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Politica
Speranza isolato, niente lockdown. Così è fallito il blitz iper-restrittivo
(fonte Lapresse) Speranza

Stoppato il blitz del ministro della Salute Roberto Speranza e del suo consulente Walter Ricciardi, sempre in prima fila nel chiedere chiusure totali e super-lockdown. Nelle ultime ore era circolata l'ipotesi di una zona rossa nazionale di almeno tre settimane, forse quattro o addirittura sei, per fermare l'Italia e procedere alle vaccinazioni. L'idea, secondo quanto risulta ad Affaritaliani.it, sarebbe maturata nel corso del weekend al ministero della Salute, visto l'ultimo rapporto degli esperti sulle varianti.

A far sponda a Speranza, spiegano fonti qualificate, sarebbe stata un'ampia fetta del Partito Democratico, da sempre a favore della linea dura, in particolare il ministro del Lavoro Andrea Orlando e l'area che fa capo al segretario ormai dimissionario Nicola Zingaretti. Il piano avrebbe previsto la chiusura di tutte le scuole e di tutte le attività tranne quelle essenziali su tutto il territorio nazionale, con l'obbligo dell'autocertificazione per circolare. In sostanza, un lockdown come quello della prima ondata nel 2020.

Non appena la notizia è iniziata a circolare sono partite le telefonate. Molto attivi, oltre ad alcuni Governatori, clicca qui per leggere le dichiarazioni di Giovanni Toti ad Affaritaliani.it, anche Matteo Salvini, una parte dei 5 Stelle e tutto lo stato maggiore di Forza Italia. Il leader della Lega ha iniziato a chiamare i suoi ministri al governo, Giancarlo Giorgetti in testa, chiedendo di fare da argine a questa mossa di Speranza. Anche Antonio Tajani e Silvio Berlusconi si sono adoperati con la ministra degli Affari regionali Mariastella Gelmini per fermare il blitz del ministero della Salute.

Speranza - raccontano fonti qualificate - avrebbe cercato sponda nel M5S ma, come ha spiegato il ministro delle Politiche Agricole Stefano Patuanelli ad Affaritaliani.it (clicca qui), i pentastellati si oppongono alla zona rossa nazionale e restano fermi sulla divisione attuale per fasce colorate, ovviamente con la massima prudenza.

Ma non finisce qui. Il ministro della Cultura Dario Franceschini, potente big del Pd in crisi profonda che si è battuto per la riapertura almeno in zona gialla dei musei, dei teatri e dei cinema dal 27 marzo, ha immediatamente fatto sapere ai colleghi di governo di non condividere affatto la zona rossa nazionale, che inevitabilmente avrebbe rimandato il parziale ritorno alla normalità per il mondo dello spettacolo e della cultura.

Resta l'ipotesi di misure maggiormente restrittive, una sorta di zona arancione o arancione rafforzata nazionale, valida nei weekend e nei festivi (Pasqua e Pasquetta incluse) per contenere la diffusione del virus nei giorni nei quali, solitamente e forse inevitabilmente, aumentano le occasioni per le relazioni sociali. Per il resto, si va avanti con le fasce colorate che conosciamo da tempo all'interno delle quali, come sta accadendo sempre più spesso da Nord a Sud, sono previsti interventi mirati a livello provinciale o anche di pochi comuni. Ovviamente a seconda dei contagi e soprattutto delle diverse varianti del Covid-19.

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