"No alle nozze gay, ma sì al riconoscimento dei diritti per le coppie di fatto e omosessuali”. Questo ha affermato l'arcivescovo Vincenzo Paglia, neo presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia. Ed ha precisato che la Chiesa è favorevole "a che in questa prospettiva si aiutino a individuare soluzioni di diritto privato e prospettive patrimoniali all'interno dell'attuale Codice civile...è tempo che i legislatori se ne preoccupino".
Vito Mancuso, in un articolo sulla notizia, scrive: “Naturalmente nelle sue parole al primo posto non poteva non esserci la difesa del primato della famiglia tradizionale, come è giusto che sia nell’impostazione cattolica e non solo cattolica, visto che il primato della famiglia tradizionale è un’impostazione condivisa da tutte le grandi tradizioni spirituali dell’umanità, sia religiose sia filosofiche, che non hanno mai conosciuto un matrimonio tra persone dello stesso sesso” (La Repubblica del 5 febbraio). Non mi sembra una bella maniera di argomentare. Anziché entrare nel merito della questione e dimostrare con argomenti inconfutabili perché la famiglia tradizionale debba avere il primato su altri tipi di famiglia, ci si appella al fatto che “è un’impostazione condivisa da tutte le grandi tradizioni spirituali dell’umanità”. E allora? Non si tratta sempre di una discriminazione?
Renato Pierri