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Roma
Il nuovo film di Carlo Vanzina, ma è l'ultimo libro del fratello Enrico

di Patrizio J. Macci

“Mio fratello Carlo” di Enrico Vanzina pur essendo un libro è il sessantunesimo film del fratello Carlo, scomparso un anno fa, che in vita ne ha realizzati solo sessanta. Lo ha scritto usando la mano di Enrico e interpretandolo perché dentro c'è il racconto dell'uomo Carlo con tutta la sua umanità.

 

E' un film da vedere senza andare al cinema o accendere la tv. Enrico, che ha scritto insieme al fratello film scolpiti nell'immaginario come Febbre da Cavallo e Sapore di mare, ha bulinato in due mesi una sceneggiatura perfetta che comincia con l'irruzione di una malattia inesorabile nell'esistenza di un essere umano. In quarant’anni di cinema Enrico, scrittore sceneggiatore e giornalista, è stato autore di oltre cento sceneggiature che rappresentano il seguito naturale della "Commedia all'italiana".

Nel volume (Harper Collins editore) ci sono, scolpiti, i figli del grande Steno e mezzo cinema italiano con le sue “follie” e la sua generosità a corrente alternata. Gli incontri con Ennio Flaiano, Totò (con il quale Carlo esordì in fasce), Alberto Sordi, Carlo Verdone, Aurelio De Laurentis, il professor Umberto Veronesi, star americane incontrate per caso a via del Corso. Lo scrittore e sceneggiatore che ha firmato pellicole indimenticabili del cinema italiano in coppia con il fratello in due mesi ha messo su carta l’ultimo scorcio di vita di Carlo scomparso l’8 luglio del 2019.

Ma è riduttivo archiviare il suo lavoro, che si legge in mezza giornata e fa venire parecchi groppi in gola, solo come il racconto della lotta contro un male fisico devastante. “Ci vogliono due uomini per fare un fratello”, spiega Enrico citando in epigrafe Israel Zangwill. E perché “scrivere”, come apprese da bambino dal grande e malinconico Ennio Flaiano, “serve a sconfiggere la morte”.

Nella narrazione di Vanzina Senior c’è molto di più. C’è uno spaccato della Capitale romana legata da una fratellanza fatta di modi di dire, di affrontare la realtà. La nobiltà del popolo che cita le battute dei loro film a memoria e che continua a cliccare su Youtube i migliori scorci. I ragazzi di Roma Nord che lo fermano per strada. Solo immergendosi tra le pagine si potranno scoprire le sottili venature di vita reale e gli aneddoti. Il meticoloso studio di un rito funebre che “tarda”, perché Carlo cui sono stati dati pochi giorni di vita miracolosamente si riprende come in una battuta di Cocteau. Il rosario ricevuto in udienza da Papa Francesco. L’assegno donato da Aurelio De Laurentiis per “lavori futuri” che Carlo purtroppo non realizzerà mai, in modo da consentirgli di pagare le tasse e lasciare questa Terra in pace. L’amico d’infanzia che accetta di acquistare la sua casa in Inghilterra.

È un libro scritto in punta di penna che inchioda gli eventi all’essenzialità, senza scivoloni e senza mai sconfinare nel patetico. Anche quando il contatto con la consapevolezza della fine viene dichiarata a Enrico da Carlo: “Carlo si alzò dalla sua sedia. A piccoli passi, fissandomi con un sorriso appena accennato, venne verso di me, che ero seduto dalla parte opposta del nostro grande tavolo di lavoro. Mi raggiunse. Restò un attimo fermo, poi con un gesto dolce, quasi pudico, mi sfiorò i capelli con il palmo della mano. E mi disse: Stai tranquillo. Ho avuto una vita meravigliosa. Fu come una fucilata al cuore. O forse all’anima”. Il sapore dell’Amore.

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