Via della Seta? E' già a Berlino. Germania-Francia-Uk: gli affari con la Cina
L'Europa dibatte sulla possibile adesione dell'Italia alla Belt and Road, ma intanto la Via della Seta terrestre arriva di fatto già in Germania
EUROPA/CINA, GIA' 11 PAESI UE HANNO ADERITO ALLA BELT AND ROAD
Bulgaria, Croazia, Estonia, Lettonia, Lituania, Polonia, Portogallo, Repubblica Ceca, Romania, Slovacchia, Slovenia. Non è una filastrocca ma un elenco degli 11 paesi dell'Unione europea che già fanno parte della Belt and Road Initiative (Nuova Via della Seta). Un elenco al quale potrebbe presto aggiungersi anche Malta. Senza contare gli altri Stati dell'Europa orientale e balcanica che non sono all'interno dell'Ue e comunque coinvolti nel progetto cinese, dall'Albania alla Serbia, dalla Bosnia alla Moldova. E i big dell'Europa occidentale? Con la Cina fanno grandi affari, in primis la Germania, che con Pechino ha un interscambio commerciale oltre tre volte più grande di quello dell'Italia. Berlino è di fatto già il terminale terrestre della Nuova Via della Seta. Eppure in questi giorni la vicina adesione dell'Italia alla Belt and Road sta agitando sia i partner europei sia, soprattutto, gli Stati Uniti.
IL PROFONDO RAPPORTO ECONOMICO TRA GERMANIA E CINA
La Germania è senza dubbio il paese con il rapporto commerciale più profondo con la Cina. Ci si lamenta spesso del fatto che l'Ue non sia in grado di interfacciarsi con il gigante asiatico in maniera compatta. Dalla Commissione Ue e dall'Europarlamento sono arrivati documenti e moniti in tal senso, ma la pratica, come spesso accade, è molto diversa. L'approccio bilaterale, che tanto fa comodo alla Cina (che in tal modo può far pesare al massimo le dimensioni del proprio immenso mercato), è stato adottato in merito per prima proprio da Berlino. L'interscambio fra Cina e Germania nel 2017 è stato di 179 miliardi di dollari. Una cifra monstre. L'economia tedesca è strettamente correlata a quella cinese. Non a caso il rallentamento della crescita di Pechino ha provocato, e provocherà, qualche scossone alla Germania. Angela Merkel, preoccupata dall'eccessiva dipendenza del suo export verso il Dragone, sta cercando di diversificare la sua politica economica orientale stringendo ed è protagonista di un avvicinamento al Giappone.
DUISBURG TERMINALE TERRESTRE DELLA NUOVA VIA DELLA SETA
La presenza delle aziende tedesche in Cina è radicata da diversi anni, in particolare nel settore automobilistico. Nel 2018 Bmw ha assicurato 4,1 miliardi di dollari alla sua joint venture cinese di cui detiene la maggioranza, grazie alla nuova legge cinese che consente ai partner stranieri di controllare le loro affiliate locali. La Basf è invece diventata la prima industria manifatturiera di totale proprietà straniera nel settore chimico in Cina dopo l'apertura di un impianto da dieci miliardi di dollari nella provincia di Guangdong. Senza contare che la Germania, ideale terminale della rotta terrestre della Nuova Via della Seta, nel cuore dell'Europa continentale, ospita già sul proprio territorio il capolinea fisico del progetto cinese. Dal 2011 arrivano infatti a Duisburg migliaia di treni direttamente dalla Cina, l'80 per cento del totale di quelli diretti in Europa. Proprio qui il colosso immobiliare cinese Starhai sta costruendo un business center di 120 mila metri quadrati. Ed è sempre a Duisburg che Xi Jinping si è recato in visita nel 2014.
