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Vino, alcool, effetti cancerogeni scontro fra scienziati: lettera aperta ARCAT
Alccol (1)

Levata di scudi, non solo da parte dei produttori e distributori di vino - pugliesi e non - ma anche da larghe frange della stessa medicina, nonché della frontiera dei dietologi, nei confronti dell’immunologa Antonella Viola, professoressa all'Università di Padova e originaria di Taranto.

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Lo scontro si è acceso dopo le affermazioni della dottoressa Viola: “Il consumo moderato di alcol ‘danneggia il cervello e aumenta il rischio di tumori’. Specificando che anche il famoso bicchiere di vino al giorno fa tutt'altro che bene: "L'alcol, qualunque tipo di alcol, anche quello contenuto nella birra, nel vino, nell'aperitivo, è un cancerogeno".

Di seguito la lettera aperta, trasmessa alla Redazione di Affaritaliani.it - Puglia:

Gent.mo Direttore

con riferimento al dibattito seguito alle dichiarazioni della prof.ssa Viola, a nome della Associazione Regionale dei Club Alcologici Territoriali - metodo Hudolin (Presidente dott. Giovanni Aquilino), vorremmo condividere con lei una nota in cui chiariamo la nostra posizione, suffragata da documentazione scientifica.  

Restiamo a disposizione per fornire chiarimenti in un eventuale confronto.

In attesa di riscontro inviamo i più cordiali saluti.

Vito Antonio Campanile e Giovanni Aquilino

                                                                                   Prof. Matteo Bassetti

                                                                                   Prof.ssa Antonella Viola                                                                                                                                                 Prof. Fabrizio Pregliasco                                                                                                                                                Prof. Giorgio Calabrese

                                                    p.c.                 Federazione Nazionale dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri                                                                              Rassegna stampa su vino, birra e altri alcolici

Scriviamo questa lettera aperta in riferimento ai recenti numerosi interventi seguiti alla scelta del Governo irlandese di inserire informazioni di carattere sanitario sulle etichette delle bevande alcoliche.

Si riconfermano le numerose conclusioni e raccomandazioni dell’OMS, della UE e di accreditate riviste scientifiche internazionali sulla natura tossica e cancerogena dell’alcol etilico, contenuto in vino, birra ed altri alcolici.

Vito Antonio CampanileVito Antonio CampanileGuarda la gallery

 

Sono citati nel dettaglio alcuni degli studi più importanti che dimostrano che non esiste dose minima consentita di alcol etilico che sia sicura per la salute; che l’alcol etilico è la droga più pericolosa, dal punto di vista sociale; che i problemi alcolcorrelati sono inseriti in un continuum di gravità, interessano tutte le aree della vita e coinvolgono la persona, la famiglia, la comunità intera; che il vino non può essere considerato un alimento.

Si ritiene che il medico debba essere formato e aggiornato in alcologia, per un più corretto ed efficace intervento e per la promozione di stili di vita sani, secondo un approccio di popolazione.

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Gentili Professori,

siamo un gruppo di Servitori-Insegnanti dell’AICAT (Associazione Italiana dei Club Alcologici Territoriali - Metodo Hudolin), impegnati da decenni nel campo dell’Alcologia, la disciplina che studia i fenomeni legati al consumo di bevande alcoliche, attivi nei programmi vicini alle famiglie con problemi alcolcorrelati, per la promozione della salute nella comunità. Molti di noi sono anche professionisti della salute: medici, psichiatri, psicologi, sociologi, assistenti sociali, infermieri, docenti. 

            Ci riferiamo ai Vostri interventi in merito all’intervista rilasciata dalla Professoressa Antonella Viola sui danni e sui rischi legati al consumo di vino e degli altri alcolici, in concomitanza con la scelta del Governo irlandese di applicare le direttive UE e di inserire messaggi di carattere sanitario sulle etichette delle bevande alcoliche.

            Diciamo subito che abbiamo di ciascuno il massimo rispetto per le conoscenze e competenze nel campo di specializzazione. Nello stesso tempo, considerato il contenuto e il tenore delle Vostre affermazioni rivolte alla professoressa Viola, siamo d’accordo con l’altrettanto stimata professoressa Gismondo che (con prudenza e saggezza) ha preferito rimandare agli esperti del settore eventuali considerazioni.

Le considerazioni scientifiche della professoressa Viola sono assolutamente condivisibili. Il rischio è che passi involontariamente il messaggio che ogni tanto si può bere, ma solo vino buono (qualsiasi cosa voglia dire buono).

