Il blitz guidato dagli amministratori locali del Pd, sostenuti da una parte di Base Riformista, contro il segretario Dem Nicola Zingaretti e il gruppo dirigente del Nazareno - da Goffredo Bettini al ministro Andrea Orlando - si scontra contro un muro di nome Dario Franceschini. Il titolare della Cultura e capodelegazione del Partito Democratico al governo, secondo quanto risulta ad Affaritaliani.it, di fronte allo scontro in atto nel Pd non ha alcun dubbio e si schiera al fianco del Governatore del Lazio.
Fonti qualificate della maggioranza Dem definiscono il fronte degli amministratori come diviso e scomposto. Oggi uniti nell'attaccare il segretario, spiegano, se si andasse davvero a un congresso con le primarie per l'elezione del leader scatterebbero subito gelosie e invidie tra i vari Decaro, Bonaccini, Gori e Nardella (Sala più defilato vuole arrivare alle elezioni comunali di Milano come espressione della società civile e non del partito).
E' di pochi giorni fa una telefonata tra Franceschini e Zingaretti nella quale il titolare del dicastero della Cultura ha espresso "totale sostegno" al segretario e alla sua linea politica. Ma la spina nel fianco di una fetta importante di Base Riformista fa sponda con i sindaci e continua l'azione di logoramento, spiegano dal Nazareno, trasformando l'assise in una sorta di duello finale anziché in un momento per rilanciare il Pd pensando alle future alleanze con 5 Stelle e Leu. Area Dem, la corrente di Franceschini, ma anche gli zingarettiani doc, con un pizzico di ironia, neanche tanta, definiscono Andrea Marcucci, capogruppo a Palazzo Madama, la "quinta colonna renziana" nel Partito Democratico.
Gli altri big di Base Riformista non sono però così netti e radicali come il presidente dei senatori, in particolare il ministro della Difesa Lorenzo Guerini tiene anche nella sfida interna un profilo sempre molto basso. Ma c'è anche un'altra chiave di lettura che circola con forza tra i franceschiniani e gli uomini del segretario. Circa l'80% di deputati e senatori non sono fedelissimi di Zingaretti e moltissimi sono proprio di Base Riformista, essendo stati scelti all'epoca (nel 2018) nella quale Matteo Renzi era ancora segretario.
Il (forte) sospetto al Nazareno è che la minoranza (stando almeno ai numeri delle ultime primarie, anche se maggioranza nei gruppi parlamentari) voglia forzare la mano nella speranza che alle prossime elezioni politiche, sia 2022 o 2023, non ci sia più Zingaretti a fare le liste insieme a Orlando. Con la situazione attuale, infatti, insieme al taglio dei parlamentari, quasi il 90% di deputati e senatori attuali del Pd (in qualche modo ex renziani) non verrebbe ricandidato.
Nella geografia delle correnti Dem Graziano Delrio, capogruppo alla Camera che alle ultime primarie si era schierato con Maurizio Martina, in teoria fa parte della minoranza ma ha una posizione intermedia tra la segreteria e Base Riformista. Ci sono poi i battitori liberi come Matteo Orfini, "contro la dirigenza a prescindere", come scherza un franceschiniano di lungo corso.
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