LA COOPERAZIONE TEDESCA CON HUAWEI
Certo, Berlino non ha firmato l'adesione alla Belt and Road ma di fatto ospita il terminale dell'iniziativa sul suo territorio. La collaborazione con Pechino non si ferma qui. Il governo tedesco ha per ora resistito alle pressioni di Washington sul fronte delle telecomunicazioni, con la richiesta di escludere Huawei dai progetti di sviluppo del 5G. La Merkel sta invece lavorando per includere il colosso cinese pur garantendo gli standard di sicurezza, un po' come sta provando a fare anche l'Italia. Non solo. La città di Gelsenkirchen ha firmato nelle scorse settimane un memorandum di cooperazione con Huawei per lo sviluppo della smart city. Il ruolo di Huawei in Germania ha portato la Casa Bianca a minacciare "gravi conseguenze", senza dimenticare la possibilità dell'innalzamento dei dazi sulle automobili europee da parte degli Usa, misura che colpirebbe duramente proprio Berlino.
CINA-REGNO UNITO: 227 ACCORDI COMMERCIALI IN 10 ANNI
Molto sostanziosi anche gli affari tra Cina e Regno Unito, che in passato era il centro logistico e finanziario da cui Pechino curava i propri interessi commerciali in Europa. Ruolo che ora il Regno Unito sta perdendo a causa della Brexit. Non a caso tra i più arrabbiati per l'uscita di Londra dall'Ue (che la cronaca di questi giorni ci sta dicendo avvenire in maniera confusa e convulsa) figurano proprio i cinesi. Nel 2017 l'interscambio commerciale tra Londra e Pechino è stato circa la metà di quello tra Berlino e Pechino. Ma il Regno Unito è il paese che ha sottoscritto il maggior numero di accordi commerciali col partner asiatico, 227, nel decennio che va dal 2008 al 2018.
CINA-FRANCIA: LA SFIDA IN AFRICA
E la Francia? Emmanuel Macron si è recato nei giorni scorsi nel Corno d'Africa tra Gibuti, Etiopia e Kenya in una missione esplicitamente volta a contrastare l'espansionismo cinese nell'area. E più volte anche da Parigi sono arrivati moniti sull'importanza dell'azione unitaria nei confronti del competitor cinese. Insieme alla Merkel, dopo il caso della mancata fusione Alstom-Siemens, il presidente francese sta studiando una possibile riforma delle regole antitrust europee per consentire la nascita di grandi conglomerati continentali in grado di competere con i colossi del Dragone.
CINA-FRANCIA: PROFONDI RAPPORTI COMMERCIALI, ANCHE SUL NUCLEARE
Ma nei fatti la collaborazione commerciale tra Parigi e Pechino è molto profonda. Nel 2017, l'interscambio commerciale ha raggiunto i 54,6 miliardi di dollari, il 15,4% in più rispetto a 2016. E nei primi mesi del 2018, secondo gli ultimi dati disponibili, è salito ancora, attestandosi a 45,62%, vale a dire una crescita del 15,2% rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente. Nel gennaio 2018 Macron si è recato in Cina, dove ha siglato 20 accordi economici, commerciali e infrastrutturali. Tra i settori coinvolti l'aviazione, il commercio, la sanità, la cultura ma anche l'energia nucleare, con il coinvolgimento di big come Airbus e il portale di e-commerce cinese JD.com. Il tutto suggellato da promesse reciproche di maggiore apertura alle proprie aziende.
CINA-ITALIA: UN RAPPORTO COMMERCIALE DA MIGLIORARE, CON BUONA PACE DELL'UE. NODO MEMORANDUM PERMETTENDO
E l'Italia? Con 42 miliardi di interscambio commerciale nel 2017 viene dopo gli altri big dell'Europa occidentale, molto dopo. Naturale che il governo, sulla scia dell'apertura effettuata già negli scorsi anni dai governi Renzi e Gentiloni, voglia migliorare lo scambio economico con un mercato così importante. Gli accordi che dovrebbero essere firmati durante la visita di Xi Jinping in Italia dovrebbero aiutare in tal senso. La differenza, rispetto ai principali partner europei che fanno parte del G7, è la firma del memorandum of understanding della Belt and Road. Alla luce di quanto accade già da tempo per esempio in Germania potrebbe sembrare una piccola discriminante formale, che però agli occhi degli Stati Uniti in modalità guerra fredda 2.0 è del tutto sostanziale. Se firma sarà, come tutto lascia intendere, sta all'Italia il fondamentale e a questo punto solitario (dunque ancor più complesso), compito di aprire la strada a un modellamento sui principi europei dell'iniziativa cinese.
@LorenzoLamperti
Commenti