Via della Seta, la Cina vuole Trieste e Genova. Mediterraneo, mappa dei porti
Dal Pireo a Valencia, da Gibuti a Port Said e Alessandria d'Egitto, fino a Rotterdam. Con un occhio su Trieste e Genova. La mappa dei porti "cinesi"
Via della Seta, Mediterraneo sempre più strategico per la Cina
Il Porto del Pireo in poco tempo è diventato uno dei più affollati del Mediterraneo. Grazie alla proprietà cinese ha triplicato i volumi di container in appena sei anni. Colossi come Hewlett & Packard, Sony e Hyundai hanno scelto lo scalo ellenico come prima destinazione per raggiungere l'Europa. Il Pireo parla cinese, la China Ocean Shipping Company (Cosco) lo ha acquistato all'inizio del 2016 (il 67%) staccando un assegno di 368,5 milioni di euro e un piano di investimenti di 350 milioni in 10 anni. Il porto del Pireo è finito nelle braccia dei cinesi con la benedizione delle istituzioni europee. Anzi. Atene è stata obbligata a vendere pezzi del proprio sistema infrastrutturale per rispettare il piano di salvataggio. Per le autorità di Pechino l'acquisizione del Pireo rappresenta una mossa di fondamentale importanza strategica, oltre che simbolica, per realizzare un hub nel Mediterraneo che è elemento centrale nella strategia cinese di penetrare in Europa e in Africa. In pochi anni il Pireo è diventato il terzo porto container del Mediterraneo con quasi 4,5 milioni di tonnellate e l'obiettivo di arrivare a 10 milioni entro i prossimi otto anni, come evidenziato nell'ultimo rapporto sull'economia marittima del centro studi SRM (Intesa Sanpaolo).
Ecco perché la Cina vuole i porti italiani
L'espansionismo della Cina nel Mediterraneo riflette le strategie di Pechino di penetrazione commerciale nel vecchio continente e in Africa assicurandosi maggiore controllo sulle rotte, i terminal e flussi commerciali. Il fronte marittimo rappresenta una priorità per la Cina dal momento che il 60% dell'export cinese avviene via mare. E la centralità del Mediterraneo non si esaurisce con l'hub del Pireo. Due anni fa la Cosco è sbarcata in Spagna, rilevando per 200 milioni di euro il 51% della Noatum Port Holdings che tra i maggiori asset comprende due terminal container, uno a Valencia e uno a Bilbao. Negli ultimi quattro anni Pechino ha investito anche sui porti africani, a Port Said e Alessandria in Egitto, a Kumport in Turchia. La Cosco controlla il terminal Haifa in Israele, detiene partecipazioni di minoranza nel Khalifa Port Container Terminal 2 negli Emirati Arabi e nel canale di Suez. Ma c'è soprattutto il ruolo di Gibuti, diventato testa di ponte per la presenza cinese nel continente nero, con un porto che potrebbe essere presto in grado di rivaleggiare con l'importanza di Suez a livello logisitico.
Le mani della Cina anche sul Nord Europa
Ma oltre al Mediterrano, la Cosco ha messo le mani anche nel Nord Europa entrando a Rotterdam, primo scalo europeo con 14 milioni di tonnellate. Cosco ha acquisito il 35% di Euromax Terminal per 125 milioni, 2,5 milioni di tonnellate di capacità e target di superare i 3,2 milioni. Contestualmente da tre anni è operativo il collegamento ferroviario Chengdu-Tilburg-Rotterdam-Express (8 mila Km in 15 giorni). Tornando al Mediterrano, la strategia cinese non guarda solo alle coste europee.
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