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            Antonella Viola in quella intervista ha semplicemente riaffermato tutte le recenti conclusioni della scienza ufficiale intorno ai danni e ai rischi inerenti alla salute fisica legati al consumo di bevande alcoliche (in primis le deliberazioni e le raccomandazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, da noi qui riportate per completezza e integrate con altre considerazioni).

  1. L’alcol etilico non è un nutriente e le bevande alcoliche, vino compreso, non sono indispensabili né utili per la salute: la questione del resveratrolo si è dimostrata una bufala. [1] [2]   Tutti i presunti effetti benefici del vino sono poggiati sul nulla, ovvero non hanno un serio fondamento scientifico. A differenza dei rischi e dei danni, dimostrati da innumerevoli studi e dall’evidenza quotidiana.
  2. Alcuni ingredienti delle bevande alcoliche, vino compreso, sono vere e proprie sostanze tossiche e cancerogene per l’organismo umano.[3]
  3. Sono erronee e fuorvianti le credenze sulle presunte virtù delle bevande alcoliche, vino compreso. [4]
  4. È confermato che anche un consumo moderato di alcol può favorire lo sviluppo di alcuni tipi di cancro, tra cui quello del colon e quello del seno e della mammella; che anche un drink al giorno aumenta del 6% nella donna il rischio di cancro alla mammella e già col secondo bicchiere questo rischio aumenta del 27%. [5]
  5. Non esiste una «dose sicura» di bevande alcoliche, bassa al punto da non essere pericolosa per la salute: la “dose giusta” di alcol è zero. [6] [7] Queste conclusioni sono state ribadite lungo gli anni, sino alla recente 72a sessione del Comitato regionale per l’Europa dell’OMS, con la partecipazione di oltre 500 delegati dai 53 paesi che ne fanno parte (dal 12 al 14 settembre 2022 a Tel Aviv), con  l’“European framework for action on alcohol 2022-2025”, consultabile sul web. [8]
  6. L’alcol etilico, il più importante dei componenti tossici delle bevande alcoliche, è anche un potente cancerogeno, inserito dall’OMS nel gruppo degli agenti sicuramente cancerogeni per gli esseri umani, assieme ad acetaldeide, cadmio e benzene. [9]
  7. Che sia consumato nel vino, nella birra o nei superalcolici, l’alcol etilico ha la medesima formula chimica (CH3CH2OH). Qui non c’è bisogno di citazioni.
  8. I danni e il rischio connesso al consumo crescono proporzionalmente alla quantità (concetto di continuum). Più un individuo beve, più aumenta il rischio di avere danni. [10] [11] [12] Nello stesso tempo, anche bevute occasionali e/o “moderate” (qualsiasi cosa voglia dire), possono creare problemi, anche gravissimi (violenza, incidenti mortali, ecc.). [13]
  9. L’alcol etilico (contenuto nel vino, nella birra e negli altri alcolici) è un potente tossico cellulare: misurato in termini di MOE, Margine di esposizione, è più tossico (letale) rispetto ad altre sostanze considerate - ecstasy, cannabis, oppiacei, tabacco, cocaina, benzodiazepine. [14]
  10. L’alcol etilico provoca danni soprattutto al cervello, specialmente a quello dei giovani: anche piccole dosi possono predisporre all’atrofia cerebrale (il cervello piccolo).[15]

Riguardo a questo ultimo punto, che pare abbia mosso la vena ironica del prof. Bassetti, Vi invitiamo a dare un’occhiata almeno ad una, importantissima, fra le ultime ricerche nello specifico (Moderate alcohol consumption as risk factor for adverse brain outcomes and cognitive decline: longitudinal cohort study BMJ 2017; 357 doi: https://doi.org/10.1136/bmj.j2353 (Published 06 June 2017)Cite this as: BMJ 2017;357:j2353) che conclude: Il consumo di alcol, anche a livelli moderati, è associato a esiti cerebrali avversi, tra cui l'atrofia dell'ippocampo.

