Dove va la società reale?
Dagli anni passati lavorando nel largo consumo ho imparato che il pubblico sa sempre di più di quello che un qualsiasi fornitore pensa che sappia. Allo stesso modo, pur non essendo un sociologo, percepisco che la società, ogni dove costituita, progredisce per milioni di stimoli e segue un suo percorso evolutivo di cui ciascuno è responsabile, ma di cui non si riesce ad individuare un capo.
E' magnifico! Si pensi alla quantità di secoli in cui ci si è concentrati sulla figura di riferimento, modernamente definita leader, con tutta la teoria conseguente dell'importanza della leadership nelle strutture formali o informali.
Anche questo è vero, ma il leader rimane una componente individuale, ponderatamente importante e più importante di altre, ma pur sempre una su una moltitudine.
Così oggi, nella condizione di confusione in cui ci troviamo, alla domanda relativa al dilemma sulla crescita generalmente riconosciuta, alla domanda su dove stia andando la società reale, ovvero quella dei fatti e non della forma, la mia risposta è: va avanti e va in modo evoluto verso la direzione del miglioramento.
Lo si vede negli Stati considerati avanzati, in cui la ricerca e le innovazioni sembrano favorite, lo si vede nei paesi emergenti, in cui il concetto di sviluppo subentra a quello della pura crescita e lo si riscontra anche laddove si immagina solo povertà mentre ci si accorge che nuove classi e generazioni propongono il nuovo.
Lo si vede anche in Italia, al di là, anzi al di fuori delle strutture normate e delle soluzioni convenzionali di tipo legislativo o di accordi tra le parti sociali. La continua raccomandazione di non fare i "bamboccioni", di non pensare al posto fisso, di guardare alle società mobili nello spazio e tra le classi sociali grazie da un lato al valore dell'internazionalizzazione e dall'altro al valore del merito, hanno generato un nuovo mondo sommerso, che può anche risultare censito e pagare le fatture, ma che è sommerso perché non appare, ma che tuttavia opera.
Le start-up, il coworking, i gruppi solidali, il volontariato in generale, la cooperazione sociale in particolare, internet, le applications, la co-creazione, le reti, gli hub, il social housing, gli sharing di tutti i tipi, il crowdfunding, l'ibrido e il fusion in tutte le situazioni, sono elementi così fortemente produttori di idee e di nuovi modelli di soluzione che Banche, Consulenti, Borsa, Sindacati, Multinazionali, Ministeri, Associazioni di categoria, pur detenendo potere e ancora soldi, non riescono ad intercettare e che portano di conseguenza in confusione l'informazione ufficiale, che non riesce ad individuare i segni del cambiamento positivo.
Succede ad un tratto che i vecchi poteri fanno azioni sul passato come le attualissime azioni di responsabilità, solo ora diventate frequenti in sancta sanctorum dell'economia privata e no. Ma allo stesso tempo succede che ci si domanda come fare a puntare al futuro e la risposta arriva proprio dai precari. Mettendo in precarietà TUTTE LE VECCHIE REGOLE, aprendo al nuovo con la stessa rischiosità che si richiede ai giovani, senza garanzie, anche al di fuori dei confini patri.
Ma quale folle accetterebbe una tale ipotesi, che facilmente farebbe buttar via il bambino con l'acqua sporca? Nessuno, è la risposta, perché ci si affida all'individuo e non si promuove invece una coscienza collettiva che solo localmente ha la capacità di essere riconosciuta e di costruire; ecco che allora il ruolo politico riesce a recuperare dal locale la funzione di sintesi e regia di una volontà popolare e condivisa, ecco che allora tutte le azioni che favoriscono questo approccio, sia a livello strategico che elettorale, che internazionale, che amministrativo, che di informazione o di infrastruttura funzionano!
E' questa sicurezza che vogliamo esprimere a chi oggi ha responsabilità: la società reale va e va verso ideali, in un momento o nell'altro li fisserà istituzionalmente.
Emanuele Plata