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Roma
Elezioni Europee, la sfida di Smeriglio: “Accoglienza, lavoro e investimenti”

Elezione Europee, Massimiliano Smeriglio detta l'agenda del nuovo Pd targato Nicola Zingaretti: accoglienza ed inclusione per sconfiggere disuguaglianze e la minaccia dell'estrema destra, ma anche, a livello nazionale, maggiori poteri a Roma Capitale.

 

Anima “a sinistra” del nuovo Partito Democratico, braccio destro di Zingaretti ed ex Vicepresidente della Regione Lazio, nonché deus ex machina proprio del complesso sistema di alleanze che permettono il governo della Pisana. È Massimiliano Smeriglio la carta vincente del neo segretario Dem, che ha schierato il suo fedelissimo come candidato per la terza circoscrizione elettorale - centro Italia in vista del voto del 26 maggio. Inclusione ad accoglienza, “al centro le persone”, Smeriglio si racconta ad Affaritaliani.

 

Queste elezioni sono state descritte, in un senso o nell'altro, decisive per il futuro dell'Europa. Secondo lei è così?

“Si, credo che queste siano davvero le elezioni europee più importanti che ci siano mai state nella storia dell’Unione, perché in ballo ci sono idee diverse sul suo futuro. Da un lato c’è chi vuole distruggerla, con rigurgiti nazionalisti e pericolosi, dall’altro chi la vuole cambiare e trasformare. Ho scelto di candidarmi proprio perché voglio battermi contro i nazionalisti, contro le nuove e vecchie povertà e contro le destre estreme che rischiano di diventare maggioranza in Italia e in Europa. Lo faccio per affermare un’altra idea di Europa. Da togliere dalle mani delle élite tecnocratiche, certamente, e da democratizzare. Quello che ho in mente io è un modello in cui si pratichi la giustizia sociale, che tenda all’inclusione, all’accoglienza. Al centro pongo le persone”.

Quali competenze può portare al Parlamento Europeo? Qual è la priorità per l'Italia?

“La mia figura è strettamente legata all’esperienza di governo della Regione Lazio che in questi ultimi 6 anni ha trasformato il territorio grazie a politiche che reputo di eccellenza, sui temi della formazione, della ricerca, dell’inclusione sociale, del welfare. Grazie all’Europa e al buon utilizzo dei fondi europei abbiamo portato la Regione da fanalino di coda a modello. Accanto a questo c’è quel forte radicamento territoriale e la consapevolezza della potenza delle comunità locali e della coscienza di luogo. Alcune battaglie fondamentali per i nostri territori possono vincersi soltanto da quella dimensione europea. Come priorità individuo l’introduzione di uno strumento universale di indennità di disoccupazione, una soglia di salario minino europeo, la parità di remunerazione fra uomo e donna, il contrasto al dumping salariale, la difesa dei prodotti a km zero e delle nostre straordinarie manifatture, la promozione di un piano straordinario di investimento per le nostre periferie e piccoli comuni”.

I tre partiti “euroscettici italiani”, M5S-Fdi e Lega, sono in 3 eurogruppi diversi.  Un'Europa sovranista è solo un’invenzione?

“No è un problema ed è una visione miope perché di fronte alla complessità di un mondo multipolare con grandi potenze come Cina Russia e Stati Uniti a farla da padroni sceglie una risposta inefficace, l’illusione dei confini e delle piccole patrie. Una europa debole conviene ai nostri competitori non a noi”.

 

I possibili successori di Junker sono divisi sulla questione migranti. Sarà l’Europa delle frontiere o dell’accoglienza?

“È in corso una battaglia di idee. Io mi batto per l’accoglienza, perché i muri e le frontiere chiuse non hanno portato mai nulla di buono. Ricordiamoci infatti che l’Unione ha permesso al nostro continente di vivere in pace, dare grandi opportunità al suo popolo, concependosi come una collettività con un destino comune. Occorre, ribadisco, cambiarla nei meccanismi che la rendono inefficace e lontana dai bisogni delle persone, ma difenderla da chi ne cavalca i limiti per alimentare paure e divisioni. La nostra vocazione è il mediterraneo lo sguardo deve rivolgersi al sud. È li che ci sono opportunità economie culture. Altro che Visegrad”.

 

La difficoltà del Regno Unito ad uscire dell’Europa cosa può insegnare all’Italia?

“Credo che uscire dall’Europa sia un errore, indipendentemente dalla difficoltà con cui quel processo si compie. Sono vicino al popolo britannico e ai tanti connazionali che ci vivono. Si sta consumando un dramma, che non giova a nessuno”.

 

È dal 1870 che il paese si divide su Roma Capitale, secondo lei qual è oggi il suo ruolo? Serve davvero una nuova legge speciale? Servono fondi diversi rispetto alle altre città?

“Si, certo. Roma è la Capitale del Paese e non può più essere trattata alla stregua di altri comuni. Il ruolo che ricopre necessita di una sua specificità. La mia posizione è sempre stata questa e lo è ancora oggi, a partire dall’idea che il decentramento amministrativo e la articolazione in Municipi debba essere compiuta con più coraggio. Maggiori poteri e risorse a Roma Capitale e maggiori poteri e risorse dislocate nelle realtà municipali. In questo modo le istituzioni si avvicinano ai cittadini”.

 

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