La professoressa ha infine condiviso la decisione del Governo irlandese, proprio per i motivi sopra elencati, con la consapevolezza che le avvertenze sanitarie sulle bottiglie di vino e altri alcolici non hanno la finalità del proibirne il consumo, ma essenzialmente di informare sui rischi che si corrono: sei libero di bere, ma sappi che puoi andare incontro a problemi per la tua salute. La prevenzione è più efficace, con la corretta informazione e il contrasto alle fake news. [16]

            Alle affermazioni della professoressa Viola aggiungiamo altre riflessioni, mediate dalla formazione continua in Alcologia e, soprattutto, dallo stretto contatto con le sofferenze multidimensionali delle famiglie con problemi legati al consumo di bevande alcoliche, vino in testa.

  1. Fra i 10 obiettivi del Piano Nazionale Alcol e Salute al n. 1 si può leggere: aumentare la consapevolezza del rischio connesso con il consumo delle bevande alcoliche nella popolazione generale e in alcune fasce di popolazione particolarmente esposte (anziani, giovani, donne), nonché il sostegno a favore delle politiche di salute pubblica finalizzate alla prevenzione del danno alcol-correlato. [17]
  2. Il consumo di bevande alcoliche è la prima causa di morte per i giovani uomini europei: un decesso su quattro, tra i giovani di età compresa tra i 15 e i 29 anni. Ormai è accertato che il 46% degli incidenti stradali è correlato all’uso di bevande alcoliche e la mortalità per incidente stradale è la prima causa di morte per i giovani tra i 18 e i 26 anni. Sicuramente il 2% degli adolescenti tra i 12 e i 15 anni ha seri problemi con l’alcol (incidenti, violenze, aggressività, ecc.). Tutte le ricerche in Italia sono concordi nel ritenere che stia aumentando questa quota di popolazione giovanile che usa bevande alcoliche e che per questo motivo ha problemi. [18]  Il consumo di bevande alcoliche, da parte di adulti e giovani, anche in quantità cosiddette “moderate”, crea nelle nuove generazioni (fin dall’infanzia e dall’adolescenza) la convinzione che tale comportamento non sia assolutamente pericoloso. Al contrario, esso viene associato ai momenti di socialità come ingrediente necessario al divertimento e alla festa. Sappiamo con quali conseguenze.
  3. Il vino non può essere considerato un “alimento” nonostante per secoli e tutt’oggi un gran numero di persone lo assuma come bevanda, con o senza cibo. Ma davvero si beve il vino perché è un alimento? Un alimento, per essere considerato tale, non deve essere tossico, né cancerogeno e non può avere le caratteristiche di una droga. Il vino, una “bevanda”, contiene una grande quantità di sostanze tossiche, cancerogene e con le caratteristiche delle droghe. L’alcol etilico, classificato dalla IARC - International Agency for Research on Cancer, OMS - come cancerogeno di Gruppo 1, cioè in compagnia delle sostanze sicuramente cancerogene per gli esseri umani, rappresenta la maggioranza quantitativa (12-18%). Se il vino fosse un alimento, dovrebbe superare la prova di una vera etichetta (non solo immagini o slogan), con la descrizione e l’elenco di tutti gli ingredienti, come un qualsiasi altro alimento in commercio. I produttori di vino da sempre si sono opposti a questa indicazione e i Governi hanno sempre ceduto. Per quali motivi? A ciascuno la libera risposta.
  4. L’acetaldeide, prodotto di degradazione dell’alcol etilico (anch’essa classificata nel Gruppo 1), è ancora più tossica e cancerogena del suo precursore. Un bicchiere di vino sviluppa nell’organismo una tale quantità di acetaldeide che, se fosse contenuta in uno qualsiasi degli alimenti reperibili al supermercato, quell’alimento non potrebbe essere venduto. [19] Il vino è per questi motivi da considerare un “intruso” nella filiera agroalimentare.
  5. Un vasto studio dell’OMS del 1988, confermato da altri, e anche recenti studi internazionali, hanno concluso che «le bevande alcoliche sono cancerogene per gli esseri umani». [20] L’alcol etilico è stato in seguito inserito dall’OMS nel Gruppo 1, sostanze sicuramente cancerogene per gli esseri umani (in compagnia di acrilamide, arsenico, aflatossine, cadmio, benzene, uretano, formaldeide, furano) ed è associato a circa 14 tipologie di cancro ed almeno a 220 patologie. [21]  L’Indagine EPIC (European Prospective Investigation into Cancer and Nutrition), ha dimostrato la relazione tra alcol e cancro e i risultati relativi sono stati pubblicati nel 2011 sul British Medical Journal. [22]   Il rapporto OMS del 2014 (2014 Worl Cancer Report, WCR) asserisce che non si può stabilire una soglia minima al di sotto della quale l’assunzione di alcol etilico non costituisce una minaccia per la salute, soprattutto in relazione al rischio di contrarre alcuni tipi di cancro. [23]
  6. L’alcol è uno dei principali fattori di rischio di malattia, disabilità e mortalità prematura in Italia, in Europa, nel mondo; rappresenta la prima sostanza induttrice di dipendenza con alto impatto sociale, connotandosi come sostanza tossica, cancerogena, calorica, e spesso associata ad altre dipendenze da sostanze e da comportamenti. [24]
  7. I problemi alcolcorrelati non insorgono per caso ma sono, evidentemente, il risultato del consumo di bevande alcoliche da parte di una grande percentuale della popolazione adulta e giovanile.
  8. Il consumo di bevande alcoliche da parte della maggioranza della popolazione crea sofferenze fisiche, psichiche e sociali che coinvolgono la persona, la famiglia intera e, direttamente o indirettamente, quasi tutte le famiglie.
  9. Negli ambiti relazionali come l’amicizia, la salute, la felicità, la vita domestica, lo studio, le opportunità d’impiego, le conseguenze negative aumentano con l’aumento del consumo di bevande alcoliche. [25]
  10. L’alcol etilico (compreso quello del vino) è stato classificato assieme ad altre 18 droghe e considerato la droga socialmente più pericolosa, anche più dell’eroina e della cocaina, a causa dei danni ricevuti da terzi (spesso anche astemi o bambini) provocati dai bevitori.[26]
  11. I cosiddetti «alcolisti» (un termine che non è più usato) si caratterizzano per una più alta densità di problemi alcolcorrelati, ma rappresentano solo il 15-20% dei bevitori; il resto della popolazione che consuma bevande alcoliche presenta sicuramente una bassa densità di disagi ma, essendo numericamente più consistente, produce nel complesso un maggior numero di problemi, legati soprattutto a incidenti stradali, infortuni sul lavoro, omicidi, suicidi, violenza collettiva; [27]
  12. L’OMS suggerisce che una politica efficace deve poter incidere sul livello di consumo di alcolici nella popolazione generale; che esistono prove che dimostrano di fatto e con forza la disponibilità di misure che possono ridurre in modo significativo il danno alcolcorrelato; che non esiste un’unica politica che possa fare da panacea, perché saranno necessarie diverse politiche che risultino dalla combinazione di varie misure; che i problemi alcolcorrelati non sono irrisolvibili e se c’è la volontà pubblica, è possibile trovare soluzioni. [28] Dal Piano d’azione europeo sull’alcol 2012-2020 (ma già dall’ edizione di Copenaghen, 1992) si evince facilmente che la prevenzione dei problemi alcolcorrelati può risultare efficace solo con la diminuzione dei consumi di bevande alcoliche: con il calare dei consumi calano i rischi. [29]

