Una proposta per un Senato democratico
di Arturo Bodini
Proposte di correzione della bozza approvata dal governo.
Si va ad affrontare la prima vera riforma istituzionale (l’ammazza province nota come legge Del Rio è più una notifica d’intenti che una legge vera e propria) che, se andrà in porto, sancirà la fine del bicameralismo perfetto.
Il fatto che il Senato non voterà più la fiducia al governo e nemmeno la legge finanziaria allineerà l’Italia alle maggiori democrazie europee (Francia, Germania e Inghilterra). Più controverse sono le proposte che concernono la non elezione diretta dei Senatori e le modalità proposte dal governo.
Sull’elezione indiretta la proposta del consiglio dei ministri attua un sistema abbastanza vicino al modello Francese. Anche in Germania si applica l’elezione indiretta ma dentro uno schema rigidamente federalistico, e non è il nostro caso, poiché abbiamo una organizzazione basata su centralismi statali e regionali.
Pertanto escludiamo l’elezione diretta, per poter attuare razionalmente le funzioni separate delle due camere, questa alternativa porta acqua solo al mulino di Berlusconi e delle altre opposizioni, come in questi giorni si è visto. E’ opportuno concentrarsi sull’elezione di secondo livello e sulla determinazione dei grandi elettori.
Premesso che non vogliamo il ritorno ad una assemblea di nomina regia, ci sembra utile fare un passo deciso per costruire un senato delle regioni e delle autonomie locali che sia il più possibile consono al metodo democratico.
Tre delle modalità individuate per la composizione del Senato nella proposta governativa è opportuno che vengano azzerate:: è discutibile, pericoloso e poco democratico che i presidenti delle regioni e i sindaci dei comuni capoluoghi vengano inseriti automaticamente per il loro ruolo nel futuro Senato anche per il cumolo di incarichi. Ugualmente discutibile è la nomina da parte del capo dello Stato di 21 membri, anche se cittadini con altissimi meriti (ma questi meriti chi li valuta stabilendone poi una graduatoria?). Ai soli ex capi dello Stato può spettare il diritto di partecipare al nuovo Senato.
In alternativa proponiamo due platee elettorali i consigli regionali, per i rappresentanti delle regioni, gli eletti nelle autonomie locali nella seconda platea. Inoltre occorre introdurre un correttivo proporzionale alla popolazione come ad esempio si usa in Germania.
Applicando un criterio non proporzionale per non penalizzare le regioni meno numerose. Alle regioni e province autonome con meno di 500.000 ab., spetterebbe 1 senatore, tra 500.000/1.000.00 ab., 2, tra 1.000.000/2.000.00 ab., 3, con 2.000.000/4.000.000 ab., 4, con 4.000.000/6.500.000 ab., 5, con 6.500.000/10.000.000 ab., 6. In totale i consigli regionali e quelli delle province autonome eleggerebbero 73 senatori.
Applicando lo stesso criterio alle autonomie locali (platea degli eletti nelle autonomie in ciascuna regione) eleggerebbero altri 73 senatori per un totale complessivo di 146 componenti oltre gli ex Presidenti della Repubblica.
In entrambi i casi gli elettori potrebbero individuare personalità con altissimi meriti da presentare nel Senato. Ossia la platea degli elettori non coinciderà con i candidabile a questo incarico.
Una nota: se Il Senato sarà così determinato, a tutti i suoi membri che percepiscono indennità o pensioni in conseguenza di incarichi svolti nella pubblica amministrazione, non potrà essere aggiunta una ulteriore indennità.