Il capitalismo? Roba vecchia. E' l'ora della Planonomia
Di Emanuele Plata*
Le straordinarie difficoltà che l’Italia si trova a gestire nel momento attuale sono quotidianamente propagandate dalla stampa, anche quella più tradizionale, prudente o convenzionale. Non è necessario frequentare blog o giornali alternativi per leggere di tutto e di più, soprattutto riguardo al rapporto tra economia e società. Le critiche che piovono su ogni comportamento o iniziativa, fa apparire i vari autori, parlamentari, amministratori locali o imprenditori, come impreparati o strumentalizzati.
La critica più spietata in Italia attacca prevalentemente l’Europa, ma, salvo congiunture favorevoli, non risparmia gli USA e nemmeno i paesi emergenti come i BRICS (Russia, Brasile, India, Cina e Sudafrica). Tutti sembrano avere problemi che non sanno come affrontare, caduti in una fase di carenza di leadership e perenne attendismo. Tuttavia, contrariamente a questa visione, si susseguono iniziative, provvedimenti e accordi a tutti i livelli, alcuni anche molto intelligenti od opportuni. Ad esempio, in Italia si segnala l’abolizione del finanziamento pubblico dei partiti, in Europa il programma “Horizon 2020” su ricerca e innovazione, nel mondo l’accordo del commercio mondiale, ma nonostante tutto questo, il senso di disordine e confusione rimane.
In verità il mondo è più complesso e non si è ancora trovato un assetto temporalmente allineato a questa complessità; l’unica deduzione popolare è che ci siano pochi, se non pochissimi, “gnomi” che nella complessità ci sguazzano e fanno i loro interessi senza farsi riconoscere, controllando realtà organizzative più grandi degli Stati e a loro volta, grazie ad accordi interni, più grandi anche delle aggregazioni internazionali.
Si entra così nello spettro del complottismo, giustificato ma non - a mio avviso – imbattibile. Si propongono nuove regole, a partire dalla riabilitazione di uno stato di diritto all’interno degli Stati e fra gli Stati in grado di imporsi sui poteri finanziari: questa è sicuramente una norma necessaria, ma non ancora sufficiente. Non si è entrati infatti nella riconcettualizzazione, riscrittura e rigenerazione dell’economia. Molto è già stato scritto, qualcosa è già attuale ma non è diventato la determinante del cambiamento epocale che abbiamo di fronte.
Il cambiamento climatico ci avvicina a farci comprendere la situazione, come il disagio sociale, ma… si fatica a dichiarare PUNTO A CAPO. L’economia attuale, la “vecchia economia” è morta. Si riconosce il valore della Green Economy e dell’Innovazione sociale, si conosce il concetto di BLUE ECONOMY, si è compreso che bisogna adottare processi PARTECIPATIVI e BIOIMITATIVI, ma si rimane sempre nella vecchia economia!
In preparazione ad Expo 2015 verrà forse firmato il Protocollo di Milano per la sicurezza alimentare, si lavorerà per usare questa scadenza come vera occasione di rilancio, ma tutto ciò sarà efficace solo se verrà inserito nel nuovo modello di economia, e non integrato in quello vecchio come avviene oggi per la CSR e il bilancio di sostenibilità.
La Blue Economy, la Nuova Economia, non parla più di consumo, non tanto per piacere all’ideologia anti-consumistica, ma perché riconosce che i beni si classificano in modo diverso: beni d’uso rigenerabili e durevoli (riciclabili e riciclati), attività di risparmio, investimento integrato col noleggio. Nella Nuova Economia si parla di possesso e non di proprietà, di comune e individuale e non di pubblico e privato, di valori ed inventari tangibili e intangibili, di tasse positive e negative per i servizi prestati e per quelli ricevuti, di imposte non solo progressive per la redistribuzione tra soggetti, ma perequative per internalizzare costi e benefici prodotti e ricevuti dall’esterno, si parla di una sola moneta senza più speculazioni di cambio parametrato a ricchezze sovrane e sistemi convenzionali di accordo planetario per creare pari opportunità fra tutti, ciascuno rappresentato da aggregazioni locali di identità autonoma e rispettata che si riconoscono in sistemi aggreganti non sul piano dell’ideologia ma su quello della responsabilità.
Questa prospettiva circolare imita il movimento del nostro pianeta nella galassia e la rigenerazione continua della vita. Su queste basi “circolari” nasce l’idea che la Nuova Economia si chiami Planomia, regole del pianeta non più della casa, ovvero un’economia universale che estenda il concetto di fare impresa e di essere imprenditori senza differenza, come accade oggi, tra profit e non profit, ma solo nel senso della costruzione del valore per cui l’idea motrice dell’innovazione diventi l’idea più universale dello SVILUPPO.
Questa può essere la VISIONE che supera la confusione, che orienta le energie e le volontà, che diffonde motivazione e fiducia, che costruisce senso e si affida alle nuove generazioni nel rispetto di quelle precedenti.
Anno nuovo, Vita nuova per un’Economia nuova.
*Per Plef Foundation