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Cari Professori, il Vostro intervento, considerato il ruolo di medici e la Vostra notorietà, ha stimolato altre considerazioni, rivolte anche agli Ordini in indirizzo, tenuto conto che molti di noi sono medici come Voi.

Il paradigma del “bere moderato, responsabile, intelligente” è mantenuto anche dal paradossale comportamento di molti medici.

La percezione dei problemi alcolcorrelati da parte dei medici è solitamente a un livello «alto»: li considerano solo quando trovano anomalie nelle analisi biologiche o problemi organici e/o psichici di una certa importanza. Il medico non presta sempre attenzione agli altri numerosi problemi alcolcorrelati dei suoi pazienti; si tiene presente soprattutto il fegato o i segni organici di malattia, piuttosto che la persona nella sua unità psico-fisico-sociale. [30]

Il medico e gli altri operatori della salute non sono persone come tutte le altre di fronte ai problemi alcolcorrelati, perché hanno la missione di prevenirli e di trattarli; contemporaneamente, sono persone come tutte le altre di fronte al comportamento del bere proprio e di altri. [31]

I medici e gli altri operatori della salute hanno, come tutti, un bagaglio culturale, frutto della educazione ricevuta, della formazione, della propria istruzione e una personalità maturati in un ambiente nel quale la maggioranza della popolazione adulta ha l’abitudine di consumare bevande alcoliche e dove esistono forti pressioni sociali al bere. Sono anch’essi figli della cultura del bere e, spesso, delle millenarie credenze comuni che ruotano intorno al bere. I loro messaggi professionali, talora, sono incongruenti: sanno che il bere non fa bene alla salute ma, siccome essi stessi consumano bevande alcoliche, come fanno a dire che fa male? [32]

Una parte dei medici pur accettando, razionalmente e da uomini di scienza, gli aggiornati studi e le indicazioni dell’OMS sul bere e sui problemi alcolcorrelati (che, in sintesi, raccomandano una riduzione dei consumi personali e della popolazione generale), dal punto di vista comportamentale non modificano lo stile di vita e continuano a consumare bevande alcoliche secondo le proprie abitudini.

