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Salento: 'Il vino si fa anche dall'uva' si allarga lo scandalo edulcorazioni

L'inchiesta denominata “Ghost Whine”, era sfociata già un anno fa in 11 clamorosi arresti, grazie all'azione congiunta dei Nas di Lecce e dall’Icqrf di Roma, che misero a nudo, in Salento, un sistema di adulterazione del vino poi rivenduto in Italia, ma anche sui mercati esteri, come prodotto di qualità, in qualche caso biologico, Doc o Igt. Secondo gli investigatori, il tutto sarebbe stato realizzato con particolari tecniche di manipolazione, sfruttando anche scarti di lavorazione, per realizzare ingenti quantitativi di prodotto vinoso.

NAS CARAB

"Di bravi erano bravi - dichiarano alcuni lavoratori di aziende vittime indirette della colossale truffa - riuscivano ad adulterare (meglio sarebbe dire 'edulcorare', ndr) il vino con un mix di zucchero e sostanze da taglio chimiche, miscelate in maniera così perfetta da ingannare non solo il palato dei consumatori più raffinati, ma persino i controlli effettuati dagli esperti per verificare che rientrassero nei parametri dei vini dop". 

L’inchiesta condotta dalla procura di Lecce, con il contributo fondamentale del Nas dei carabinieri, apre uno squarcio inquietante sui vini prodotti nel Salento, a cavallo tra le province di Brindisi e Lecce, soprattutto quelli con etichette importanti e che dovrebbero esaltare le qualità delle uve nostrane. E invece si scopre che arrivavano camionate di vino scadente prodotto in Spagna, che veniva poi adulterato nei sapori e nei colori sino a renderlo assolutamente simile a quello originale, che veniva poi imbottigliato con etichette pregiate: Primitivo di Manduria Doc, Salice Salentino Doc, Brindisi Rosso Doc, Brindisi Negramaro rosso Doc, Primitivo, Salento Susumaniello, Aglianico e molti altri.

Ghost Wine

La novità clamorosa - a proposito di modello veneto promosso solo pochi giorni fa dal presidente della Regione leader del Nord-Est, Luca Zaia - è il coinvolgimento di una delle case vinicole di maggiore tradizione e con il più alto fatturato in Italia: la “Botter Carlo & C. spa” di Fossalta di Piave, provincia di Venezia. E’ un’azienda con quasi cento anni di storia, che commercia in Italia e all’estero vini italiani dall’affermata qualità, molti dei quali provenienti da vitigni autoctoni.

Secondo gli inquirenti la società per azioni presieduta da Alessandro Botter e precedentemente da Arnaldo Botter (entrambi indagati) sarebbe socia occulta della Megale Hellas di San Pietro Vernotico e si sarebbe occupata di commercializzare in tutto il territorio nazionale e all’esterno il vino adulterato.

Abbattimento dei costi e dei tempi di produzione per soddisfare le richieste dei clienti, riuscendo a raddoppiare o addirittura triplicare il numero di bottiglie prodotte dalla Megale Hellas e che la società Casa vinicola Botter vendeva e commercializzava: questo sarebbe stato l’obiettivo dell’edulcorazione del vino, a detta degli inquirenti.

Ci sarebbe un altro grande “partner”, fondamentale per chi decide di adulterare il vino in quantità industriale: il produttore di zucchero. Ed è questo il ruolo che viene attribuito alla società Gruppo AM srl, che avrebbe fornito quasi giornalmente elevati quantitativi di saccarosio di barbabietola e di canna necessari per la sofisticazione, tutte ovviamente forniture in nero. Perché la legge vieta la vendita di partite di zucchero agli stabilimenti vinicoli, per motivi comprensibili. Tonnellate di zucchero per edulcorare ettolitri di vino prodotti dalla Megale Hellas di San Pietro Vernotico.

