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Politica
"Non ci facciamo divorare dal drago. Il governo delle banche contro il Sud"

 

Il cerchio si è chiuso: il salvatore della patria ha licenziato la squadra di governo e liquidato ogni residua speranza (per i pochi che, nonostante ogni evidenza, la nutrivano) di un’uscita dalla crisi che non fosse una brutale restaurazione del capitale, che approfitta cinicamente della debolezza di un paese fiaccato dalla pandemia, dalla povertà e dall’assenza di un’alternativa credibile.

La presenza di Gelmini agli affari istituzionali e le autonomie e Carfagna al ministero per il sud e la coesione sociale ne sono un’allarmante dimostrazione. L’autonomia differenziata rischia di precipitare nel peggiore dei modi: si profila un separatismo del nord, che tenterà di accaparrarsi risorse nell’intento di salvarsi da solo, trascinandoci invece tutti nel baratro. I ministeri del turismo e dello sviluppo economico nelle mani della Lega rivelano quale sarà l’orientamento del governo in settori nevralgici per il futuro dei territori. Né può rassicurare la posizione espressa da Bonaccini sulla distribuzione dei fondi. Tutti uniti in un vero e proprio progetto neoliberista e separatista.

La lotta contro il regionalismo differenziato oggi è più che mai urgente, la questione meridionale deve incrociare un’opposizione generale contro il governo delle banche e dei padroni per la costruzione di un’alternativa sociale e politica a questo scempio.

Maurizio Acerbo, segretario nazionale
Tonia Guerra, responsabile campagna contro ogni autonomia differenziata

Partito della Rifondazione Comunista - Sinistra Europea

 

Rifondazione Comunista: Franceschini, ancora?
 


 

 

E Franceschini sarebbe il migliore? Il ministro democristiano che si è ben adattato a tutti i governi: Renzi, Gentiloni, Conte e ora Draghi?

Il  ministro che ha costantemente e pervicacemente legato la cultura e i beni culturali al mercato, il ministro che ha decretato ufficialmente la mercificazione della produzione artistica e del patrimonio culturale? Il ministro che ha fatto le peggiori riforme del cinema e dei beni culturali?

Franceschini è stato il ministro che in tutti questi anni e in tutti questi governi ha lasciato tutti i settori della produzione, delle attività e dei beni culturali allo sbando.

Franceschini è un ministro della cultura che prende in considerazione la cultura e i beni culturali solo in quanto e se possono produrre utile economico. Che considera la cultura nient’altro che “tempo libero”, oltretutto non “redditizio”.

Che durante la pandemia ha fatto chiudere musei, gallerie, sale cinematografiche e teatrali, sale per concerti e biblioteche lasciando aperti i centri commerciali (questi sì utili al Paese).

Un ministro della cultura che ha sempre più e ostinatamente eliminato il sostegno diretto alla produzione e ai beni culturali sostituendolo con quello indiretto della defiscalizzazione alle imprese: che vuol dire appunto più sei forte sul mercato più lo Stato ti sostiene.

Un ministro della cultura che in tutti questi anni non ha fatto nulla per dare dignità e diritti ai lavoratori della produzione artistica e dei beni culturali. 

Ma la cultura non è una merce. E’, insieme alla formazione, uno degli strumenti più importanti di conoscenza della realtà, di formazione di una coscienza critica: la cultura, la molteplicità delle culture sono nutrimento delle intelligenze, antidoto al pensiero unico e all’omologazione culturale. E dunque strumento della lotta contro il genocidio del mercato, il neoliberismo, le disuguaglianze, le discriminazioni, le guerre.

Occorrono allora riforme strutturali per combattere la precarietà e l’intermittenza del lavoro nei beni e nelle attività culturali e che riconoscano ai lavoratori della cultura diritti e ammortizzatori sociali.

Occorre riportare al centro il ruolo dello Stato anche nella cultura, nella consapevolezza che l’unico utile da ricercare è l’utile sociale; occorre che la cultura, la sua produzione e la sua fruizione, diventi realmente un diritto di tutti, come sancito dalla Costituzione. Che la si consideri un valore in sé, uno degli strumenti più importanti per una reale democrazia.

Ma, come richiesto da Mattarella, il profilo di questo governo è evidentemente “talmente alto” e legato alle banche e alle imprese da non aver bisogno della cultura.

 

Stefania Brai
Responsabile nazionale cultura del Partito della Rifondazione Comunista /Sinistra europea

 
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