Altri sanno benissimo che le bevande alcoliche contengono sostanze velenosissime (soprattutto alcol metilico e alcol etilico) ma, stranamente, sia in incontri privati sia in quelli pubblici o dinanzi ai propri pazienti, fanno difficoltà a comunicarlo.

Altri ancora asseriscono di essere astemi ma, paradossalmente, raccomandano di «bere un bicchiere di vino al giorno, per la prevenzione dell’infarto del miocardio».

Il medico ha comunque una sua parte di responsabilità nella mancata diagnosi dei problemi legati al consumo di alcolici in fase precoce. Come accade per una qualsiasi malattia, prima di tutto bisogna che il medico «ci pensi» già dal primo approccio con il suo paziente. [33]  Il bere, con problemi manifesti, è diffuso fra gli uomini e le donne, a qualsiasi latitudine, in tutti gli strati sociali. Per pensarci è necessario che il medico sia aggiornato e abbia una buona «cultura alcologica».

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C’è da aggiungere che l’indeterminazione dei valori di «normalità» del bere (che persiste tutt’oggi) dà ragione al detto che «alcolista è colui che beve un po’ di più del suo medico». [34] [35]

            Siamo tutti figli della cultura del bere, ma un medico a contatto con tante persone e che nella professione raccoglie tante lacrime e sofferenze legate al consumo di vino dovrebbe sapere e tener presente che l’alcol etilico, contenuto in quantità cospicue anche nel vino, è una sostanza tossica, cancerogena e con tutte le caratteristiche di una droga.                                                             

Forse è proprio la consapevolezza, che manca. Per un medico, riguardo ai problemi alcolcorrelati, potrebbe chiamarsi grave ignoranza. Ma il tutto è mitigato dalla sana comprensione che “un po’ per motivi economici (l’Italia continua ad essere un grosso produttore di bevande alcoliche), un po’ per motivi culturali, facciamo tutti ancora molta fatica a mettere in discussione un comportamento che ci piace e che è legato a forti tradizioni”. [36]

Ai medici che raccomandano il cosiddetto “bere moderato” chiediamo: in una prospettiva etica ed ecologica, i vostri interventi tendono ad una promozione del vino, oppure no?  Stanno andando nella direzione di proteggere le fasce più deboli della popolazione (nello spirito di Ippocrate e nell’interesse generale) oppure stanno facendo gli interessi dei produttori di vino? Il molto probabile aumento del consumo di vino, auspicabile dal punto di vista dei produttori, ed effetto naturale della ripetuta promozione del cosiddetto “bere moderato” (senza tener conto delle raccomandazioni dello IARC e dell’OMS) causerebbe altre lacrime nelle famiglie, oltre ai danni incalcolabili alla stessa economia e cultura che la proposta medesima vorrebbe proteggere.                 

A fronte degli “interessi enogastronomici” e dei “223 milioni di euro da parte dei soli turisti stranieri”, bisogna considerare anche i costi sanitari e sociali sopportati a causa del consumo di bevande alcoliche (vino in testa). “L’alcol ha un impatto che la WHO ha già stimato negli anni passati per l’Italia come non inferiore ai 25 miliardi di euro l’anno; una sottostima che si riferisce solo ai costi tangibili che, anche non attualizzata in funzione degli incrementi registrati per i principali indicatori di rischio alcol-correlati, identificherebbe comunque una diseconomia che paga la società” (Rapporto ISS 2019). [37] 

L’educazione al benessere e alla salute deve essere autonoma, universale e indipendente dagli interessi di un settore produttivo. Semmai deve essere il contrario: i produttori dovrebbero essere rispettosi delle evidenze scientifiche e delle normative espresse da organismi accreditati in materia di salute pubblica; dovrebbero subordinare i loro interessi alle indicazioni di questi ultimi e non aggirarle attraverso deroghe alle disposizioni di legge. I produttori, i venditori di vino, i sommelier rincorrono costantemente i concetti chiave di “storia”, “cultura”, “tradizioni”, “territori”, fino alla definizione di “vitigni eroici”. In sostanza si fa leva, in maniera retorica, sulle corde emotive di una identità nazionale, ma un conto è la letteratura, un altro è la salute. Alla esaltazione delle tradizioni dovrebbe fare da contrappeso un più obiettivo e disinteressato impegno sul fronte della prevenzione dei rischi e della promozione della salute: non sempre tradizioni che ci legano al passato ed emergenze recenti vanno a braccetto.   