Lo zucchero non era l’unica sostanza non consentita scoperta dai carabinieri del Nas nel corso dell’inchiesta: presso la sede di San Pietro Vernotico della Megale Hellas fu rinvenuta una sostanza liquida viscosa dal colore rosso intensissimo risultata “soluzione acquosa di gomma arabica e antociani”, utilizzata come riempitivo e colorante per la sofisticazione di vini. Presso la sede di San Pancrazio vennero trovati sacchi di fruttosio e acidi e basi forti come Rigen, Clean Acid e soda caustica. Sempre presso la Megale Hellas furono scoperti 400 litri di una sostanza liquida viscosa di colore rosso, risultata “estratto acquoso proveniente dalle bucce di uve rosse”, dotata di elevatissima capacità colorante.

Tra le essenze necessarie alla sofisticazione, anche quella che forniva al vino profumi e sapori tipici dell’invecchiamento prolungato in botte: con questo fine veniva utilizzata la sostanza aromatizzante denominata “Ellagitan”, estratta da legno tostato di quercia o da altri pezzi di legno tostati, che taroccava in poche ore l’invecchiamento di anni.

Taurino Cantine

L’inganno - sempre secondo gli inquirenti – non riguarda solo la produzione del vino, ma anche la sua commercializzazione, come accadde per il vino rosso con etichetta “Adv Il Tauro Salice Salentino Doc”, imbottigliato e venduto all’estero da Botter: le indicazioni, pur non identiche nella forma e nel disegno, per la collocazione spaziale sull’etichetta, per i colori, i caratteri della stampa e per l’assonanza.

Il Tauro invece che Taurino, era idoneo a trarre in inganno i consumatori del rinomato vino prodotto dalla Cantina azienda agricola Cosimo Taurino di Guagnano, produttrice di pregiati vini salentini, rinomata in tutto il mondo per la produzione del vino “Salice Salentino Riserva”. Il Tauro era invece un vino edulcherato, prodotto dalla Megale Hellas, utilizzando fraudolentemente l’immagine della cantina di Guagnano.

azienda taurino4

Il vino utilizzato come base era quello acquistato tra il novembre 2016 e il febbraio 2018 in Spagna: un vino comune, rosso e bianco, che veniva fatturato regolarmente e che poi “scompariva” dalle giacenze perché trasformato in "pregiato" vino salentino. Impossibile anche parlare di "taglio", dato che si trattava di evidente contraffazione.

L’organizzazione era gestita, secondo l’accusa, da Antonello Calò (amministratore delle società Agrisalento ed Enosystems di Copertino), Giuseppe Caragnulo, legale rappresentante della Megale Hellas di San Pietro Vernotico, e Vincenzo Laera, amministratore di fatto della Megale.

vino

L’organizzazione avrebbe disposto - secondo le indagini - della complicità fondamentale di Antonio Barletta, funzionario dell’Ispettorato centrale di repressioni frodi di Lecce, dipendente del ministero dell’Agricoltura con funzioni di polizia amministrativa e giudiziaria. Inserendosi nei terminali dell’ufficio, Barletta avrebbe informato gli indagati e altri imprenditori che operano nel settore vinicolo dell’esito dei controlli effettuati e di quelli programmati, consentendo loro di correggere le ricette, mettere in ordine la documentazione e le giacenze, rendendo inefficaci i controlli stessi. In alcuni casi gli indagati, informati per tempo, avrebbero sversato il vino in eccesso in pozzi a perdere e nelle campagne.

Il sostituto procuratore Donatina Buffelli, titolare dell’inchiesta, ha inviato a 61 persone (fisiche e giuridiche) l’avviso di conclusione delle indagini preliminari. Gli indagati hanno venti giorni di tempo per visionare gli atti, presentare memorie o chiedere eventualmente di essere interrogati.

Una chiara testimonianza dell'antica raccomandazione del vecchio e morente vignaiolo ai figli ancora provetti contadini: "Ricordatevi, che il vino si fa anche dall'uva!"

(gelormini@gmail.com)

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Pubblicato sul tema: Salento, vino edulcorato: la Botter SpA si dichiara estranea

 

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