La politica corre. Velocissima. E la cronaca quotidiana da Palazzo Madama, vero cuore dei movimenti del e nel Palazzo, ridisegna alleanze tra i partiti e dentro i partiti. Il cambio di rotta di Italia Viva, che ha deciso di votare a favore dell'autorizzazione a procedere nei confronti di Matteo Salvini sul caso della Open Arms, segna la fine del fidanzamento mai ufficializzato, nonostante l'autorevole ruolo di collante svolto da Denis Verdini (ex alleato e quasi suocero) tra Matteo Renzi e il leader leghista. In realtà, a spingere l'ex premier toscano a scaricare il Matteo lombardo è stato l'ottimo risultato portato a casa dalla sua piccola (nei sondaggi) Italia Viva nella partita delle presidenze delle commissioni parlamentari che tanto ha stravolto i 5 Stelle, almeno così raccontano in Transatlantico. Ottenuto il massimo, Renzi si è allineato alla maggioranza (come era già accaduto ad esempio sulla mozione di sfiducia al Guardasigilli Alfonso Bonafede).
La seconda grande svolta è accaduta sempre a Palazzo Madama. La decisione del Centrodestra unito di astenersi sul terzo scostamento di bilancio (del tutto inutile visti i 170 voti trovati dal governo) segna la fine della politica pro-Conte di una parte di Forza Italia e caldeggiata in particolare dall'ex sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gianni Letta. Scelta che ha portato Sandra Lonardo a lasciare gli azzurri troppo salviniani. E non a caso la moglie di Clemente Mastella ha spiegato di "non essere l'unica, altri mi seguiranno". Alla fine in Forza Italia, al momento, sembra prevalare la linea dei fedelissimi dell'unità del Centrodestra, capeggiati dai due capigruppo Gelmini e Bernini, dalla superberlusconiana Licia Ronzulli e ultimamente in parte anche da Antonio Tajani.
Terzo cambiamento dagli esiti ancora incerti è quello che sta accadendo nel Movimento 5 Stelle dopo il caso in Senato sulle commissioni con ben due riconferme di leghisti (Agricoltura e Giustizia). Emblematiche le parole del sottosegretario Alessio Villarosa: "L’assetto istituzionale realizzato non risulta in equilibrio e soprattutto non rappresenta il M5S quale principale forza politica in Parlamento. Con un vero e legittimo capo politico una forzatura così eccessiva, di certo, non l'avremmo mai avuta". Nel mirino sono finiti i capigruppo ma soprattutto Vito Crimi con molti parlamentari che rilanciano un ruolo di primo piano dell'ex capo politico e ministro degli Esteri Luigi Di Maio. Tra i pentastellati c'è fermento e dopo l'estate potrebbero esserci non pochi colpi di scena, sia ai vertici del Movimento sia in Parlamento.
Infine il Pd. Il no al Mes di M5S e premier, la partita sulla gestione dei fondi del Recovery Fund e l'emergenza immigrazione che ridà fiato a Salvini (ma rafforza anche la Meloni) hanno portato Nicola Zingaretti a fare qualche timida uscita non proprio allineata rispetto alla posizione di Palazzo Chigi. Segno che tra i Dem serpeggia nervosismo e cresce la preoccupazione in vista delle elezioni regionali del 20-21 settembre.
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