Un discorso intenso, politico, forte, quasi un libro dei sogni. Mario Draghi inizia a parlare a Palazzo Madama alle 10.15, subito dopo il ricordo di Franco Marini da parte della presidente Casellati, e al suo fianco, ricordando così il Conte I, ha i ministri Giancarlo Giorgetti (Lega) e Stefano Patuanelli (M5S). L'ex presidente della Bce non cita mai l'orizzonte di fine legislatura, il 2023, ma snocciola in 51 minuti un piano che, se attuato integralmente, comprenderebbe probabilmente una decina di legislature e non mezza. Draghi non risparmia fendenti velati ma tosti alle forze politiche. E ne ha per tutti, non risparmia nessuno. Parte subito con l'impegno a informare tempestivamente i cittadini sui cambiamenti nelle restrizioni per contrastare la pandemia, chiarissima stilettata al ministro Roberto Speranza (Salute) di LeU e alla sua ultima decisione sullo stop allo sci arrivata solo cinque ore prima della riapertura delle piste, scatenando polemiche e proteste.
Lo schiaffo più evidente è quello a Matteo Salvini e alla Lega, quando il presidente del Consiglio ha parlato di irreversibilità dell'euro affermando che fuori dall'Europa c'è meno Italia e che il sovranismo spesso porta alla solitudine. Non a caso il segretario del Carroccio è rimasto fermo, impassibile, quando quasi tutta l'Aula batteva le mani. Salvini è stato però 'ricompensato' da Draghi con quell'accenno ai rimpatri degli immigrati irregolari e con l'impegno ad accelerare sulle infrastrutture, oltre alla promessa di aiuti consistenti al turismo (come chiesto dal ministro Garavaglia).
Draghi ha citato e ringraziato il governo precedente guidato da Giuseppe Conte, ma ha anche promesso una svolta forte e netta sul piano delle vaccinazioni, una sostanziale bocciatura per quanto fatto fino a pochi giorni fa dall'esecutivo giallo-rosso con il commissario all'emergenza Domenico Arcuri. Anche sul Recovery Plan, seppur affermando che si parte del lavoro del precedente esecutivo, Draghi ha poi di fatto riscritto il piano per ottenere i fondi europei. Per i 5 Stelle è arrivato il contentito, tanto caro a Beppe Grillo, della lotta ai cambiamenti climatici e dell'impegno nella transizione ecologica, ma che comunque va coniugata con lo sviluppo economico. Schiaffo ai pentastellati, sempre velato e nello stile artatamente sobrio di Draghi, anche sulla povertà aumentata, segno che il reddito di cittadinanza va quantomeno rivisto, e sulla gestione della scuola (l'ex ministra Azzolina) che necessita di un cambiamento radicale in molti aspetti.
Il presidente del Consiglio, però, ha anche criticato, seppur indirettamente, il Partito Democratico. Sulla riforma fiscale, tema sul quale si sapeva già che avrebbe difeso il principio della progressività (quindi niente Flat Tax), ha stroncato le riforme e gli interventi una tantum e parziali, esattamente quello che il Pd ha fatto negli ultimi anni con Renzi, Gentioni e poi il Conte II. Il punto sul quale sono probabilmente tutti d'accordo è l'impegno al sostegno per chi ha perso o rischia di perdere il lavoro con il cambiamento delle politiche attive finora decisamente scarse.
"Oggi l'unità non è un'opzione ma un dovere", così ha concluso Draghi. Ovvero un richiamo forte ai partiti dell'ampia maggioranza ma anche una critica a chi è rimasto all'opposizione, da Fratelli d'Italia ai dissidenti M5S fino alla compenente di Fratoianni di Sinistra Italiana.
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