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Roma
Lazio, emergenza medici di famiglia: nel 2025 ne mancheranno più di 500

Regione Lazio: è emergenza medici di famiglia: sono sempre di meno e la situazione non andrà migliorando. Entro il 2025 nel Lazio mancheranno 584 medici di medicina generale, classificandosi come la Regione in cui ne mancheranno di più.

Questi i dati allarmanti a inizio 2022 contenuti nel V Rapporto Gimbe. È una situazione problematica per l'intero Paese e, se per adesso il Lazio non è la Regione con i numeri peggiori, nei prossimi anni la situazione non sarà delle migliori. Infatti secondo le stime dell'Enpam, riprese da Gimbe nel rapporto, circa il 50% dei medici di famiglia a inizio 2022 aveva più di 60 anni. Ciò significa che entro il 2031 è ragionevole aspettarsi il pensionamento di almeno 20mila medici di famiglia.

Questo dato diventa ancora più preoccupante se rapportato al numero di ragazzi che si laureano in medicina generale. Sebbene dal 2020 in poi ci sia stato un aumento delle borse di studio per il corso di formazione specifica per medicina generale (3406 nel 2021 e 3675 nel 2022), questo basterà solo a colmare la metà delle posizioni lasciate vuote.

Nello specifico nel Lazio il 75,7% dei medici di medicina generale ha più di 27 anni di laurea. Secondo l'Accordo collettivo nazionale, ciascun medico di famiglia non dovrebbe occuparsi di più di un massimale di 1500 pazienti. Nel Lazio la media è di 1242 pazienti per ogni medico di medicina generale. Ma il 37% di questi medici ha un numero di pazienti superiore a 1500. Questo dato, sebbene inferiore alla media nazionale del 42,1%, rischia comunque di compromettere la qualità del servizio offerto.

Per Pier Luigi Bartoletti, segretario della Fimmg Mmg questi dati allarmanti sono anche sotto stimati. “Non tengono conto - dice - dei giovani che appena entrati decidono di cambiare strada”

Perché mancano così tanti medici di famiglia?

“La verità è che il nostro è un lavoro in cui c'è sempre meno ricambio. Rischiamo di seguire a ruota i colleghi del Pronto Soccorso, che se ne stanno andando in massa. Ci sarà un motivo. Il problema è noto: le soluzione sono meno note”.

Il 37% dei medici del Lazio, secondo il rapporto deve assistere più di 1500 pazienti. Questo impedisce di accudire i pazienti?

"Un altro problema è l'aumento dell'età media. Quando ho cominciato a lavorare l'età media era molto più bassa. Quindi anche se prendevo in carico molte persone, quelle che effettivamente dovevo seguire non erano così tante. Oggi l'età media è molto più alta, quindi il numero di persone da assistere è aumentato di molto".

Cosa si dovrebbe fare?

“Anzitutto bisogna smettere di considerare i medici di medicina generale come 'carne da cannone'. Siamo quelli in prima linea, che si beccano tutti gli strali, in un sistema sempre meno efficiente. È sempre più difficile gestire un lavoro, senza che intorno ci sia intorno un sistema che funzioni. Se ci sono problemi a gestire determinate patologie (visto anche che non ci sono iniziative per ampliare la diagnostica rapida negli studi) i pazienti dovrebbero potersi rivolgere fuori dagli studi. Ma fuori c'è il problema dei tempi d'attesa. Uno come me, che fa questo lavoro da 30 anni, diciamo che se la cava. Serve stabilizzazione del ruolo e l'ampliamento degli strumenti gestionali".

“Insomma dare più certezze ai professionisti del settore?”

"La gente non si mette a fare un lavoro a 30 anni se non ha una prospettiva di almeno 20. Spesso però gli anziani se ne vanno prima della pensione e i giovani dopo poco tempo cambiano strada. Perché è un lavoro stressante che sconta le inefficienze di un sistema. Occorre dare delle certezze nel medio termine. E poi vorremmo che il sistema permettesse a tutti i medici di medicina generale di offrire lo stesso livello di servizio. c'è chi tra noi riesce a offrire più servizi, ma non è un livello di sistema. C'è chi lo fa e chi non lo fa. Per esempio i tamponi covid: ora non si fanno più negli studi medici. Alcuni di noi continuano a farli, ma è nostra discrezione. Non dovrebbe essere così".

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