2) Qualora decidano di impiegarli per l'acquisto di beni consumo, potrebbero acquistare beni di importazione;
3) Lo scalone per cui il bonus si azzera rapidamente tra i 24 e i 26 mila euro di reddito scoraggia ore di lavoro straordinarie (perché rischiare di superare la soglia dei 24-26 mila euro di reddito quando 80 euro si possono guadagnare senza ore aggiuntive di lavoro?)
c) Tasse aumentate (alcune addirittura retroattivamente!)
Ben tre sono le tasse introdotte retroattivamente, in violazione dello Statuto del contribuente, della Delega fiscale, e dello stato di diritto:
1) Il ripristino delle aliquote Irap antecedenti al taglio del 10% deciso con il Decreto Irpef: la copertura di quel taglio (l'aumento della tassazione sulle rendite finanziarie) è confermata, mentre l'impiego (il taglio Irap), è cancellato, il che si traduce in un aumento netto di imposizione per 2 miliardi a valere sul 2014;
2) L'aumento della tassazione sui rendimenti dei fondi pensione, sui dividendi di fondazioni ed enti non commerciali, anch'esso dal 2014, e sulla rivalutazione del Tfr;
3) La tassazione sui rendimenti delle polizze vita per causa di morte.
In più, il Governo Renzi ha permesso ai Comuni di aumentare ulteriormente le tasse sulla casa, ha reintrodotto l'Imu agricola, ha colpito con maggiori imposte settori innovativi e promettenti come birra, sigarette elettroniche e pellet, ha regalato alla Siae uno spropositato e ingiustificato aumento dell'“equo compenso” sui dispositivi elettronici...
d) Gli aumenti delle addizionali Irpef con il silenzio-assenso del Governo Renzi
Negli ultimi due anni (2014 e 2015) Regioni e Comuni hanno alzato le rispettive addizionali Irpef anziché tagliare le spese. E il Governo ha dormito, se non acconsentito. Il prelievo medio delle Regioni è aumentato del 7,5% (+48% nel Lazio governato da Zingaretti) e c'è tempo addirittura fino all'assestamento di bilancio di luglio (dopo le elezioni, guarda caso) per ulteriori ritocchi. Aumenti analoghi anche dell'Irpef comunale: su 168 Comuni che hanno già deliberato la loro Irpef per il 2015, ben 33 l'hanno aumentata (Bologna, Livorno e Forlì fino allo 0,8%, l’aliquota massima consentita), ma c'è tempo fino alla fine di maggio (e anche oltre, se ci sarà una proroga) per approvare i bilanci e quindi gli aumenti. Già l'anno scorso, nel 2014, per effetto delle addizionali regionali e comunali l'Irpef era aumentata in oltre cento comuni capoluogo (dal +0,7% di Roma al +3,6% di Belluno). In pratica, i buchi creati dalle cattive amministrazioni locali anziché essere ripianati riducendo la spesa improduttiva li stanno ripagando i cittadini a suon di tasse. Da un'analisi del Sole24Ore emerge che, soprattutto per effetto delle addizionali, l'aumento dell'Irpef viaggia ad un ritmo doppio rispetto all'aumento dei redditi degli italiani e pesa su una platea sempre più ristretta di contribuenti. Il Governo non c'entra perché si tratta di aumenti decisi a livello locale? Sbagliato, dovrebbe essere il primo a preoccuparsene, invece, dal momento che di fatto vanificano completamente le timide riduzioni fiscali – e i loro effetti, già poco visibili, sull'economia – di cui Renzi si vanta.
9. L’Italia dimenticata: autonomi, partite Iva, pensionati, piccole imprese
In tutto l’operato economico di Renzi, c’è un punto fermo: favorire la sua base elettorale, e invece ignorare (o addirittura colpire) le aree sociali tradizionalmente meno orientate a votare a sinistra. Di qui, la disattenzione o l’attenzione negativa verso da una parte il mondo dei pensionati, e dall’altra il mondo dei commercianti, degli artigiani, delle piccole imprese, delle partite Iva e dei lavoratori autonomi. Tutti esclusi, per fare solo un esempio, dal Bonus 80 euro.
10. Nel Def, il Governo continua a dilatare all’infinito i temi di attuazione della delega fiscale, ma dimentica che (nonostante una proroga) tutto sta per scadere (a fine giugno)
Il Parlamento (relatore Capezzone, e con una inedita convergenza tra maggioranza e tutte le opposizioni, per una volta!) aveva licenziato una legge-delega fiscale importante, dopo pochissimi e intensissimi mesi di lavoro, con un'intesa su non pochi tratti innovativi e pro-contribuenti. Citiamo in ordine sparso: la riforma del contenzioso tributario; la riforma di agevolazioni e sussidi; un catasto finalmente dalla parte dei proprietari; un importante pacchetto di semplificazioni; la revisione dell'abuso del diritto; la fine di ogni intervento fiscale retroattivo. Il tutto ponendo davvero i presupposti per un cambiamento positivo, salutato e atteso da cittadini e contribuenti. Il Governo Renzi - diciamolo - aveva avuto un bel colpo di fortuna. L'approvazione parlamentare della legge avveniva (ripeto: marzo 2014) proprio nel periodo in cui il Governo giurava. Insomma, una specie di regalo fatto dal Parlamento al neonato Esecutivo. Il Governo non avrebbe dovuto fare altro, nei successivi dodici mesi, che varare un pacchetto di decreti attuativi, su un materiale già reso chiaro dai principi e criteri direttivi inseriti nella delega. E invece? Sono trascorsi più di 12 mesi, e risulta attuato non più del 10-15% della delega. Il Sole 24 Ore ha di recente usato l'aggettivo “ridicolo” per commentare l'operato del Governo. In 12 mesi, la miseria di tre micro-decreti, fino al pasticcio del 24 dicembre scorso, con un quarto decreto poi ritirato, che il Governo si era ben guardato dal sottoporre preventivamente alle Commissioni per un esame preliminare, come invece si era sempre impegnato a fare.