"Pericolo stranieri anche a Torino". Il viaggio di Affari tra paura e disagio
Dopo i fatti di Rosarno e gli scontri tra egiziani e sudamericani a Milano, anche a Torino una serie di episodi violenti, protagonisti gli immigrati, ha scosso la città. La guerra tra gang di romeni e albanesi che spesso sfociano in sparatorie tra passanti, l’aggressione di alcuni rom a un tassista, le battaglie tra bande di origine straniera per la conquista di aree di spaccio. Affaritaliani.it ha fatto un viaggio tra le diverse realtà ogni giorno a contatto con gli stranieri: troppi stereotipi, afferma chi conosce da vicino la città, e molte facili banalizzazioni. LEGGI L'INCHIESTA
di Gaetano Farina
Nel recente periodo, l’attenzione mediatica si è concentrata (inevitabilmente?) su drammatici episodi che hanno visto come protagonisti immigrati stranieri.
Si è iniziato con la rivolta di Rosarno sino ad arrivare alla battaglia di sabato notte fra egiziani e sudamericani nelle strade di Milano. Tutti episodi molti differenti fra loro con cause e spiegazioni differenti. L’unico denominatore comune è la reazione emotiva dei cittadini italiani, o, meglio, di una parte, consistente, di cittadini italiani che, indiscriminatamente, collega l’accaduto alla presunta pericolosità dell’ “invasione” straniera. Questi fatti, dunque, rischiano di rafforzare un certo immaginario collettivo in cui lo straniero viene identificato come un pericolo, sebbene chiunque, poi, non voglia essere etichettato come “razzista”.
![]() Gli sbarchi degli immigrati in Italia LE IMMAGINI |
Siamo, allora, voluti andare a Torino che è stato l’epicentro, almeno mediatico, degli accadimenti, per sentire chi, sul campo, si occupa ogni giorno di stranieri, d’immigrati, di integrazione e razzismo. Una serie di violenti episodi hanno, infatti, scosso recentemente la cittadinanza torinese: la guerra fra gang romeni e albanesi con tanto di sparatoria fra passanti, l’uccisione del giovane Giorgio Monteanu, di origine romena ma ormai italianissimo, per mano (e coltello) di un minorenne romeno, l’aggressione di alcuni giovani rom ad un tassista che ha scatenato la rivolta di 50 tassisti contro un campo nomadi, l’efferato assassinio di un pensionato pianificato da una coppia di fidanzati romeni, senza contare le vere e proprie battaglie, non solo notturne, fra bande di origine straniera su strade e marciapiedi cittadini, per la conquista di aree di mercato dello spaccio.
Molta gente, specialmente la fascia più anziana, - l’abbiamo avvertito - ha ormai paura o non è più tranquilla come una volta, soprattutto quella che abita nelle periferie, teatro di queste ultime violenze.
Ma quanto è giustificata quella che, in molti posti, è diventata diffidenza, se non aperta ostilità, verso “lo straniero”? Questi ultimi terribili episodi la legittimano pienamente o si tratta, come spesso succede, di una diabolica conseguenza della deformazione della realtà operata dal sistema mediatico?
C’è, infatti, chi non ci sta alla criminalizzazione, indiscriminata, dello straniero e, in particolare, di quello romeno che, tra l’altro, è ormai un cittadino comunitario.
Non ci sta la brava giornalista Anca Manolea, redattrice di Obiectiv, il fortunato giornale per romeni (e non) in vendita nelle edicole torinesi. Si dichiara stanca delle facili e banali generalizzazioni e se la prende con l’ipocrisia di chi continua a professarsi “non razzista”, ma ha una mente assediata da pregiudizi, inclusi alcuni insospettabili, come professori universitari che l’hanno snobbata – come ci ha testimoniato - nel corso dei suoi studi. “Certo che si continua a rimarcare solo episodi negativi, come fanno alcuni giornali politicamente orientati – precisa Anca – si acerbano gli animi e si soffoca il dialogo…Per fortuna, esistono realtà culturali, come quella per cui lavoro, che danno voce e spazio a numerosi esempi positivi che sono la maggioranza.”. Anca se la prende molto con la disonestà del sistema mediatico: “I giornali e la televisione hanno un ruolo troppo importante da cui dovrebbe discendere una grande responsabilità. Eppure continuano a concentrarsi sulle storie criminali che hanno per protagonisti stranieri, quando in Italia si sono sviluppati, già da dopo l’unificazione, alcune delle più grandi organizzazioni mafiose che sono riuscite a colonizzare pure gli altri continenti. Mi pare inutile e controproducente cercare di stabilire quali popoli o razze siano più pericolosi: anche in Italia, non solo nel Meridione, esistono ancora delle aree di grave disagio e marginalizzazione che risultano terreno fertile per la diffusione di circuiti illegali”.
Daniel Alexandru Galusca, funzionario sindacale di Feneal-Uil, importante voce degli operai edili, sembra continuare il discorso di Anca: “Basta con le ipocrisie! Si continua a dire che gli stranieri rubano il lavoro, quando si sa benissimo che fanno comodo a tutti. In primis, ai piccoli e grandi imprenditori, motore economico del Paese, che si possono avvalere di manodopera molto più facile da sfruttare, se non schiavizzare, in taluni casi. Non esiste cantiere edile, ormai, che non registri la presenza di almeno un operaio romeno. Per conoscere la vera faccia del popolo romeno – prosegue Daniel – non ci si deve fermare alla cronaca nera: basta tornare indietro di qualche anno, all’epoca della realizzazione delle opere olimpiche per le quali sono state impiegate migliaia di lavoratori romeni (e non solo), rappresentanti l’80% dei lavoratori occupati nei cantieri. Per non parlare, poi, delle migliaia di badanti provenienti dall’Est che accudiscono e puliscono anziani anche molto malati e non autosufficienti”.
Daniel, però, accusa anche il sistema giudiziario del nostro Paese: “Devo ammettere, certo, che molti delinquenti o disperati che diventano delinquenti s’approfittano della morbidezza della giustizia italiana che concede troppe scappatoie. Contemporaneamente, però, posso testimoniare, in prima persona, che la barbara uccisione di Giorgino e i suoi funerali hanno avuto una enorme eco in Romania e sono stati seguiti con sincera commozione da tutto il popolo romeno”.
Conclude ironicamente, Daniel:“Cari fratelli italiani, gli stranieri sono un ‘male necessario’: cosa succederebbe al tessuto economico torinese e italiano, se tutti gli stranieri presenti sul territorio tornassero a casa loro? Purtroppo, fa più rumore una foglia che cade, che una foresta che cresce, come si suol dire”.



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