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Politica
Lega, guerra interna? No, ma... Ecco che cosa accade tra Salvini e Giorgetti
lapresse

Lega spaccata. Lega in declino. Salvini nell'angolo. I titoli dei giornali sono roboanti e altisonanti per descrivere quanto sta accadendo nel primo partito italiano (fino a prova contraria le ultime elezioni che hanno interessato l'intero territorio nazionale sono le Europee del 2019 e i dati sono incontrovertivili). Ma che cosa c'è di vero in quello che i media, soprattutto alcuni come Repubblica e Il Fatto Quotidiano (guarda caso), descrivono come una lotta interna per bande nel partito fondato da Umberto Bossi?

Parlando con i massimi esponenti del Carroccio il quadro che emerge non è quello di una dura contrapposizione e l'uscita di Francesca Donato, europarlamentare pronta tra qualche settimana a entrare in Fratelli d'Italia, non è l'inizio della slavina. In Via Bellerio esistono due visioni su come stare all'interno del governo guidato da Mario Draghi.

Quella dei ministri, primo fra tutti ovviamente il capodelegazione e titolare dello Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti, sostiena la tesi per cui in questa fase sia necessario essere allineati con le decisioni di Palazzo Chigi perché la ripresa economica in atto, perfino superiore alle previsioni, darà i suoi frutti proprio in prossimità delle prossime elezioni politiche. E, quindi, con un atteggiamento 'draghiano' anche la Lega potrà vantare i risultati ottenuti, in particolare a favore delle categorie produttive, piccoli imprenditori, artigiani e partite Iva presenti soprattutto al Nord (storico bacino elettorale leghista). Su questa posizione anche i Governatori, in particolare i tre delle regioni settentrionali (Luca Zaia, Attilio Fontana e Massimiliano Fedriga), chiamati a gestire quotidianamente la lotta contro la pandemia.

Matteo Salvini, invece, ritiene che oggi la Lega debba anche dare risposte a chi, ad esempio sul Green Pass obbligatorio, non è d'accordo in modo tale da ascoltare quella fetta di popolazione che altrimenti, inevitabilmente, finirebbe quasi tutta verso Giorgia Meloni. Ma dall'ala governativa ribattono che con questa linea ondivaga e non sempre chiara, come abbiamo visto in queste settimane sui vari Decreti Green Pass arrivati in Parlamento, si finisce per non accontentare né i moderati né i protestatari che comunque si spostano quasi naturalmente su chi rappresenta sostanzialmente l'unica opposizione all'esecutivo di larghe intese.

E' qui il nodo, e tutto qui. Due interpretazioni differenti di come stare nel governo di unità nazionale di Draghi. Salvini non ha alcuna intenzione di uscire, come ha più volte ribadito anche ad Affaritaliani.it, ma pensa che occorra differenziarsi in particolare su alcuni temi specifici.

Per il resto, sul piano dei parlamentari e del movimento, c'è poco da discutere. I cosiddetti 'giorgettiani' doc a Montecitorio e a Palazzo Madama sono pochissimi, forse meno di dieci su quasi 200 parlamentari mentre tra i militanti la base è fedele al segretario, che non va mai dimenticato ha portato il partito dal 3% a oltre il 30 in pochi anni. I militanti del Centro-Sud sono tutti con Salvini, senza se e senza ma, al Nord ci sono alcune aree dove è ancora forte la spinta autonomista, Veneto soprattutto (quindi Zaia), e la salvaguardia degli interessi delle categorie produttive, molto forte in Lombardia e in Piemonte, porta una fetta a guardare con attenzione anche al pragmatismo di Giorgetti e dei Governatori.

L'ala più oltranzista - da Claudio Borghi ad Armando Siri, da Alberto Bagnai a Simone Pillon - è per certi versi propedeutica al progetto di Salvini di 'tenere buoni' anche i protestatari, ma spesso rischia di far emergere una Lega spaccata che poi porta a quei titoloni di Repubblica e de Il Fatto. Poi, chi conosce il Carroccio a fondo, sa che le cose spesso non sono come vengono descritte e raccontate.

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