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Caro professor Calabrese, siamo d’accordo con Lei che l’educazione dei giovani sia importante.

La Legge 125 del 30 marzo 2001 (Legge quadro in materia di alcol e problemi alcolcorrelati), all’Art. 13 (Disposizioni in materia di pubblicità), fra l’altro, recita testualmente:È vietata la pubblicità diretta o indiretta delle bevande alcoliche e superalcoliche nei luoghi frequentati prevalentemente dai minori di 18 anni di età.  Perciò è vietato fare la pubblicità del vino nella Scuola, con la scusa di educare al bere “responsabile”.                    

Si ricorda qui anche il Divieto di somministrazione e vendita di bevande alcoliche ai minori di anni 18 (D.L. n. 14/2017, G.U. del 20.02.2017).

“La stessa cultura degli adulti sembra insensibile all’abilitazione dell’accesso, in alcune realtà scolastiche, di attività promosse e sostenute da rappresentanti di un certo mondo della produzione, che propongono ai Minori iniziative di promozione del “bere consapevole” (Rapporto ISS 2019).                                      

Noi non vogliamo proibire (solo uno stupido lo farebbe, perché risulterebbe controproducente).             Neppure si vuole demonizzare l’alcol etilico, una sostanza utile all’umanità, quando viene usato come carburante, combustibile, diluente, solvente, disinfettante, ecc. I problemi sorgono quando viene introdotto nel corpo umano, dimenticando che può essere usato solo come diluente, solvente, carburante, …, e con cautela, senza danni per la salute. È stato molto usato anche come disinfettante durante l’attuale pandemia, ma non per via orale (tranne che da qualche disinformato sprovveduto). Il problema non è l’alcol, ma l’uomo (V. Hudolin), in relazione all'uso che fa dell'alcool.                                                                 

E neppure si può raccomandare di evitare un consumo “eccessivo” di una sostanza che è droga (fra l’altro socialmente più pericolosa dell’eroina e della cocaina), cancerogena e tossica (tutte e tre insieme!), dannosa anche a piccole dosi. I carboidrati (fra cui lo zucchero) sono indispensabili alla vita, se usati in modo giusto. Non è così per il vino, di cui si può fare benissimo a meno, che contiene sostanze considerate veleni cellulari dalla biologia e dalla fisiologia. Il vino viene consumato essenzialmente per il gusto piacevole e per gli effetti disinibenti dell’alcol in esso contenuto. Se si vuole giocare con altri paragoni, ma finiamola qui, allora si potrebbe mangiare (in quantità “non eccessiva”!) uno di quei funghi buoni al gusto ma velenosi (senza arrivare all’Amanita phalloides). L’alcol etilico è un veleno, spesso mortale, anche in quantità “non eccessive” (vedi incidenti stradali). Oppure si potrebbero usare quantità “non eccessive” di eroina o cocaina, sostanze socialmente meno pericolose dell’alcol, che provoca frequenti danni a terze persone. [38] 

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I medici che raccomandano il “bere moderato” sono forse animati da buone intenzioni, ma talvolta “le migliori intenzioni producono i peggiori danni”. Rispettiamo i medici che, per scelta personale, continuino a bere vino, in privato e in pubblico ma, allo stesso tempo, ci auguriamo che si aggiornino sulle conquiste della Scienza internazionale in Alcologia (multidisciplinare e multidimensionale), così come evidenziato dalle note di questo documento.                    

Da più di 40 anni la nostra Associazione (AICAT), quella degli Alcolisti Anonimi, altre Associazioni che si occupano di problemi legati al bere, l’Associazione Familiari Vittime della Strada, l’Associazione degli Amici e dei Simpatizzanti della Polizia Stradale, la Società Italiana di Alcologia, migliaia di professionisti (alcologi e non) e Gruppi di opinione contribuiscono a ridurre i problemi alcolcorrelati attraverso la promozione della riduzione dei consumi di bevande alcoliche (vino compreso), secondo le indicazioni e direttive dell’OMS.  Ciascuno per la propria parte, ma tutti con la certezza (documentata) che diminuiscono le sofferenze e i costi sia per le famiglie con problemi sia per il resto della popolazione.

