"Via della Seta, con l'Italia Pechino mira all'Europa. Il no Usa? In ritardo"
INTERVISTA/ Alessia Amighini, co-head dell'Asia Centre dell'Ispi, analizza gli scenari dell'accordo tra Italia e Cina sulla Belt and Road
Alessia Amighini, co-head dell'Asia Centre dell'Ispi, parla con Affaritaliani.it dell'accordo sempre più vicino sulla Nuova Via della Seta tra Italia e Cina, con la firma del memorandum of understanding (oltre ai singoli accordi specifici) che dovrebbe arrivare tra una decina di giorni durante la visita in Italia del presidente cinese Xi Jinping.
Alessia Amighini, l'Italia fa bene a firmare il memorandum di adesione alla Nuova Via della Seta?
Se fosse un modo per tirarci fuori dai soliti schemi e un modo per accelerare il dossier delle esportazioni italiane in Cina e implementare un'alleanza produttiva scientifica e tecnologica va benissimo. L'importante però è inserire paletti e principi chiari restando nell'ambito dell'integrazione del mercato unico istituzionale. Quando si parla però di investimenti cinesi in Italia resto perplessa. I cinesi sono già arrivati nei porti italiani senza bisogno del memorandum di adesione. Perché ora invece sembra che nulla si possa muovere senza il memorandum?
Qual è la possibile risposta a questa domanda?
Io credo che la firma del memorandum convenga molto alla Cina, non all'Italia. Che cosa cambi in concreto a livello di interscambio e di investimenti cinesi è tutto da capire, resta invece un gesto che, al di là delle intenzioni del governo italiano, assumerà una valenza politica. Quantomeno agli occhi degli Stati Uniti e dei nostri partner occidentali.
Qual è il vantaggio per la Cina?
L'Italia sarebbe il primo Paese del G7 a firmare il memorandum di adesione alla Belt and Road. E' chiaro che siamo diversi dagli altri paesei, anche europei, che hanno firmato in precedenza. Con la nostra adesione Pechino manderebbe un messaggio geopolitico molto chiaro. La Cina ha capito che questo è il momento per sfruttare, con grande abilità per altro, un problema interno occidentale.
Ma non si è sempre detto che alla Cina coviene un'Europa unita?
Agli occhi della Cina l'Europa non è già più unita. La Brexit è stata per Pechino l'inizio della fine, visto che il Regno Unito è sempre stata la base degli investimenti cinesi in Europa. Ora, anche considerando le divisioni all'interno del mondo occidentale in senso più vasto, includendo dunque gli Stati Uniti sempre più ripiegati su loro stessi, la Cina ha capito che può provare a sfruttare un'Europa sì riunita, ma alla "maniera" di Pechino.
Questo significa che c'è stato un salto di qualità nel progetto Belt and Road? La Cina con la firma dell'Italia porta alla luce il suo piano politico?
La Cina è già ampiamente presente sui Balcani e nell'Europa orientale con il 16+1 e ha un bilaterale molto forte con la Germania. Ora manca il riconoscimento diplomatico a un progetto che Washington considera "predatorio". L'Italia è stata individuata come l'anello debole da "conquistare": possiamo diventare la testa di ponte del progetto geopolitico cinese sull'Europa.
Gli Stati Uniti chiederanno esplicitamente all'Italia di non firmare?
Ritengo che la richiesta sia già arrivata, quantomeno a livello confidenziale. Il punto è che è tardi, arrivare a una richiesta ufficiale ed esplicita sarebbe un fatto grave e dilaniante.
Rischiamo una "ritorsione" da parte degli Usa?
Il rischio esiste, per questo andava prevenuto, sia da parte dell'Italia sia da parte degli Stati Uniti che avrebbero dovuto metterci nella condizione di non dover scegliere.
E se invece dovessimo fare un passo indietro? La Cina come reagirebbe?
La Cina aveva messo perfettamente in conto l'ipotesi di un nostro passo indietro. Per qualche giorno nelle comunicazioni ufficiali del governo cinese la visita di Xi Jinping in Italia era sovrapposta in calendario con una visita da un'altra parte. La posizione di Pechino è evidente: Xi Jinping viene per firmare il memorandum, altrimenti la visita sarà rivista o ridotta e diventare un rapido pit stop.
Insomma, comunque vada sarà un insuccesso?
Io credo che l'Italia firmerà. Un memorandum oppure altri accordi specifici, ma l'Ialia firmerà, altrimenti Xi Jinping non verrà. Siamo finiti in gioco troppo grande e il punto di non ritorno, comunque vada, è già stato superato.
@LorenzoLamperti
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