Cipro e Israele, hub energetici per il nord Europa del futuro
Di Mariella Colonna
Pace fatta tra Cipro e Turchia dopo 40anni di negoziati sotto l’egida Onu conclusisi sempre con un nulla di fatto? Sembra che questa volta l’intesa possa arrivare. Lo zampino ce lo ha messo Washington spedendo a Nicosia Victoria Nuland, assistente segretario di Stato per gli affari europei ed euroasiatici dopo la scoperta nel Mediterraneo orientale di giacimenti gasiferi (14 siti offshore) che ad occhio e croce rappresenterebbero le più grandi riserve di gas naturale degli ultimi anni, pari al doppio di quelle a disposizione del Regno Unito nel Mar del Nord.
Si tratta - secondo le stime 2010 dello U.S. Geological Survey - di riserve pari a 3.453 miliardi di m³ di gas naturale e 1,7 miliardi di barili di petrolio. Contesi da Egitto, Turchia, Cipro, Israele e Libano, questi siti danno non pochi grattacapi alle parti coinvolte. Le possibili tensioni potrebbero cambiare radicalmente il panorama geopolitico e di contro fornire l'indipendenza energetica a quei Paesi che, come Cipro e Israele, importano energia dall'Europa.
Israele e Cipro, distanti tra loro soltanto 260 miglia, in rispetto del diritto internazionale hanno definito una linea di demarcazione marittima di loro pertinenza. Così è stato tra loro e l'Egitto. Israele ha tracciato unilateralmente una linea di demarcazione con la Striscia di Gaza. Tra Libano e Turchia l'intesa sembra più difficile: Beirut intende sensibilizzare l'ONU su questo caso e chiedere una sua mediazione sperando di prevenire una crisi diplomatica. Mentre intricata appare la controversia tra Israele/Cipro e Turchia e la parte turca dell'isola cipriota, diretta proiezione degli interessi di Ankara nei siti del Mar del Levante. La Turchia infatti è molto interessata al gas naturale del Bacino del Levante sia come cliente sia come Paese di transito dei gasdotti e oleodotti verso i mercati europei. La preccupazione turca è che gli accordi tra Cipro e Israele la marginalizzino dal business del gas offshore e aumentino la dipendenza dalle importazioni di energia che - al momento - incidono per il 10% del PIL nazionale. Dal report "World Energy 2011" della BP si evince che il consumo di gas naturale in Turchia è aumentato da 14,6miliardi di m³ del 2000 ai 39miliardi di m³ del 2010, la maggior parte di questi importati.
In sostanza, il tentativo di controllo dei giacimenti offshore da parte israeliano/cipriota si inserisce in una strategia di ridimensionamento della Turchia e di garanzia per l'Europa di approvvigionamento energetico attraverso una rete di gasdotti e pipeline realizzati nell'isola mediterranea e in Grecia.
Lo sfruttamento dei siti in questione oltre a soddisfare le esigenze energetiche interne concederebbe ai due Paesi incredibili opportunità di vendita di gas verso i mercati europei ed asiatici. Si stima che Israele e Cipro coprirebbero consumi interni annui di gas pari rispettivamente a 5/10 miliardi di m³ e di un miliardo di m³. Nel contempo, entrambi riuscirebbero ad esportare - tramite pipelines e terminals di gnl - quantità annue superiori rispettivamente a 60miliardi di m³ e a 20miliardi di m³.
Israele, dal canto suo, fino a oggi rifornito dal gas egiziano (40% del consumo totale) investe nelle esplorazioni sottomarine perchè vuolsi connotare quale vettore terrestre strategico a livello internazionale puntando a future cooperazioni energetiche anche con Cina e India. Queste relazioni nei prossimi mesi avranno una grande importanza negli equilibri del Medio Oriente e della stessa Europa.
Insomma, questi scenari rappresentano una speranza per l'economia di Cipro che attraversa la crisi economica più importante degli ultimi decenni aggravata dalla forte esposizione delle banche cipriote sulla Grecia.
Anche il nostro Paese trarrebbe i suoi vantaggi. L'Eni ha al suo attivo un recente accordo con le autorità cipriote di 'Exploration and Production Sharing' per i blocchi 2, 3 e 9 situati nelle acque profonde del Bacino del Levantino per una superficie complessiva di 12.530 chilometri quadrati. Rappresenterebbe l'alternativa per smarcarsi dal monopolio energetico russo il cui preferenziale rapporto si è trasformato in un cappio. Vi ricordate quando durante l'inverno ci viene suggerito di evitare gli sprechi energetici perché si rischia che l'erogazione del gas che riscalda le nostre abitazioni, i nostri ospedali, le scuole materne, le nostre fabbriche, proveniente dalla Russia, potrebbe subire flessioni per la notevole domanda? Come ho già scritto non molto tempo fa, le cose non stanno proprio in questi termini. Quelli sono segnali che ci mettono in guardia da alzate di testa di tipo economico-politico che potremmo pagare anche con la vita! Di freddo si può pure morire.