Non siamo proibizionisti, ma attenti promotori dei percorsi di tutela e promozione della salute che, in base all’approccio di popolazione e al paradosso della prevenzione, chiedono proprio a quanti si ritengono o sono ritenuti bevitori normali o moderati di non assorbire in maniera acritica i luoghi comuni privi di fondamento scientifico e di cambiare il proprio comportamento di consumatori di bevande alcoliche. Al fine di contribuire alla riduzione dei consumi, di modificare stili  di vita correlati e di cambiare la cultura dominante, consumistica e insensibile alla dimensione ecologica.                                                           

Come dovrebbe comportarsi un medico riguardo al bere-non bere? Ciascun medico non dovrebbe proibire, ma neppure consigliare ai propri pazienti di bere (non importa quanto) e dovrebbe conoscere le situazioni cliniche nelle quali il bere alcolici rappresenta una controindicazione assoluta (gravidanza, ritardo mentale, problemi alcolcorrelati, disturbi psichiatrici, assunzione di farmaci, bambini e adolescenti, ipertensione arteriosa, traumi cranici, epilessia, epatopatie, persone con “Disturbo da uso di alcol” - DSM5, persone che occupano posti di lavoro che richiedono livelli di attenzione e di vigilanza particolari, ecc.).                          

Per fortuna, sono ormai molti i medici che si aggiornano e frequentano corsi di sensibilizzazione sul bere e sui problemi correlati e che sono impegnati nel campo della promozione della salute, sia come dipendenti pubblici sia in veste di volontari.                                                      

È difficile cambiare un paradigma così strutturato e protetto, ma è importante impegnarsi in prima persona perché si inneschi e maturi il cambiamento. Sono numerose le voci dei medici che testimoniano questo cambio culturale. Fa piacere che medici importanti comincino a manifestare pubblicamente le loro idee e conoscenze scientifiche sul bere.                                                              

Ognuno di noi dovrebbe guardare anzitutto a quello che fa di persona per la crescita della comunità e poi a quello che fanno gli altri.                                                                                                       Cordialmente.                                                           

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Seguono Firme:

Adelmo Di Salvatore

Agostino Goisis

Alberto Pasquesi

Alessandro Sbarbada

Angelica Romanelli

Claudio Zorzi

Donatella Consonni

Elena D’Amore

Franco Marcomini

Gianpaolo Carcangiu

Giovanni Aquilino

Giuseppe Corlito

Giuseppe La Rocca

Gualtiero Gabrielli

Manfredo Bianchi

Natalino Farao

Maria Antonia Papapietro

Maria Cercignani

Niccolò Pio Onorati

Nicoletta Del Pero

Pina Campolieto

Roberto Cuni

Roberto Pancheri

Rossella Panizzolo

Vito Campanile

 

[1] Karel BezstarostiSamarjit DasJos M J Lamers, and Dipak K Das  Retracted: Differential proteomic profiling to study the mechanism of cardiac pharmacological preconditioning by resveratrol    J Cell Mol Med. 2012 Oct; 16(10): 2548. Published online 2012 Sep 26. doi: 10.1111/j.1582-4934.2012.01620.x

[2] Di Salvatore A. (2009), Gli antiossidanti e la questione del resveratrolo: una bufala e una grande illusione, in Manuale di Alcologia sociale, Erickson, Trento

[3] www.euractiv.com, 2 aprile 2008

[4] Di Salvatore A. (2003), Il bere e i problemi alcolcorrelati. Dalle credenze comuni alle conquiste della scienza. In U. Nizzoli e M. Pissacroia (a cura di), Trattato completo degli abusi e delle dipendenze, Padova, Piccin, vol. II, pp. 1351-1382.

