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Politica
M5s, “Grillo irriconoscibile. Crimi auto-reggente”. L’ira del ribelle Cabras

Il suo sarà un no secco e deciso alla fiducia. Ma non ha intenzione di aderire a nessun’altra iniziativa politica: “Continuerò la mia battaglia all’interno del Movimento. Poi se vorranno espellermi, anzi espellerci, ne prenderemo atto”. Lo dice, intervistato da Affaritaliani.it, il deputato Cinque stelle Pino Cabras, tra i più critici rispetto alla strada intrapresa dal M5s. La soluzione per Cabras è una sola: “Ritirare la delegazione al governo perché questo non è un esecutivo sul quale possiamo minimante incidere e portare avanti le nostre battaglie”.

Cabras, quindi, lei non ha intenzione di votare la fiducia al governo Draghi?
Sono per il no e la mia è una scelta netta. Perché fino a ora abbiamo visto che tutto è a scatola chiusa. Non sappiamo nulla del programma reale di Draghi, ma conosciamo la sua storia e le sue esternazioni degli ultimi tempi. Tutto porta ad una sola conclusione.

Quale?
Che con un governo di questo tipo è necessario scegliere di non partecipare, ma di fare un lavoro di normale opposizione democratica.

E’ consapevole che, secondo le regole del Movimento, in questo modo lei si pone automaticamente fuori?
Intendiamoci sulle regole. C’era il vecchio principio di Giolitti secondo cui le regole per gli amici si interpretano e per i nemici si applicano. Ecco, c’è da chiedersi piuttosto quali regole Crimi stia applicando e quali invece no.

Chiediamocelo.
Crimi, ad esempio, non ha applicato una regola chiave riguardo la sua funzione di capo politico facente funzione.

Sarebbe?
Avrebbe dovuto trovare una soluzione sulla guida del Movimento entro 30 giorni dalle dimissioni del suo predecessore Luigi Di Maio. E, invece, sono passati 400 giorni e ancora si auto-regge. Quindi, cosa legittimerebbe dal punto di vista normativo i suoi atti?  Questa non è una questione che si può risolvere a colpi di regolamento. E’ una questione politica. C’è un dissenso profondo in larghissima parte del M5s. Anche se il quesito su Rousseau fosse stato manipolato, comunque, l’esito del voto rileva che c’è un 40 per cento nettissimo in dissenso con la scelta di aderire al governo. Ma non se ne tiene minimamente conto.

Tuttavia, in democrazia la maggioranza vince, alla fine. Chi perde dovrebbe adeguarsi. Non le pare?
Non credo che la maggioranza degli iscritti sia favorevole al governo Draghi. E si deduce in maniera chiara se si analizzano i fatti e i comportamenti dei tanti iscritti, attivisti ed elettori che in questo momento stanno battagliando per farci conoscere la loro posizione.

La via d’uscita quale sarebbe?
Non far parte di questo governo, ritirare la delegazione. Non ce lo prescrive il medico di farne parte. Tra l’altro da una posizione minoritaria e ininfluente. Con ministeri non di spesa. Al punto in cui siamo, se si vuole davvero vigilare su come vengono impiegate le risorse pubbliche, c’è una strada lineare per farlo. Esiste in tutti i parlamenti e si chiama opposizione.

Beppe Grillo si è speso molto per questo governo. Quindi, secondo lei, ha sbagliato il fondatore del M5s?
Grillo è letteralmente irriconoscibile. Siamo di fronte a una profonda revisione di tutto quello che è stato e di tutto quello che ha ‘predicato’ nelle piazze per 15 anni. Anche di più, se estendiamo la sua critica al potere pure al periodo in cui si è costruito una reputazione di persona che voleva combattere tutto ciò che il mondo delle banche e della finanza rappresentano. Questo colpisce psicologicamente e umanamente. Ma politicamente non si obbedisce alla cieca. Grillo non è un pastore e noi non siamo pecore. Siamo persone che valutano e decidono con la propria testa.

Alessandro Di Battista, di fronte a questo cambio di pelle del Movimento, ha fatto un passo indietro. Lei cosa farà?
Cosa fare dovrebbe chiederselo il nostro gruppo dirigente che continua pervicacemente, contro ogni invito alla prudenza, a seguire la strada dell’esecutivo Draghi. L’altro giorno, durante l’assemblea dei parlamentari, le relazioni erano tutte del tipo: “Siamo riusciti ad ottenere questo ministro, forse otterremo questo sottosegretario”. Insomma, non c’è un’analisi di fase, come si diceva un tempo in politica. Nessuno si interroga su cosa sta accadendo.

E cosa sta accadendo?
Stiamo assistendo all’instaurarsi di un governo sostanzialmente tecnico, con la politica in funzione ancillare. E questo, combinato con la crisi economica, dovrebbe suscitare un grande alert. Invece, si pensa soltanto a stare nei ministeri. Ecco perché insisto: l’unico modo per uscirne è che i dirigenti ripensino totalmente quello che hanno fatto.

Lo crede possibile?
Sono pessimista sulla loro volontà di farlo.

Nel caso in cui si concretizzasse un’iniziativa politica prendendo a prestito il simbolo dell’Italia dei valori, lei sarà della partita?
Le battaglie vanno condotte fino in fondo dall’interno. In questo momento io sto cercando di far cambiare idea al M5s. Poi, decideranno i vertici se espellermi. Anzi, se espellerci, visto che saremo in tanti a votare no alla fiducia.

Quanti sarete?
Do per certi i no di una decina di senatori e di una decina di deputati. Altri sono ancora indecisi tra il voto contrario e l’astensione, ma anche in questo caso parliamo di decine e decine di parlamentari.

L’ex premier Giuseppe Conte potrebbe essere la persona giusta per ricompattare il Movimento?
Non lo vedo adatto per questo tipo di funzione. Conte ha la qualità di essere un mediatore. Utilissima per un governo di coalizione e, infatti, in due governi di coalizione è stato un eccellente negoziatore. Un’altra cosa, però, è essere leader di una formazione politica che, tra l’altro, viene da decenni di intransigenza. Per tale ragione, queste sue caratteristiche non mi sembrano adatte a guidare un movimento come il nostro, ma più consone a guidare una formazione di tipo democratico-centrista oppure, appunto, una coalizione. E’ qui che Conte ha delle carte da giocare.
 

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