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Roma
Piscina viale Giustiniano: i dubbi sul bando del Comune di Roma. L'opinione

di Andrea Catarci

La piscina comunale di viale Giustiniano Imperatore 199, nel quartiere San Paolo, è gestita dalla Lazio Nuoto da 33 anni ed è una realtà fortemente radicata nel territorio, contando intorno ai 1.800 iscritti.

Punti di forza sono un’ottima scuola natatoria, un’ampia offerta di corsi, un’apertura dalle 7 alle 22, un corpo insegnanti giovane e preparato, una costante attività sociale al servizio dei processi di integrazione, un settore agonistico di pallanuoto di primo livello, un palmares eccezionale dal punto di vista dei risultati: una medaglia d'oro olimpica, due mondiali, un argento olimpico, un argento mondiale, due ori europei e 22 titoli italiani. Insomma, un’eccellenza che a tariffe comunali ha consentito la pratica sportiva a diverse generazioni di nuotatori di tutti i livelli.

A settembre 2018 è scaduta la precedente convenzione e tre mesi e mezzo dopo, il 17 gennaio 2019, la Giunta capitolina guidata dalla Sindaca Virginia Raggi ha pubblicato il bando per la riassegnazione. L’Assessore capitolino allo Sport Daniele Frongia, raggiante, ha dichiarato: "Iniziamo il 2019 con il passo giusto, dobbiamo mettere a bando il più alto numero di impianti in scadenza, scaduti o chiusi..." Pur comprendendo l’esigenza di trasparenza, leggendo il bando (complicato, chi farà domanda dovrà avvalersi di costosi consulenti tecnici) con cui si procederà a riassegnare la piscina con annessi spazi per servizi, segreteria, (piccola) palestra e bar-ristoro sorgono spontanee alcune domande:

Perché fare una gara (europea) rivolta a tutti gli operatori economici e non solo ai soggetti che operano nel mondo dello sport, visto che si tratta di una realtà dedicata esclusivamente (le altre sono attività trascurabili e di supporto) al nuoto?

Perché nella valutazione non riconoscere nemmeno un punto – su 100 complessivi – all’esperienza pregressa?

Perché prevedere un periodo di assegnazione di soli sei anni rispetto ai dodici previsti dall’ultimo accordo?

Perché mettere a bando l’impianto senza nemmeno informare chi lo gestisce dal 1986 ed anzi fornendo informazioni non veritiere sui tempi di pubblicazione del bando? (come da dichiarazioni del Presidente della Lazio Nuoto Massimo Moroli).

Quali garanzie sono state previste per le 45 persone impiegate nella struttura?

Oltre alle norme, che possono aver imposto alcune delle scelte accennate, ci sono da rispettare in ogni occasione le più elementari regole di ragionevolezza e di correttezza, che nell’occasione sembrano venute meno. Inoltre, se riassegnare un impianto sportivo attraverso un bando è una pratica corretta, correre il rischio di passare da una gestione di “specialisti dello sport” ad una di “tuttologi” (qualche multinazionale per esempio) non darebbe un valore aggiunto né allo sport capitolino né al quadrante territoriale. Poiché il Regolamento per gli Impianti sportivi di proprietà comunale” approvato a marzo 2018 dalla Giunta Raggi apre proprio a tali ipotesi, sarebbe il caso di tornare indietro nella strada intrapresa ed aggiustare il tiro, tornando a valorizzare la relazione di Roma Capitale e dell’associazionismo sportivo che è alla base dell’esperienza cittadina.

La Giunta Raggi ha inanellato una lunga serie di fallimenti sui bandi: annullati, sospesi, andati deserti, bloccati dall’ANAC (Autorità Nazionale Anti Corruzione), assegnati con tempi biblici. Tali errori sono stati pagati dalla collettività, con un peggioramento ulteriore della qualità dei servizi di manutenzione delle strade, rimozione auto, manutenzione del verde, trasporto e patrimonio pubblico. Al lungo elenco si rischia di dover aggiungere un’altra tipologia di fallimento: quello prodotto da bandi che distruggono il servizio sportivo pubblico per come realizzato a Roma negli ultimi decenni, aprendo la strada a soggetti spinti solo da una motivazione economica che con lo sport stesso possono avere poco a che fare.

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