[5] Hamajima, N., Hirose, K., Tajima, K., et al. (2002) Alcohol, Tobacco and Breast Cancer—Collaborative Reanalysis of Individual Data from 53 Epidemiological Studies, Including 58,515 Women with Breast Cancer and 95,067 Women without the Disease. British Journal of Cancer, 87, 1234-1245. https://doi.org/10.1038/sj.bjc.6600596

[6] Edwards G., Anderson P., Babor T.F. et al. (1994), Alcohol policy and the public good, New York, Oxford University

[7] The Lancet, Alcohol use and burden for 195 countries and territories, 1990–2016: a systematic analysis for the Global Burden of Disease Study 2016, August 2018

[8] https://www.who.int/europe/publications/m/item/european-framework-for-action--on-alcohol--2022-2025

[9] Alcohol Drinking, IARC Monographs on the Evaluation of the Carcinogenic Risks to Humans Volume 44, WHO 1988

[10] The Lancet, op. cit.

[11] Scafato E. (2018), L’alcol in Italia: priorità, nuove culture del bere tra fake news e prevenzione, Alcohol Prevention Day, ISS, Roma

[12] Edwards G. et al., op. cit.

[13] Di Salvatore A. (2009), Il concetto di continuum, in Manuale di Alcologia sociale, Erickson, Trento

[14] ALICE RAP Addiction and Lifestyles in Contemporary Europe Reframing Addictions Project Deliverable 04.2 (addendum) - Analyses of margins of exposure, 2014

[15] M D De Bellis , D B ClarkS R BeersP H SoloffA M BoringJ HallA KershM S Keshavan, Hippocampal volume in adolescent-onset alcohol use disorders, Am J Psychiatry 2000 May;157(5):737-44

[16] Scafato E., op. cit

[17] https://www.salute.gov.it/portale/alcol/dettaglioPubblicazioniAlcol.jsp?id=3274

[18] Relazione del Ministro della Salute al Parlamento sugli interventi realizzati ai sensi della legge 30.3.2001 n. 125 “Legge quadro in materia di alcol e problemi alcol correlati”, 2022.

  1. Lo studio della IARC sull'acetaldeide si può trovare su IARC, Monographs on the evaluation of carcinogenic risks to humans, pagg. 319-335), al seguente indirizzo: http://monographs.iarc.fr/ENG/Monographs/vol71/mono71-11.pdf.

[20] WHO e IARC, 1988, Monographs on the evaluation of carcinogenic risks to humans. Alcohol drinking, vol. 44.

[21] IARC (2012) Consumption of alcoholic beverages in Volume 100E A Review of Human Carcinogens: Personal Habits and Indoor Combustions. Iarc Monographs on the Evaluation of Carcinogenic Risks to Humans,: 377–503].

[22] Alcohol attributable burden of incidence of cancer in eight European countries based on results from prospective cohort study - BMJ 2011; 342 doi: https://doi.org/10.1136/bmj.d1584 (Published 07 April 2011)

[23] https://www.iarc.who.int/world-cancer-report-content-overview/

[24] Alcol, Pubblicato 13/11/2019 - Modificato 24/06/2022,  www.iss.it 

[25] Room R. et al. (1995), The risk of harm to oneself from drinking, Canada, Addiction.

[26]Drug harms in the UK: a multicriteria decision analysis Prof David J Nutt, FMedSci, Lancet, Volume 376, No. 9752, p1558–1565, 6 November 2010.                                                                                                           

[27] Edwards G., Anderson P., Babor T.F. et al. (1994), Alcohol policy and the public good, New York, Oxford University.

[28] ibidem

[29] https://www.euro.who.int/__data/assets/pdf_file/0008/178163/E96726

[30] Hudolin V. (1991), Manuale di alcologia, Trento, Erickson.

[31] Di Salvatore A., op.cit.

[32] ibidem

[33] Beretta Anguissola A., Bartoli E. e Pirisi M. (1993), La difficile diagnosi precoce dell’alcolismo, Modena, Federazione medica.

[34] Jona E. (1997), Il medico e l’alcolismo, Chieri, Centro studi e ricerche in alcologia –ARCAT Piemonte.

[35] Anderson P. (1985), Managing alcohol problems in general practice, «British Medical Journal», n. 290, pp. 1873-1875.

[36] Zorzi C. et al., Scommesse impertinenti, Centro Studi APCAT Trentino, Trento

[37] https://www.certifico.com/sicurezza-lavoro/documenti-sicurezza/64-documenti-enti/8410-rapporto-epidemiologia-e-monitoraggio-alcol-correlato-iss-2019?tmpl=component

[38] Drug harms in the UK: a multicriteria decision analysis Prof David J Nutt, FMedSci, Lancet, Volume 376, No. 9752, p1558–1565, 6 November 2010

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Pubblicato sul tema: Alcool: incidenti, etichette e comportamenti - La nota ARCAT

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