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Politica
Recessione, colpa delle banche centrali e dei governi. Lo spiega l’ONU

Non è il fato, la recessione è colpa dei governi e delle banche centrali. Come fermare l’esplosione dei prezzi delle materie prime e la speculazione sull’energia? Ce lo spiega l’ONU. Ma se non si interviene subito sarà il tracollo

“C'è ancora tempo per fare un passo indietro dall'orlo della recessione”. E’ questa la valutazione dell’UNCTAD, la Conferenza delle Nazioni Unite sul commercio e lo sviluppo nel Rapporto sul commercio e lo sviluppo 2022 che indica precise responsabilità e politiche sbagliate che hanno creato la situazione attuale.

L’UNCTAD dell’ONU spiega che il mondo è diretto verso una recessione globale e una stagnazione prolungata a meno che non cambiamo rapidamente, nelle economie avanzate, le attuali politiche monetarie, quelle fiscali e sull’energia. L'ONU invita le banche centrali a non aumentare i tassi di interesse e ad allontanarsi dalla politica monetaria perseguita da un gran numero di autorità di regolamentazione occidentali, incluse Fed, Bce e Banca d’Inghilterra.

Alla fine del mese scorso la Fed, e così la Banca d'Inghilterra, ha dichiarato di essere impegnata a ridurre l'inflazione al 2% aumentando i tassi di interesse al 4,4% entro la fine del 2022 e al 4,6% nel 2023. Ma è una ricetta economica sbagliata e ideologica. I tassi di interesse più alti significano ripagare debiti come mutui e rimborsi di carte di credito più costosi.

Un altro fattore determinante di questa recessione è il costo dell’energia. Ma invece di aumentare i tassi di interesse per combattere l'inflazione, i responsabili politici e i regolatori dovrebbero mettere limiti ai prezzi dell’energia e tasse una tantum sui profitti insolitamente grandi realizzati dalle società energetiche che potrebbero essere utilizzati proprio per pagare queste limitazioni, ha spiegato al quotidiano Wall Street Journal l'autore principale Richard Kozul-Wright.

Sulle economie in via di sviluppo la crisi si farà sentire in modo ancora più virulento. Si prevede che il tasso di crescita medio per queste economie scenderà al di sotto del 3%, un ritmo insufficiente per uno sviluppo sostenibile che comprimerà ulteriormente finanze pubbliche e private e ridurrà i posti di lavoro.

Gli aumenti dei tassi di interesse delle economie avanzate stanno colpendo più duramente i più vulnerabili. Circa 90 Paesi in via di sviluppo hanno visto quest'anno le loro monete indebolirsi rispetto al dollaro, oltre un terzo di oltre il 10%.

I prezzi di beni di prima necessità, come cibo ed energia, sono aumentati vertiginosamente sulla scia della guerra in Ucraina. E un dollaro più forte peggiora la situazione , facendo aumentare il prezzo delle importazioni nei Paesi in via di sviluppo. Le conseguenze sono devastanti per i poveri di tutto il mondo, soprattutto in un periodo di salari stagnanti per la maggior parte dei lavoratori.

Gli aumenti dei tassi di interesse di quest'anno negli Stati Uniti, ad esempio, potrebbero tagliare 360 miliardi di dollari entrate future per i Paesi in via di sviluppo (esclusa la Cina). Ma il quadro non sorride neanche ai Paesi occidentali che vedono una recessione peggiore di quella del 2008.

Ma ci sarebbe un modo per fermare l’esplosione dei prezzi delle materie prime. Sebbene la guerra in Ucraina abbia contribuito a questa situazione, i mercati delle materie prime sono in uno stato turbolento da un decennio, spiegano all UNCTAD.

L'aggiunta di una pressione al rialzo sui prezzi dei fertilizzanti significa che il danno potrebbe essere duraturo poiché è il principale costo per molti piccoli agricoltori in tutto il mondo. Sembra che le grandi multinazionali con un notevole potere di mercato abbiano approfittato indebitamente del contesto attuale per aumentare i margini di profitto a danno delle persone più povere.

Eppure basterebbe regolamentare i processi. La Black Sea Grain Initiative, l’accordo stipulato durante l'invasione russa dell'Ucraina nel 2022 tra Russia e Ucraina con la Turchia e le Nazioni Unite, ha avuto un impatto significativo nell'abbassamento dei prezzi alimentari globali. Tuttavia, non è stata prestata sufficiente attenzione al ruolo degli speculatori e alla frenesia delle scommesse nei contratti futures, negli scambi di merci e nei fondi negoziati in Borsa.

C’è poco da fare: i governi devono tornare a fare i governi e non farsi indirizzare solo dalle lobby.

I governi devono includere una regolamentazione più rigorosa del mercato delle materie prime come parte del loro mix di politiche per frenare i picchi di prezzo che stanno colpendo duramente i consumatori nei Paesi occidentali e in quelli in via di sviluppo. E implementare una strategia pragmatica, inclusi controlli dei prezzi, misure antitrust e tasse straordinarie sui profitti aziendali eccessivi, così come utilizzare questi fondi per sostenere i più vulnerabili.

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