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Politica
"No al Mes, nessun giochino. Scambio con Autostrade? Non esiste"

All’indomani dell’incontro Conte-Merkel e alla vigilia delle comunicazioni alle Camere del premier in vista del Consiglio europeo del 17 e 18 luglio, il Movimento cinque stelle ribadisce la posizione che sosterrà in Aula. Lo fa con il vicepresidente M5s alla Camera Filippo Scerra. Il deputato, membro della commissione Politiche Ue, contattato da Affaritaliani.it, sostiene un serafico “No al Mes, senza se e senza ma” e “sì al Recovery fund, l’ultimo ma decisivo strumento su cui davvero si potrà misurare la svolta dell’intera Europa”.  Neppure un eventuale voto domani su delle risoluzioni a favore del Fondo salva Stati, come quelle di +Europa o Forza Italia, fa tentennare Scerra che chiosa: “Nell’eventualità, noi voteremmo contro. Un voto diverso da parte di altre forze politiche non darebbe un bel segnale, ma comunque il governo è al sicuro”.

Scerra, partiamo dall’incontro di ieri al Castello di Meseberg tra Conte e Merkel. La strada rimane in salita, non le pare?
Il bilancio, a mio avviso, è positivo perché è normale che in questa fase interlocutoria Merkel abbia cercato un punto di caduta che si discostasse leggermente dal punto di partenza, fa parte del gioco. Rimane ed è importante l’apertura della Germania e, in particolare, della cancelliera rispetto alle richieste italiane e degli altri Paesi del Sud.

Quindi, è ottimista?
Se penso a due mesi e mezzo fa non posso non sottolineare che sono stati fatti passi avanti enormi. Merkel si è resa conto che ad essere in gioco è il destino dell’intera Europa. Credo che la cancelliera questo importante appuntamento con la storia non lo mancherà.

Domani ci saranno le comunicazioni del premier Conte sia alla Camera che al Senato, in vista del Consiglio europeo del 17 e 18 luglio. Appuntamento decisivo a Bruxelles per capire che piega prenderà il Recovery fund. Per il M5s rimane l’unico strumento su cui puntare?
Non è il solo ma è quello decisivo. Ci sono state le iniziative della Bce con il suo piano pandemico, c’è stato un allentamento sulla disciplina degli aiuti di Stato. E, poi, ancora, una maggiore elasticità sull’utilizzo dei fondi europei, oltre alla sospensione del Patto di stabilità e crescita. Tutti strumenti utili, ma che da soli non sono sufficienti. Ecco perché, a questo punto, il Recovery fund diventa quello più rilevante.

Perché?
Con la sua portata, parliamo di 750 miliardi di cui 500 a fondo perduto, è chiaro che è decisivo per disegnare il futuro dell’intera Ue. Per tale ragione non accettiamo passi indietro o compromessi al ribasso e continuiamo a confidare nell’ottimo lavoro condotto dal premier Conte nei negoziati.

Se i Paesi frugali dovessero continuare a mettersi di traverso, però, il primo rischio concreto sarà che i tempi si allungheranno, ma l’Italia ha bisogno di risorse subito. Come se ne esce?
Dobbiamo guardare la realtà ed esser pragmatici: ci sono 4 Paesi su 27 che hanno delle remore sulla proposta della Commissione, poi avallata da Consiglio europeo. Sono quattro Paesi importanti, ma che non sempre si sono comportati in maniera esemplare.

Pensa all’Olanda?
L’Olanda è il principale paradiso fiscale europeo che da anni danneggia le altre economie dell’eurozona, incluso il nostro Paese. Si tratta di oltre 6 miliardi di tasse che non arrivano in Italia. Comunque, sono convinto che entro fine luglio una soluzione sarà trovata perché i cosiddetti Paesi frugali comprenderanno che è anche nel loro interesse farlo. L’Europa è infatti interconnessa: gli effetti negativi di un eventuale fallimento delle trattative si riverbererebbero a cascata anche su di loro. Ecco perché continuare ad alzare muri sarebbe soltanto miope e poco lungimirante.

Sul Mes siete isolati in maggioranza. Non crede che, rispetto alle condizionalità che pure comporterà il Recovery fund, soprattutto in termini di riforme da garantire, i paletti del fondo Salva-Stati siano tutto sommato accettabili?
Il lavoro del premier sul Recovery fund è proprio quello di evitare pesanti condizionalità macroeconomiche, al netto di un monitoraggio per evitare spese dissennate che invece è giusto ci sia. Sul Mes, al contrario, queste condizionalità sono inevitabili. Anche perché i Trattati non sono stati modificati. Si tratta di un prestito, non dimentichiamolo. Siamo convinti che non serva al nostro Paese indebitarsi. Ci esporrebbe, tra l’altro, a un effetto stigma, senza ricavarne neppure un guadagno.  

+Europa e Forza Italia si preparano a presentare domani delle risoluzioni a favore del Mes. Nell’eventualità di un voto, le differenti posizioni in seno alla maggioranza, soprattutto al Senato, potrebbero mettere a rischio la tenuta del governo. Non crede?
Il Movimento voterebbe no. Su questo non ci sono dubbi. Le altre forze politiche darebbero un segnale negativo, certo. Ma sarebbe una spaccatura non foriera di conseguenze gravi per il governo.

Oggi ci sarà il Cdm per sciogliere il nodo Autostrade. Nessun ripensamento da parte vostra rispetto alla revoca tout court delle concessioni? 
Guardando in maniera obiettiva all’intera vicenda, penso che questa revoca non sia una vittoria di nessun partito e che, in caso contrario, si tratterebbe di una sconfitta per gli italiani. Per una ragione molto semplice.

Quale?
Testimonierebbe ancora una volta una soggezione e una debolezza nei confronti un privato che si è arricchito con piani tariffari spropositati, per tacere della tragedia del crollo del ponte Morandi. Ma diciamola tutta.

Prego.
Aspi, da parte sua, avrebbe comunque potuto provare a mettere in difficoltà tutti noi con un’offerta irrinunciabile. E, invece, nell’ultima proposta non ha detto nulla di nuovo. Di fronte a tutto quello che è accaduto, dalle mancate manutenzioni alla tragedia del crollo, quindi, non c’è altra strada da seguire se non quella della revoca. Lo definirei un atto normale per un Paese civile.

Dimentica, però, le conseguenze a lungo termine derivanti da eventuali ricorsi anche da parte degli azionisti.
E’ da due anni che Conte studia i dossier, sono stati fatti tutti i check. E, poi, c’è stata una sentenza che dice chiaramente che la possibilità della revoca non è contra legem. Tutti elementi che, insomma, rafforzano la nostra convinzione di essere dalla parte giusta.

Revoca delle concessioni per accontentare il M5s e sì al Mes come chiede il Pd: si va verso questo do ut des?
Nulla di vero. Il Movimento su tematiche di questo genere non fa giochini. Nessun do ut des. Dal ‘no Mes’ non ci spostiamo. Mentre la revoca ai Benetton è un atto di giustizia, lo dobbiamo alle 43 vittime e ai loro familiari.

 

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