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Roma
Calenda sindaco, “Una spina nel fianco del Pd che ricorda Alfio Marchini"

di Donato Robilotta

Calenda, come si era capito negli ultimi giorni, è andato da Fazio ed ha annunciato che si candida a Sindaco di Roma. Ha chiesto il sostegno al Pd, fatto riferimento ad un ampio fronte da mettere insieme, detto di non volere le primarie, usando come scuso la pandemia, e l’alleanza con i 5 stelle, ritenendo che la Raggi sia stato un disastro.

Dalla sinistra del Pd sono partite bordate contro Calenda, reo di essersi candidato andando in televisione invece di sottoporsi alle primarie. Zingaretti lo invita a partecipare alle primarie. Stessa cosa fa con una certa freddezza Goffredo Bettini, che non solo è l’eminenza grigia del segretario del Pd ma anche uno che su Roma, nonostante quello che dice, è abituato a decidere, che ha intimato a Calenda di partecipare alle primarie altrimenti può andare da solo.

Calenda replica che il Pd non ha candidati migliori e si deve accontentare. E non ha tutti i torti, dal momento che tutti i big, da Letta a Gualtieri a Sassoli, che sono stati interpellati dal Nazareno hanno declinato l’invito. Calenda potrebbe rischiare di emulare Marchini anche se nel frattempo aree del Pd come quella degli ex renziani e dei sindaci, guidati da Gori, spingono Zingaretti a sostenerlo, e lo stesso Enrico Letta si è già espresso in suo favore.

Una bella patata bollente per il Nazzareno e per Zingaretti, dal momento che non gli non gli sarà facile non sostenerlo ma allo stesso tempo gli sarà complicato farlo.

Al Nazareno parlano delle primarie ma sanno bene che con la pandemia non si potranno tenere, ma a Zingaretti serve parlarne perché ha bisogno di tempo. Tempo per costruire l’alleanza con i 5 Stelle anche a Roma, nonostante la Raggi, già al primo turno, caso mai trovando una collocazione adeguata alla sindaca portandola al governo con la delega alle aree urbane.

Tempo per verificare se il no di Sassoli è un no definitivo o invece, come si vocifera dalle parti del Nazzareno, di circostanza per il ruolo che ricopre di Presidente del Parlamento europeo, che scade alla fine del prossimo anno, e avrebbe lasciato aperto qualche spiraglio.

Tempo per capire come andrà la pandemia e quale sarà lo stato di salute del Governo tra un paio di mesi. Se le circostanze porteranno a un governo di unità nazionale o se la maggioranza, dopo gli stati generali dei 5 Stelle, darà vita al patto di legislatura con un rimpasto, per rilanciare il governo, che potrebbe vedere l’ingresso del segretario del Pd per occuparsi del recovery fund. Cosa che comporterebbe le dimissioni di Zingaretti da Presidente della Regione e le elezioni anche alla pisana, che a questo punto potrebbero essere allineate con quelle del Campidoglio. Tempo che la discesa in campo di Calenda non gli lascia e lo obbliga a decidere.

Il centrodestra però non si culli di questo momento e non pensi di poter ricavare molti vantaggi da questa situazione, perché comunque Calenda è un candidato insidioso in grado di pescare voti in quell’area moderata e liberal democratica che una volta si riconosceva in Forza Italia e che ora è in libera uscita.

Non solo, ma conoscendo gli attori, credo che nonostante tutto se il pd non trovasse di meglio sarebbe obbligato dai fatti a sostenere Calenda e potrebbero essere dolori per il centro destra. Infatti il meccanismo del doppio, previsto per le elezioni amministrative diversamente da quelle regionali, così come la fine del tripolarismo, avvantaggia il Pd, così come hanno dimostrato le ultime elezioni e in particolare i ballottaggi. A Roma potrebbe accadere quello che è successo a Matera. Alla fine della fiera anche se Calenda, sostenuto dal Pd, si scontrasse con la Raggi al primo turno, siccome andrebbe al ballottaggio, al secondo turno il Pd potrebbe fare appello al voto dei 5 stelle. Se fossi al posto dei capi del centro destra non aspetterei tanto a chiedere di candidarsi a uno come Guido Bertolaso, che ha tutte le caratteristiche per competere e vincere.

 

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