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Politica
Governo Meloni: perché utile al mondo liberale (mentre la Lega rischia di perdere fette di Zaia-rismo)
Giorgia Meloni

Governo Meloni, il dialogo costruttivo offerto da Calenda e il nodo della Lega

La lettura del contatore politico segna un grande consumo di energia, mentre quest’ultima viene risparmiata nelle case degli italiani.

Metafora a parte, nelle ultime ore Calenda ha offerto un dialogo costruttivo direttamente al Presidente del Consiglio Giorgia Meloni che, da parte sua, ha risposto: “la settimana prossima”.

Qual è il motivo di una presa di tempo del genere se si può lavorare a migliorare la Manovra finanziaria da subito?

Senza dietrologie, Giorgia Meloni certamente non è una persona che le manda a dire, né un politico che parla per poi smentirsi. Su questo c’è ampio riconoscimento.

Il punto è un altro. Il sottotraccia del “diamoci 7 giorni” può tradursi in una apertura costolare (cioè propriamente dello “stare vicino”).

Quando il due ottobre scorso (e prima ancora il venticinque agosto) fu anticipato, in editoriale con Affaritaliani, che il duo Renzi-Calenda avrebbe sfruttato le operazioni politiche cruciali per delegittimare Salvini davanti agli occhi di Giorgia Meloni (e mettere i berlusconiani pian piano davanti ad un out out), non si era formato ancora il Governo attuale.

L’incontro tra Calenda e Meloni implicherebbe, pertanto, una valutazione ulteriore. Non è stato scelto il Parlamento, quale sede naturale, per discutere della Manovra, emendarla, ecc.È stato scelto uno strumento d’interlocuzione diverso (a rigor di memoria insolito): una forza politica dichiaratamente di opposizione va parlare non con il Governo, ma solo con chi rappresenta quest’ultimo.Un dato Costituzionale ci viene in aiuto: ai sensi dell’art. 95 “Il Presidente del Consiglio dei ministri dirige la politica generale del Governo e ne è responsabile”. Ciò non significa, ovviamente che il Governo non deve includere le interlocuzioni con le opposizioni, ma esiste la via istituzionale per farlo ovvero, come accennato, Camera e Senato.  

L’invito di Calenda, quindi, può essere interpretato come un fine atto politico oppure come il più scontato dei passaggi (stando a quanto già anticipato in altri editoriali) per farsi considerare da Giorgia Meloni.

A quest’ultima ipotesi è difficile dare credito benché si possa pensare anche ad un mero volere mettersi a servizio del Paese a prescindere dal colore del Governo in carica.

Se così fosse occorrerebbe dire “bene così” ai calendiani, ma questo è positivo sul piano del fare responsabile dell’agire politico.

Il rovescio della medaglia ha un’altra simbologia: chi licenzia la Manovra finanziaria? Il Ministero sotto lente d’ingrandimento è in quota Lega e si tratta di Giancarlo Giorgetti; fedelissimo salviniano, quest’ultimo, nonché il più governista dell’ambiente pontidiano che si possa ricordare.

Se la matematica non è un’opinione, i numeri che vengono proposti con la “contro-manovra” descritta pochi gionni fa anche da Mara Carfagna, neo presidente di Azione, a Porta a Porta da Bruno Vespa, hanno il sapore di bodyguardismo politico.  Della serie “Cara Giorgia, ti scriviamo per dirti che Salvini e Co. stanno facendo cose controproducenti per te e per il Paese”.

Questo ragionamento, se lo prendiamo per quel che il retroscenismo politico può suggerire, si traduce in un vero e proprio flirt d’altri tempi (cosa che nella Prima repubblica sapevano bene, ma che si chiamava legge proporzionale pura).  Stai a vedere che il Governo Meloni, semmai dovesse cadere in futuro, lo farà proprio qualche mese prima della nota al Def quando la Lega dovrà far i conti di primo anno con le regioni che governa ed a cui non dà risposte, addirittura, lasciando Zaia solo nella lotta contro le trivellazioni?

Morale della favola, immaginando una eventuale nuova scacchiera di gioco, la Lega si potrebbe scomporre e l’8% parlamentare diventerebbe, nel mondo reale, circa il 4% il cui resto andrebbe verso Meloni (anche se già diversi sondaggi registrano circa il 30% di gradimento post-elezioni per la leader di Fratelli d’Italia).

Nel frattempo Forza Italia cerca di non flagellarsi per il peccato originario: non sapere decidere cosa c’è dopo Berlusconi. Se tutto va bene ai forzisti, con quell’8% delle ultime elezioni si può stare tranquilli un altro po'.

Ma torniamo alla riflessione principale. Perché Calenda offre un dialogo sulla Manovra finanziaria ottenendo da Giorgia Meloni una risposta personale di disponibilità piuttosto che l’invito al confronto in Parlamento? Chissà se non si tratti di accenno di rodaggio.

D'altronde dell’autonomia differenziata, non c’è più l’ombra.

Della differenza di autonomia politica, invece, si. E da Pontida iniziano a reclamare fortemente.

Nel frattempo i liberali dovrebbero organizzare un fronte allargato ai popolari se non vogliamo una legislatura morta dopo il Governo Meloni numero uno.

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