Accertamento nullo senza il p.v.c.
E’ nullo l’avviso di accertamento emesso senza la redazione del precedente verbale di constatazione (PVC).
E’ questo il principio sancito dalla Commissione Tributaria Regionale di Bari che, con recente sentenza, ha accolto il ricorso presentato da una contribuente avverso un accertamento fiscale emesso senza la preventiva comunicazione – da parte dei verificatori – del processo verbale di constatazione (sentenza n.2495/5/2015, Presidente Dott. Giovanni Fabio AIELLO, depositata in segreteria il 25 novembre 2015 e liberamente visibile su www.studiolegalesances.it - sezione Documenti).
Secondo i giudici pugliesi, infatti “il divieto di emanazione di atti impositivi prima dei 60 giorni, decorrenti dalla data di conclusione delle indagini da formalizzarsi in apposito p.v.c. (da notificare al contribuente) deve trovare applicazione qualunque sia l’attività di controllo posta in essere dall’Amministrazione Finanziaria”.
Nel caso specifico, il Fisco aveva emesso nei confronti della contribuente un avviso di accertamento senza redigere preventivamente il PVC di chiusura delle operazioni di verifica e per giunta senza instaurare alcun tipo contraddittorio (la contribuente, in pratica, aveva avuto conoscenza delle contestazioni dell’Ufficio solo a seguito dell’arrivo dell’accertamento e non prima).
Per i giudici, quindi, “la mancata redazione di un p.v.c. anteriormente all’emissione dell’avviso di accertamento non ha dato la possibilità al contribuente – ed in tanto si rinviene la violazione dell’art.12, comma 7 della legge n.212/2000- di fare presente all’Ufficio, nel termine dei 60 giorni, l’esistenza di elementi validi a ridurre la pretesa fiscale; se ciò fosse stato fatto, la pretesa dell’Agenzia delle Entrate, così come è stato, sarebbe stata minore, con indubbie benefiche conseguenze per il contribuente”.
Occorre sottolineare, inoltre, che tale conclusione trova supporto anche nella giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea nonché nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea.
Il giudice comunitario, infatti, ha sancito in più occasioni che il diritto al contraddittorio nel procedimento tributario deve essere considerato canone fondamentale del diritto tributario (Sent. del 18 dicembre 2008, causa C-349/07 della Corte di Giust. CE, Seconda Sez. - Pres. Timmermans, Rel. Bonichot).
Affinché tale diritto possa essere esercitato compiutamente, pertanto, è necessario che il contribuente venga posto nelle condizioni di poter rappresentare nell’ambito del procedimento di accertamento le proprie osservazioni, precisazioni e fornire le prove relative alle proprie asserzioni.
Proprio in riferimento a ciò, i giudici della Corte di Giustizia chiariscono che “La regola secondo cui il destinatario di una decisione ad esso lesiva deve essere messo in condizione di far valere le proprie osservazioni prima che la stessa sia adottata ha lo scopo di mettere l’autorità competente in grado di tener conto di tutti gli elementi del caso. Al fine di assicurare una tutela effettiva della persona o dell’impresa coinvolta, la suddetta regola ha in particolare l’obiettivo di consentire a queste ultime di correggere un errore o far valere elementi relativi alla loro situazione personale tali da far sì che la decisione sia adottata o non sia adottata, ovvero abbia un contenuto piuttosto che un altro. In tale contesto, il rispetto dei diritti della difesa implica, perché possa ritenersi che il beneficiario di tali diritti sia stato messo in condizione di manifestare utilmente il proprio punto di vista, che l’amministrazione esamini, con tutta l’attenzione necessaria, le osservazioni della persona o dell’impresa coinvolta”.
Non vi è chi non veda, dunque, come nel caso di specie tutto ciò non sia stato assolutamente garantito dall’Ufficio delle Entrate e giustamente i giudici tributari hanno provveduto all’annullamento delle pretese fiscali.
Avv. Matteo Sances
Dott. Hiroshi Pisanello
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