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Politica
Roma, telefonata Meloni - Berlusconi dietro l'ok a Michetti. Ma a Milano...

Il passo, con fatiche superiori alle attese, è compiuto: e il Carneade che arringa gli ascoltatori di una popolare emittente romana da ieri è il candidato ufficiale del centrodestra per il Campidoglio. Che ascesa, quella di Enrico Michetti, avvocato e opinionista con il gusto della provocazione su Radio Radio: il nome gradito a Giorgia Meloni (e al cerchio magico che comprende il capogruppo alla Camera Francesco Lollobrigida) è passato - si legge stamattina su Repubblica - dopo un’impuntatura della leader, che gradualmente nell’ultimo mese aveva aumentato il pressing sugli alleati, affinché si convincessero che Michetti, ufficialmente senza bandiere di partito, fosse davvero il “Mr.Wolf” in grado di risolvere i problemi: in particolare quelli di una coalizione scossa dalla lotta per la leadership, dalle polemiche sulla federazione, dal caso Copasir.

Alla fine, stanca dei rinvii, Meloni ha fatto i passi necessari - assieme a Ignazio La Russa - per sensibilizzare Berlusconi e convincerlo a far venir già il muro forzista nella Capitale. Così, davanti alla sempre efficace indicazione dei numeri fatta dai vertici di Fdi al Cavaliere (nei sondaggi i meloniani a Roma sono al 25 e Fi all’8), anche Antonio Tajani ha dovuto riporre la carta Gasparri. Il resto sono dettagli, aggiustamenti degli equilibri: la trovata finale, quella di dare rango di pro-sindaca a Simonetta Matone, l’altra civica in corsa sponsorizzata da Salvini e Tajani, è stata di Vittorio Sgarbi, che rivela nel frattempo di aver strappato al “tribuno della radio” una nomina a potenziale assessore alla Cultura.

Così, in ogni caso, è stata data almeno una parvenza di pari dignità anche a Lega e Forza Italia. Poi arriveranno le compensazioni negli altri enti locali: su Milano - si legge ancora su Repubblica - la scelta sarà del segretario della Lega, che ancora un candidato vero non ce l’ha e presumibilmente pescherà in una terna di civici composta da Oscar di Montagny, Maurizio Dallocchio e Fabio Minoli, con Maurizio Lupi nell’insolita veste di outsider e magari, chissà, un pro-sindaco pure sotto la Madonnina (Gabriele Albertini). Forza Italia? Avrà il candidato della Regione Calabria, nella persona del capogruppo alla Camera Roberto Occhiuto, ma occorre che Salvini ne parli prima con il governatore Spirlì, che non sembra entusiasta. E agli azzurri spetterà anche la nomination a Bologna, contesa fra il senatore Andrea Cangini e l’editore Roberto Mugavero. A Torino è ufficiale la nomina di Paolo Damilano, su Napoli continua il braccio di ferro fra i leader e il magistrato Catello Maresca, che non vuole simboli di partito. Ma l’uomo del giorno è Michetti, ringalluzzito al punto da promettere di restituire a Roma «il ruolo di caput mundi».

C’è da comprenderla, tanta baldanza, dopo aver risalito un fiume di diffidenza della stessa destra. Da quando il suo nome è venuto alla ribalta - Repubblica ne ha parlato per prima l’11 maggio - il “tribuno della radio” si è scontrato con il sarcasmo di Francesco Storace («chi è l’uomo vestito di bianco a San Pietro accanto a Michetti?») e di Gasparri («Sarei prudente prima di arruolare sconosciuti») e poi con alcune gaffe memorabili: dai «vaccini come doping» al «saluto romano che è più igienico». Per non dire dell’indagine della Corte dei conti su una serie di commesse date fra il 2008 e il 2014 dal consiglio regionale del Lazio a società di Michetti. Con queste ombre l’avvocato si è comunque guadagnato un posto con vista Campidoglio, al fianco di Matone. Michetti, secondo i sondaggi, al ballottaggio sarebbe favorito con Gualtieri, la magistrata avrebbe maggiori chance in una contesa con Raggi. Abbinarli in un ticket è la sfida di un centrodestra «che sarà litigioso - gongola Lollobrigida - ma nei momenti decisivi si ritrova unito».

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